DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

(Il Sindacato Rosso, 24 giugno 1922)

Il Convegno Nazionale della FIOM, dopo due lunghe, laboriosissime sedute, proclamò a Genova lo sciopero generale di tutti i metallurgici d’Italia. Per chi vive lontano dagli ambienti operai e non conosce la mentalità degli attuali dirigenti delle organizzazioni, questo fatto potrebbe significare un primo riconoscimento della bontà e della inelut- tabilità dei nostri metodi, da parte dei riformisti. Ma così non è. I funzionari federali pure ricorrendo all’arma dello sciopero generale, si sono dati premura di dichiarare in tutti i toni che le loro precedenti convinzioni non erano scosse; che la lotta generale avrebbe condotto al disastro, che se la tattica del caso per caso non aveva dato buoni frutti, si doveva, eventualmente, rettificare il tiro non portandolo a sinistra, ma a destra, valorizzando maggiormente l’azione parlamentare, rinunciando alla resistenza, e col- laborando organicamente con la classe dominante onde ricostruire la trama economica della società e attendere dallo sviluppo completo delle forze del capitale e dell’aumento della ricchezza, l’avvento pacifico del socialismo.

Se essi ricorrevano all’estensione del movimento, era soltanto perché i comunisti ave- vano infatuato le masse con la loro propaganda sciopero-generalista, e perché inten- devano dimostrare – vedi intervista con La Stampa – che avevano delle buone ragioni per esserne contrari.

Nessun revirement [virata, ndr] adunque, ma piuttosto un’accentuazione della offensiva collaborazionista attraverso lo smantellamento delle forze proletarie destinate alla sconfitta, e un poco onesto tentativo di scaricare ogni responsabilità sulle spalle dei comunisti.

I nostri compagni però, che avevano previsto le mosse degli avversari, impostarono senza scopi opportunistici la loro battaglia e dissero chiaramente il loro pensiero.

La prima osservazione che la critica comunista doveva fare alla tattica del Comitato Centrale era quella inerente alle conseguenze che l’azione frazionata, praticata nel passato dalla FIOM e dalla Confederazione del Lavoro, aveva prodotto. Non era pos- sibile sorvolare sul modo in cui fu affrontata la offensiva padronale durante lo sciopero della Venezia Giulia e della Liguria, una volta che la situazione attuale è la diretta con- seguenza dell’azione insufficiente di ieri. Su questo punto la critica comunista è stata, si può dire, definitiva poiché suffragata da una lunghissima serie di fatti. Appunto esa-

minando i fatti i nostri compagni giunsero con procedimento diretto e indiretto a mettere preciso davanti agli avversari il dilemma: o lotta generale del proletariato, o disfacimento della forza di classe dei lavoratori e collaborazione con la borghesia. Venendo allo sciopero dei metallurgici lombardi ed elevandosi da questo avvenimento particolare alla visione generale del momento storico che stiamo attraversando, i compagni comunisti rilevarono che accettando la battaglia sul terreno voluto dagli industriali, la FIOM aveva in parte pregiudicato la buona riuscita del movimento; os- servarono che il convegno era stato convocato troppo tardi per essere utile ai fini generali della lotta; fecero risaltare il contegno equivoco dei capi i quali mentre non hanno fiducia nel movimento, si abbandonano alla deriva del volere altrui dimostrando in tal modo di aver cessato di essere dei dirigenti con delle visioni e dei piani propri per ridursi alla routine di semplici funzionari; e conseguenti di queste premesse di- sapprovarono l’opera del CC, della FIOM, negarono ad esso la propria fiducia e de- liberarono di non partecipare al Comitato di agitazione qualora l’attività del CC non fosse stata sconfessata.

Questo fatto, il fatto cioè che i comunisti si rifiutarono di far parte del Comitato di agitazione, fu subito interpretato dai socialisti come un tentativo di sfuggire alle proprie responsabilità. Essi sanno però che la loro interpretazione è falsa. I comunisti non sfuggono mai alle responsabilità proprie, ma si rifiutano giustamente di far da paravento o di assumere le responsabilità degli altri.

Qualora la Federazione fosse passata nelle mani dei comunisti non come una sem- plice offerta degli avversari ma come risultato di forze effettive esistenti entro i quadri federali, essi avrebbero assunto immediatamente la direzione del movimento – anche se gravemente compromesso – e non attraverso al capro espiatorio del Comitato d’agitazione, ma direttamente come organo dirigente della Federazione. Non dunque sgattaiolamento delle responsabilità si può rimproverare ai comunisti, ma giusta dif- ferenziazione delle rispettive posizioni.

E che i compagni nostri abbiano visto giusto nella questione, lo stanno a dimostrare non solo il modo con cui furono liquidate le diverse agitazioni dopo il Convegno di Roma dell’anno scorso, ma anche i fatti di questi giorni.

Il Convegno di Genova, infatti, aveva proclamato lo sciopero; al Comitato di agitazione non restava che a porlo in effettuazione. Ebbene, ora leggiamo sui giornali che si riprendono le trattative sotto il patronato del ministro del lavoro a Roma. Potremmo essere contenti di tale avvenimento in quanto dimostra che la minaccia di sciopero generale con tutte le incognite – per la borghesia – che reca con sé è bastante a ri- chiamare l’attenzione dello Stato e a farlo intervenire quale elemento conciliatore nella vertenza; ma per i troppi precedenti e per lo spirito di cui sono animati coloro che proclamarono lo sciopero generale della categoria, abbiamo tutte le ragioni di temere. Le masse hanno accolto con giubilo la notizia della proclamazione dello sciopero ma i capi confederali si dimostrarono contrariati e risolutamente avversi. Qualcuno ha ricordato al Buozzi la conquista delle fabbriche e le conseguenze a cui quel grandioso avvenimento stava per condurre.

Niente di strano quindi se, anziché alla effettuazione dello sciopero, noi assisteremo a qualche compromesso tutt’altro che favorevole per gli operai. La prossima adunata del Convegno Confederale è nuovo elemento contro la lotta che pel solo fatto di essere

proclamata esorbiterebbe dalla pura circoscrizione salariale, per ripercuotersi sul terreno politico.

Ad ogni modo, le responsabilità a domani. Per ora gli operai non hanno che un dovere: mantenersi vigilmente disciplinati e preparasi agli eventi.

L’ordine del giorno socialista approvato dal Convegno

I rappresentanti delle Sezioni, riuniti per discutere dell’azione da svolgersi contro le richieste di riduzione di salario presentate dagli industriali della Lombardia, del Piemonte, della Venezia Giulia e della Toscana, convinti che tali richieste non sono assolutamente giustificate, neppure tenendo conto delle condizioni nelle quali si trovano le industrie; mandano il loro plauso e la espressione della più viva solidarietà ai metallurgici della Lombardia in lotta e denunciano all’opinione pubblica gli indu- striali di detta regione, i quali rifiutandosi di procedere alla trasformazione dei salari attuata da tempo dagli industriali d’Italia, hanno provocato lo sciopero in corso; denunciano pure all’opinione pubblica gli industriali liguri per essere venuti meno alla firma, rifiutandosi essi di applicare quella parte del concordato del novembre scorso, che stabiliva le norme per venire in aiuto ai disoccupati; deliberano: a) la proclamazione dello sciopero generale di tutti i metallurgici d’Italia e passano alla nomina di un Comitato di agitazione; b) di abboccarsi immediatamente con il CC dell’Alleanza del Lavoro per discutere della opportunità di un movimento nazionale di tutte le categorie.

L’ordine del giorno comunista

I rappresentanti degli operai metallurgici riuniti a Convegno nei giorni 16 e 17 giugno; dopo esaminata la situazione generale in cui versa la categoria metallurgica già im- pegnata nello sciopero della Lombardia e minacciata da tutta una serie di vertenze locali; considerato che anche le altre categorie sono ugualmente investite dalla vio- lenza distruggitrice della classe dominante che mira attraverso la decurtazione dei salari a diminuire tutte le conquiste della classe operaia; constatato che la tattica del ‘caso per caso’, finora seguita oltre a risolversi in una effettiva collaborazione per la ricostruzione della potenza economica e politica del capitalismo, si è mani- festata assolutamente disastrosa per i lavoratori; convinti che il CC della FIOM ac- cettando la battaglia sul terreno prescelto dagli industriali ha dimostrato di non avere chiara la visione delle necessità e degli sviluppi che la lotta andava fatalmente as- sumendo; ritenuto che la convocazione del Convegno attuale per essere veramente utile ai fini dell’azione e per prevenire e dirigere gli avvenimenti avrebbe dovuto pre- cedere e non seguire l’inizio dello sciopero dei compagni lombardi e di tutte le altre agitazioni in corso; considerato che il CC della FIOM con le dichiarazioni del segretario generale, malgrado l’affermazione di obbedire a quella che sarà la volontà della massa, si conforma alla fiducia della tattica separata e locale e che perciò non può dirigere senza evidente contraddizione e pericolo la lotta metallurgica su scala na- zionale, né tampoco fare le necessarie pressioni e richiedere dagli organismi nazionali l’impegno di estendere il movimento a tutte indistintamente le categorie; mentre af- ferma altamente che la lotta anche nazionale di una sola categoria, quantunque offra maggiori possibilità di riuscita che non quella frazionata, non può, specie se

compromessa come l’attuale, dare le sufficienti garanzie della vittoria, e che solo l’affasciamento di tutte le forze proletarie in un’unica azione di difesa può arrestare l’of- fensiva del padronato e creare le condizioni necessarie alla prossima riscossa; disapprova l’operato del CC, nega ad esso la propria fiducia e ritiene improrogabile la proclamazione dello sciopero di tutti i metallurgici d’Italia, invitando nel contempo l’Alleanza del Lavoro, per il tramite della Confederazione che dell’Alleanza è parte preponderante, ad affiancare senza indugio la causa di tutti i lavoratori a quelli metallurgici con lo schieramento su di un unico fronte di battaglia della masse operaie ugualmente interessate nella lotta e nella vittoria.

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