L’attenzione di tutto il mondo è oggi ansiosamente concentrata su Genova, dove si svolge su scala mondiale uno dei più grandi episodi della lotta tra sfruttatori e sfruttati.

La conferenza è destinata ad avere immensa portata storica […]

A Genova si combatte una grande battaglia tra il passato e l’avvenire, tra il capitalismo e il comunismo, tra la borghesia e il proletariato. Quest’ultimo vi è formalmente rappresentato soltanto dai compagni russi, apparentemente soli contro tutta l’avida geldra degli agenti politici dell’imperialismo[…].

La crisi economica, frutto della guerra imperialista e della pace più imperialista ancora, spinge le potenze capitalistiche a sforzarsi di allargare l’area di sfruttamento a tutto il mondo, a metter la mano rapace sulle sorgenti di materie prime di tutto il mondo, sulla mano d’opera a buon mercato dei paesi non capitalistici. Una delle più vaste zone ancora esenti dallo sfruttamento capitalista è l’immensa Russia, coi suoi sterminati e in gran parte fertilissimi piani, con le sue inesauribili e quasi intatte ricchezze naturali. Il capitalismo europeo ed americano tentò di metter le mani su quest’immensa riserva, trascinando la Russia zarista e kerenskiana nei vortici della guerra imperialista, mirando ad assicurarsi, con la concessione di prestiti, il diritto attuale di servirsi degli operai e contadini russi come carne da cannone, e in avvenire come bestie da fatica ad adoperare a strappare dalla terra russa i suoi tesori a beneficio dell’ingordigia capitalistica di profitto. La rivoluzione d’Ottobre ha spezzato il giuoco. Questo fu ritentato più tardi, mediante l’organizzazione degli eserciti bianchi. Anche questa volta la resistenza eroica dei proletari e dei contadini russi lo fece fallire. Il capitalismo si è convinto che con le armi non può avere ragione dello Stato soviettista, sostenuto dalla fede e dallo spirito di sacrificio degli operai e dei contadini russi, e dalle ardenti simpatie delle avanguardie proletarie di tutto mondo. E siccome ha bisogno delle ricchezze latenti della Russia per fare almeno il tentativo di ricostruirsi, ha per necessità dovuto offrire un armistizio allo Stato dei Soviety.

Bene hanno fatte i compagni russi ad accettare l’armistizio. La prima ondata della rivoluzione proletaria, se ha lasciato in mano del proletariato posizioni preziose per la continuazione futura della lotta, quali le repubbliche soviettiste e i partiti comunisti, non è tuttavia riuscita ad abbattere il capitalismo. I due eserciti si fronteggiano ancora […]. Finché il capitalismo, pur colpito a morte, continua ad esistere; finché esso continua a detenere in tutto il mondo, tranne che in Russia, il possesso dei mezzi di produzione, i comunisti russi sono costretti ad entrare con esso in trattative per ottenere i mezzi di cui hanno bisogno per risanare l’economia russa. E questa preziosa posizione proletaria di lotta, che è lo Stato soviettista, potrà così esser conservata nelle mani dei comunisti, per rendere i più incalcolabili servizi al proletariato il giorno in cui esso riprenderà la lotta su tutto il fronte.

La Russia soviettista dovrà pagare l’armistizio con sacrifici più o meno grandi, consentendo capitalismo mondiale una più uno meno vasta sfera d’azione sfruttatrice anche in Russia. E sia. Il capitalismo non avrà tuttavia fatto un buon affare politico. Esso avrà a sua volta dovuto acconsentire non solo all’esistenza, ma al rafforzamento dello Stato dei contadini ed operai in Russia, speranza oggi, centro d’azione domani del proletariato mondiale in lotta coi suoi oppressori.

In questo momento il proletariato, grazie al tradimento e all’opera di avvelenamento morale compiuta dai socialtraditori, non è ancora in grado di venire direttamente in aiuto dei compagni russi. Si va lentamente ma sicuramente preparando a questo compito. Ma fin d’ora quanti vi sono in tutti i vari campi, in cui disgraziatamente il proletariato è ancor diviso, lavoratori coscienti, possono e debbono fare il possibile per sostenere i compagni che a Genova lottano apertamente, sul campo insidioso di un tappeto verde, contro il capitalismo imperialista. Questi debbono avere la sensazione che il proletariato di tutto il mondo condivide le loro ansie, esulta dei loro successi, palpita dei loro palpiti.

I delegati russi si trovano isolati, a Genova, contro un mondo nemico, che non ha altra mira se non quella di obbligarli a consentire allo sfruttamento del proletariato russo e tedesco. Essi hanno però anche non trascurabili elementi a loro vantaggio: le rivalità tra i vari gruppi capitalistici e i rispettivi Stati, e la pressione che su tali Stati può esercitare la classe lavoratrice. Bisogna che questa pressione sia intensificata al possibile, bisogna che i lavoratori manifestino in maniera chiara ed incontrovertibile la loro ostilità alla politica delle “riparazioni” che tende a sottoporre il proletariato tedesco – non la borghesia tedesca – a condizioni spaventose di servitù, di miseria, di sfruttamento, a renderlo contro sua volontà strumento dell’offensiva capitalistica in tutto mondo; alla politica di restaurazione capitalistica e di asservimento della Russia soviettista, che mira ad infrangere questo massimo baluardo proletario e a strappare al proletariato di tutto mondo la sua arma più affilata. […]

Quanto è venuto rivolgendosi a Genova, dopocché era stato scritto quanto precede, mostra che la lotta tra i compagni russi e il capitalismo internazionale è diventata ancor più aspra e serrata di quanto si prevedesse. Di fronte all’attitudine chiara e concretamente risoluta dei rappresentanti soviettisti decisi a non permetter la colonizzazione della gloriosa repubblica dei lavoratori; di fronte ai parziali successi riportati da tale attitudine – specialmente all’accordo con la Germania che apre una prima breccia nel fronte capitalista – il capitalismo si raccoglie, mette da parte per un momento le sue rivalità, tenta ricostituire il blocco per jugulare la repubblica soviettista. Tanto più energica dev’esser la risposta dei lavoratori di tutto mondo.

 

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