L’Ordine Nuovo, 9 luglio 1922

L’ora tardissima nella quale ci sono giunte le notizie sugli accordi conclusi a Roma per la fine dello sciopero metallurgico, ci rende impossibile un lungo articolo. Ma la prima impressione è di disgusto per l’ignobile tradimento di cui si sono resi responsabili i dirigenti della FIOM. Effetto solo di una tattica sbagliata o peggio? Non abbiamo prove materiali, ma quelle morali sono sufficienti per bollare di infamia i Buozzi, i Colombino e tutti i loro reggicoda.

Ostili essi furono ad ogni azione. La ritardarono fino a che fu possibile. Per convocare il Consiglio Nazionale occorsero innumerevoli richieste. Fu riunito dopo più di 15 giorni che gli operai lombardi erano in sciopero. Esso votò lo sciopero nazionale, ma i dirigenti che non lo volevano, sprecarono un’altra settimana in chiacchiere e in viaggi tra Milano e Roma. Così le forze dei metallurgici lombardi andarono inevitabilmente diminuendo. Non un dito fu mosso per ottenere l’intervento dell’Alleanza del Lavoro. Al Consiglio confederale di Genova non uno dei Segretari generali della FIOM si trovò presente. V’erano solo gli scagnozzi per votare la collaborazione col Governo, mentre a Roma si preparava la collaborazione con gli industriali. Vogliamo ricordare anche che nel Comitato dell’Alleanza del Lavoro, pure i sindacalisti, quelli dell’anarchica Unione Sindacale, quelli che oggi strilleranno come oche spennacchiate, furono contrari all’azione generale del proletariato.

Così il magnifico slancio della massa fu sabotato. Per questo i metallurgici della FIAT debbono tornare al lavoro alle condizioni che essi hanno respinte ieri, alquanto peggiorate ancora!

Ebbene, ai lavoratori noi diciamo che occorre accettare. Proseguire la lotta non è più possibile. Ma diciamo anche che bisogna, per qualche tempo, condurre la battaglia più che contro i capitalisti, contro dirigenti della FIOM. La lotta odierna ha dimostrato che la massa operaia si è ripresa. Essa ha spirito combattivo, essa ha vivo il senso della solidarietà. La prima lotta nazionale, dopo quasi due anni di afflosciamento, che è riuscita a tonificare la volontà della classe operaia. Ma ogni sforzo è inutile se i capi sono venduti al nemico. È inutile ogni sacrificio in un esercito i cui generali vogliono essere sconfitti.

Gli operai isolati non possono resistere alla volontà padronale. Bisogna che siano stretti nell’organizzazione. Ma bisogna che l’organizzazione sia diretta da uomini ubbidienti alla volontà delle masse e soprattutto da uomini che vogliono vincere non da uomini che vogliono perdere le battaglie economiche per più facilmente vincere le battaglie politiche che li devono condurre al potere con i rappresentanti dei capitalisti.

Il dovere degli operai metallurgici è di conquistare la FIOM. Nessun abbandono di organizzazione. Tutti anzi vi ritornino se l’hanno abbandonata, affinché domani sia possibile la cacciata dei traditori.

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