DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

(in francese)

 

Roma, 24 luglio 1922

 

Copia a Zinoviev

Copia a Gramsci

 

Cari compagni,

 

Con questa lettera sviluppiamo il nostro dispaccio del 21 di cui vi alleghiamo la copia. Abbiamo ricevuto le comunicazioni sulle decisioni del Praesidium circa la situazione del partito socialista italiano. Naturalmente le accetteremo con disciplina, ma dobbiamo osservare che la questione non ci sembra ancora abbastanza chiarita.

La situazione nel partito socialista è la seguente: due frazioni avranno il maggior numero di effettivi: i collaborazionisti e serratiani. Ci sono delle frazioni più deboli: centristi, che si uniranno ai collaborazionisti, Baratono e Cazzamalli, che sono contro la collaborazione, ma per l’unità, e di cui non si può essere sicuri che faranno blocco con Serrati, e i maffisti o terzinternazionalisti.

Si avrà una debole maggioranza contro la collaborazione. Si voterà sulla base di cinquantamila aderenti, benché sia stato annunciato che al 30 giugno erano state distribuite 72 mila tessere del partito.

La situazione non sarà troppo diversa se la maggioranza sarà collaborazionista. La questione è di sapere: vi sarà la scissione? La scissione non è certa, ma è probabile. Poiché si tratta di determinare l’attitudine dei maffisti, studiamo le due ipotesi possibili: compromesso tra Serrati e Turati, o rottura, scissione. Il compromesso può avvenire su parecchie basi. Per esempio: la situazione parlamentare cambia e i riformisti rinunciano per alcuni mesi alla collaborazione. Oppure Serrati si persuade ad accettare una soluzione di autonomia per la frazione parlamentare e di un organo misto per la direzione tattica: Partito, frazione parlamentare, Confederazione. È certo che Serrati si batterà al congresso senza riserve contro la collaborazione e sosterrà con più o meno decisione, ma lo sosterrà, che non resterà in un partito che avesse dei ministri al potere. D’altra parte Serrati non saprà completare la sua attitudine negativa, non saprà e non oserà tracciare un programma di fronte ai problemi più urgenti: lotta contro l’offensiva borghese e il fascismo, rapporti internazionali.

Il compito dei maffisti allora sarà di smascherare al congresso il contenuto controrivoluzionario dell’intransigenza serratiana, di sostenere la direttiva della Terza Internazionale di lotta diretta e generale del proletariato contro la reazione.

Cosa dovrebbero fare i maffisti dopo il congresso se il compromesso tra Serrati e i riformisti si realizza? La vostra opinione è che essi devono restare e continuare la loro agitazione? Noi non siamo di questo parere, perché pensiamo che si debba distruggere il partito socialista e che la presenza d’una frazione comunista o quasi ritarda la perdita della sua influenza sulle masse, e permette il gioco dei serratiani sfruttato dalla destra, valorizzando il partito come partito rivoluzionario.

Ma, in effetti, non è secondo questa ipotesi che noi ci preoccupiamo della permanenza dei maffisti nel partito socialista. La loro presenza in seno al P.S.I., rimasto unitario e immerso nell’equivoco, non ritarderebbe la dissoluzione definitiva. Tuttavia il nostro parere è che essi dovrebbero uscire.

Nella seconda ipotesi, cioè se vi sarà la scissione, anche e soprattutto in questo caso noi pensiamo che i maffisti dovrebbero rompere con Serrati.

 

La nostra opinione, ben ferma, è la seguente: se si forma un partito intransigente, e guadagna una certa influenza sulle masse, il suo ruolo del tutto controrivoluzionario sarà il seguente: separare apparentemente le sue responsabilità dal partito dei collaborazionisti, ma fare il loro gioco nella questione dell’azione proletaria, come nella situazione attuale e meglio che nella situazione attuale. Tutti i problemi dei rapporti tra gli organismi proletari per il fronte unico saranno avvelenati dalla demagogia di un tale partito che ingannerà le masse con un linguaggio di sinistra, e sarà il principale punto d’appoggio del blocco formato da riformisti, massimalisti e anarchici sul programma: impedire una egemonia del P.C. sul proletariato italiano. Allo stesso modo si impedirà la marcia del proletariato italiano verso una seria capacità di azione classista e progressivamente rivoluzionaria. Per gli sviluppi che il nostro partito, solo, persegue con tutte le sue forze, il pericolo maggiore non è la vittoria e il ruolo dei collaborazionisti, ma quello del falso rivoluzionarismo dei serratiani e degli anarchici.

Ne consegue da queste considerazioni che bisogna seguire una tattica per porre il partito serratiano nelle peggiori condizioni. È da augurarsi che non conquisti l’Avanti! – ma evidentemente non arriviamo a proporre che i maffisti votino per Turati. Diciamo soltanto che al congresso i maffisti dovrebbero mostrare la loro decisione di rompere con Serrati e denunciare la politica degli intransigenti massimalisti come controrivoluzionaria, non soltanto perché essi hanno voluto l’unità con i riformisti, ma anche perché essi sono sempre per questa unità, alla sola condizione che la destra rinunci alla collaborazione pratica, poiché sono incapaci, nell’azione rivoluzionaria, per la loro intima tendenza, di valorizzare le forze rivoluzionarie.

I maffisti dovrebbero porre la questione della III Internazionale, e dello sciopero generale contro l’offensiva borghese, e del passaggio degli elementi rivoluzionari nel partito comunista: e rompere su queste questioni con Serrati stesso nel caso che costui rompa con la destra sulla questione della tattica in Parlamento.

Temiamo al contrario che i maffisti si limiteranno ad esercitare una pressione di estrema sinistra su Serrati per forzarlo a rompere con Turati, promettendogli su tale base la loro solidarietà: salveranno cioè l’equivoco massimalista, il peggior pericolo per il proletariato in Italia.

Abbiamo avuto dei contatti con i maffisti. Se dovessimo dar loro un consiglio sarebbe questo: contarsi su una risoluzione che dica: poiché il solo movimento rivoluzionario è quello organizzato dalla III Internazionale, il congresso dichiara disciolto il P.S.I. – o qualche cosa di simile.

Ma si presenta una seconda questione. Facendo ai maffisti una simile proposta, non si può – assolutamente non si può – prendere con essi l’impegno a fare una “fusione” del gruppo uscito dal partito socialista con il nostro partito. Noi non rinunceremo mai a controllare i capi al momento di passare al P.C.I., poiché sulla base delle nostre informazioni ve ne sono di quelli che devono restare fuori dalle nostre fila. Parliamo non tanto dei capi più noti, ma di taluni capi di second’ordine. È questa per noi una questione fondamentale. C’è poi l’altra questione della recessione dei mandati parlamentari, ecc.

Queste questioni sono così delicate che, da un punto di vista... opportunista, sarebbe da accogliere la vostra idea di lasciare i maffisti nel P.S.I. Noi però preferiamo evidentemente affrontare questo spiacevole problema, che forse ci condurrà ad una discussione con l’Internazionale, piuttosto che contribuire, con la permanenza dei maffisti nel partito serratiano, alla copertura rivoluzionaria di questo.

Siamo per una tattica che porti il P.S.I. a sgretolarsi progressivamente, così come sta facendo, siamo per il cordone sanitario e non per la disinfestazione di questa cloaca. Va da sé che appoggiamo con tutte le nostre forze il passaggio, che sia pure lentamente continua a verificarsi, di lavoratori socialisti nelle nostre file. Potremmo anche stimolarlo con la nostra azione, ma attendiamo le vostre decisioni prima di intensificare una propaganda in questo senso. Va da sé che noi non consiglieremo mai a chi vuole entrare nei nostri ranghi di restarne fuori, se non nel caso personale di qualche “agente provocatore”. Una tattica diversa sarebbe a nostro avviso antifisiologica per il P.C.

Non intendiamo intavolare una discussione di principio, ma soltanto esprimere la nostra opinione: va da sé che noi non faremo nulla contro la linea fissata dall’Internazionale, attendiamo che ci venga comunicata chiaramente. Abbiamo voluto fornirvi degli elementi per le vostre decisioni di cui rimaniamo in attesa.

Siamo sicuri che nel manifesto in preparazione si terrà conto delle nostre richieste, contenute nel dispaccio inviatovi, e cioè che il manifesto dirà esplicitamente che il portavoce del Comintern in Italia è il nostro partito. Siamo altrettanto sicuri che non vi saranno dei compagni comunisti stranieri al congresso socialista. La situazione è ovviamente assai diversa da quella di Milano: non vi è un appello del partito socialista, tutti i legami con Mosca di questo partito sono spezzati.

La questione dei maffisti e in generale della nostra critica alla situazione che si è creata nel P.S.I. è una questione politica e non organizzativa.

In sintesi noi non conosciamo ancora con esattezza quale sia la vostra direttiva per i maffisti, in quale caso e fino a quale momento sono invitati a non uscire. Attendiamo urgentemente delle precisazioni. Riteniamo che nel manifesto non vi si farà alcun cenno, dato che esso non sarà rivolto ai soli maffisti ma ai lavoratori italiani per la critica del P.S.I. e della sua disfatta.

Bisogna tener conto che i maffisti avranno un seguito debole: temiamo che non raggiungeranno 5000 voti. Bisogna convincersi che l’intransigenza di Serrati è sempre un potente mezzo demagogico, con cui non vi è altra tattica che l’attacco frontale e la critica aperta. Bisogna respingere tutte le dichiarazioni massimaliste contro la collaborazione, contro il riformismo, e le loro vaghe parole per la lotta rivoluzionaria e il fronte unico. Altrimenti si diverrà vittime di un gioco spregevole, che non cesserà mai di essere fatto nell’interesse dei riformisti anche quando i rapporti diverranno più tesi per ragioni personali di Serrati, che giustamente teme per il suo prestigio.

Bisogna ripetere con forza che Serrati e il massimalismo, separati dei riformisti, sono ancora degli avversari del comunismo e dell’azione proletaria, e non sono dei poveretti che hanno riconosciuto che noi avevamo ragione.

Siamo evidentemente d’accordo su tutte queste ultime considerazioni. Per l’attitudine pratica da assumere attendiamo le vostre istruzioni.

Con saluti comunisti

 

Per il Comitato Esecutivo

 

A. Bordiga

 

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