DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Il C.E. dell’Internazionale comunista prende atto della dichiarazione della maggioranza della delegazione del Partito Comunista d’Italia, secondo la quale:

Le tesi sulla tattica esaminate dal congresso del Partito Comunista d’Italia a Roma non costituiscono una decisione sull’azione del Partito, ma solamente un’opinione elaborata nel lavoro preparatorio del Congresso”.

Questa opinione deve essere messa in armonia con le risoluzioni dell’Internazionale Comunista. Il Partito Comunista d’Italia è informato che il C.E. dell’Internazionale Comunista considera queste tesi come inesatte. L’Esecutivo chiede che il Partito Comunista d’Italia prenda nel suo prossimo congresso sulle questioni di tattica generale una decisione in perfetta concordanza con la linea tattica dell’Internazionale Comunista.

 

 

Dopo di che fu proposta dal comp. Zinoviev (e accettata dalla delegazione italiana) una dichiarazione confidenziale non destinata alla pubblicazione nella quale si impegnava il Partito italiano al rispetto e alla esecuzione di tre punti particolari.

 

LA “RISOLUZIONE CONFIDENZIALE” DEL CE DELL’IC (Stato Operaio, anno II, n. 7, 13 marzo 1924 e APC 1922 70/49-50)

Il C.E. della I.C. stima assolutamente indispensabile:

1) Che il PCd’I la finisca immediatamente e categoricamente con le sue esitazioni nella questione della tattica del fronte unico. In nessun caso si può ammettere una distinzione di principio tra il fronte unico nel campo della lotta economica, ed il fronte unico nel campo della lotta politica. Tutti i tentativi del PCd’I per operare questa distinzione artificiale non fanno che condannare questo partito a delle mezze misure, manifestano una impotenza dottrinale, facilitano ai riformisti e ai serratiani la loro campagna contro il PCd’I, paralizzano gli sforzi dei comunisti per raggruppare intorno al loro partito le masse operaie, e infine indeboliscono la posizione della IC nella sua campagna internazionale del fronte unico.

2) Che il PCI lanci nel più breve tempo possibile la parola d’ordine del governo operaio e faccia in suo favore la più energica campagna nella stampa, nelle riunioni, nelle relazioni cogli altri partiti, ecc. La situazione in Italia, la instabilità del governo borghese, le continue crisi parlamentari, la lotta sorda delle due tendenze nel PSI, l’orgia di violenze fasciste, l’offensiva sempre più acuta del capitale, le incessanti esplosioni di guerra civile, le ricerche appassionate di uno sbocco caratterizzante il morale della massa proletaria, tutto ciò crea al PCI un terreno favorevolissimo per la sua propaganda per il governo operaio. Va da sé che questa idea del governo operaio deve essere considerata niente affatto come una combinazione parlamentare, ma come la mobilitazione rivoluzionaria di tutti gli operai per il rovesciamento del dominio borghese.

3) Che il PCI prenda l’iniziativa della organizzazione del fronte unico proletario contro il fascismo. Per questo intento il PCI deve fare arditamente e categoricamente la proposta che siano costituiti in tutta Italia dei Comitati Operai locali di tutti i partiti o senza partito. S’intende che lo scopo essenziale del Partito resta d’armare i suoi membri e di avere dappertutto dei suoi gruppi per combattere il fascismo.

DICHIARAZIONE DELLA MAGGIORANZA DEL PCDI (APC 1922, 70/51-52)

 

[La maggioranza della delegazione (E. Ambrogi, A. Bordiga, A. Gramsci), accettando la risoluzione confidenziale di Zinoviev, domandava fosse inserita a verbale la seguente dichiarazione]:

La maggioranza del Partito italiano tiene ad affermare di avere tracciata una concezione della tattica comunista in generale e della sua applicazione al fronte unico in particolare in un quadro preciso e completo nel quale la distinzione di principio tra fronte unico nel campo della lotta economica e nel campo della lotta politica non potrebbe essere trovata. Secondo tale concezione, l’applicazione della tattica del fronte unico ha un valore e degli scopi nettamente politici e mira ad intensificare la influenza del Partito nella lotta politica.

Il compito che esse prevedono per il Partito comunista nell’insieme del movimento era tale da evitare la coalizione con altri partiti politici come base di un organo comune di direzione della lotta proletaria, senza sminuire per nulla l’importanza di questo compito ed i caratteri politici fondamentali della lotta. La maggioranza del Partito Comunista d’Italia contesta di aver avuto esitazioni sull’indirizzo tattico del Partito e di essersi tenuto a mezze misure, avendo sempre seguito un piano nettamente formulato, al solo scopo di sfruttare il più possibile la situazione concreta per le lotte contro i socialisti e tutti gli altri avversari del Partito e per consolidare la posizione del Partito e dell’Internazionale. Essa non contesta, evidentemente d’aver potuto commettere errori né il diritto dell’IC di esigere qualsiasi modificazione nella tattica del Partito italiano, secondo le risoluzioni della maggioranza dei suoi organi supremi e sotto la loro responsabilità.

La maggioranza della delegazione italiana considera pure che il quadro della situazione italiana contenuto nella risoluzione Zinoviev potrebbe condurre ad un giudizio inesatto in ciò che concerne la instabilità del governo borghese. Gli avvenimenti sulla scena parlamentare non devono condurre alla conclusione che la classe dominante italiana non disponga di un apparato di Stato ben solido e preparato ad una formidabile lotta controrivoluzionaria, con il sostegno delle bande irregolari fasciste. Si deve pure mettere in rilievo il pericolo rappresentato dalla politica combinata dei riformisti da una parte e dai serratiani ed altri gruppi falsamente rivoluzionari dall’altra. Gli uni e gli altri con una campagna di tolstoismo e di critiche disfattiste del ‘militarismo rosso’ impediscono la organizzazione rivoluzionaria delle avanguardie proletarie, e mentre i primi mirano al compromesso con la borghesia, i secondi coprono il loro tradimento col gioco di una demagogia che distoglie il proletariato dai suoi veri fini d’azione. Bisogna studiare gli effetti di queste influenze che potrebbero preparare all’azione proletaria che si avvicina ad uno sbocco indesiderabile, mentre i comunisti mirano a farne una tappa verso il rialzo del livello di preparazione ideale e materiale del proletariato per la lotta rivoluzionaria finale.

Dalla la situazione attuale in Italia appare evidente che il momento nel quale la parola d’ordine del governo operaio dovrà essere lanciata, dal punto di vista degli effettivi obiettivi come della realizzazione della completa disciplina dei movimenti d’insieme del Partito, dovrà corrispondere ad una svolta concreta della situazione. Questo rovesciamento completo potrà consistere nella realizzazione dello sciopero generale suscitato da un episodio clamoroso dell’offensiva borghese, oppure nella convocazione di un Congresso Nazionale dell’Alleanza del Lavoro, come risultato della campagna condotta da lungo tempo dal Prtito Comunista.

Per il punto 3° [riferimento alla risoluzione confidenziale, n.d.r.] la maggioranza della delegazione italiana dichiara che l’iniziativa di cui in esso è questione, è già stata presa da lungo tempo dal partito italiano. I comitati locali esistono e sono i comitati dell’Alleanza del Lavoro, di cui si dovrà seguire lo sviluppo secondo la campagna del Partito Comunista che raggiunge in questo momento il suo massimo.

La situazione attuale esclude assolutamente che si possano proporre nuovi comitati al di fuori dell’organizzazione dell’Alleanza del Lavoro.

In quanto concerne il termine del 15 luglio [termine indicato a completamento della risoluzione confidenziale per lanciare la parola d’ordine del governo degli operai, n.d.r.] il partito italiano, pronto a rispettarlo nel senso più stretto, si riserva di presentare al Comitato Esecutivo delle proposte concrete sul momento nel quale converrà di lanciare nell’interesse del successo della lotta rivoluzionaria, in rapporto alle condizioni sopra esposte e alla situazione pratica che la delegazione troverà al suo ritorno in Italia, la parola d’ordine del Governo Operaio”.

 

Dichiarazione della minoranza (APC 1922, 70/55)

 

La trascritta dichiarazione fu firmata anche dalla minoranza (Graziadei) la quale spiegò il motivo nella seguente dichiarazione:

Io ho firmato la risoluzione proposta dai rappresentanti della maggioranza del Partito Comunista Italiano perché mi sembra necessario che la forma della decisione pubblica sia la più conciliante possibile ed eviti polemiche interne; perché è un fatto assolutamente vero che non vi è mai stato un conflitto di disciplina tra il Partito Comunista e il Comintern; e perché la risoluzione proposta contiene un impegno assolutamente leale di sviluppare la tattica del fronte unico nel senso voluto dal Comintern, sempre sostenuto dalla minoranza del Partito Comunista Italiano”.

[In una seconda dichiarazione il comp. Graziadei affermava]:

Per le ragioni che vi ho già esposte ho firmato anche io la risoluzione pubblica presentata dai rappresentanti della maggioranza del Partito Comunista Italiano. Quanto alla dichiarazione che i rappresentanti della stessa maggioranza hanno fatta nella parte riservata della risoluzione, io non posso naturalmente sottoscriverla. Devo pertanto dichiarare che le osservazioni esposte dal comp. Bordiga sui comitati locali già formati in Italia per l’Alleanza del Lavoro sono in linea di fatto perfettamente esatte”.

 

 

Dopo il rapporto della maggioranza e di Graziadei, il compagno Zinoviev propose che dato l’esito soddisfacente di queste discussioni, da cui era emersa la indiscutibile buona volontà dei compagni italiani di uniformarsi alla disciplina internazionale, si rinunziasse a portare la quistione nell’Esecutivo Allargato.

 

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