L’Esecutivo allargato ha stabilito, nella sua ultima seduta, di iscrivere all’ordine del giorno del IV Congresso la questione del programma dell’I.C. e delle sue sezioni. Una Commissione formata dai migliori teorici del comunismo è stata incaricata di studiarla. Le sezioni dell’I.C., da parte loro, sono state invitate a costituire delle commissioni consimili e a preparare in precedenza le loro tesi e proposte. Il programma della I.C. deve essere infatti, l’opera di tutta la Internazionale, il risultato della collaborazione metodica di tutte le sue sezioni, e dovrà di conseguenza ispirare tutti i partiti comunisti nelle loro prossime lotte.

Solo tre mesi ci separano dal quarto Congresso mondiale della I.C. Se si vuole arrivare alla fine di questo grande compito – l’elaborazione di un programma – è necessario mettersi all’istante al lavoro. La bisogna è tutt’altro che facile. Sino dalla prima riunione della Commissione del programma dell’Esecutivo si sono manifestate delle pronunciate differenze di veduta. Cercherò di riassumerle brevemente nella speranza che provocheranno nella stampa comunista delle fruttuose discussioni.

Il programma della I.C. deve evidentemente formulare con precisione e chiarezza tutto quanto è stato già formulato in molteplici libri ed opuscoli, nonché nelle decisioni dei Congressi di Mosca: le finalità ed i metodi del periodo di transizione dal capitalismo al socialismo, la necessità della dittatura del proletariato e del sistema dei Soviet, ecc. In tutto questo nessuna difficoltà. Le difficoltà cominciano con le questioni di forma. Consiste in ciò tutto il programma o non ne è che una parte, il resto dovendo trattare delle fasi attuali della lotta?

Nella prima alternativa ci sarebbe cosa facile il redigere un bel programma, ma esso non farebbe che ripetere ciò che è stato già detto mille volte. E le questioni più di attualità resterebbero apparentemente al di fuori delle nostre preoccupazioni. Se il nostro programma non dà delle direttive applicabili alle rivendicazioni quotidiane della classe operaia, perderà quasi tutto il valore.

Ma nella seconda ipotesi, siamo obbligati a trattare questioni che non entrano in verità in un programma comunista. Non c’è alcuna ragione per supporre che il periodo pre-rivoluzionario sarà di lunga durata e sempre più calmo.

Il capitalismo marcia a grandi passi verso il suo definitivo sfacelo. Ciò che chiamiamo il rallentamento del corso della rivoluzione corrisponde presso a poco alla differenza tra la velocità del movimento della terra e della luce nello spazio. La storia abbraccia le generazioni umane: ciascuno di noi non ne vive che un istante. Noi sappiamo però dove tende e noi la troviamo qualche volta troppo lenta nel realizzare ciò che il nostro pensiero intravede. Lento o rapido che sia nella sua evoluzione, il periodo sociale odierno è tutt’altro che calmo. La lotta è vivace. I problemi che ci si parano davanti si evolvono rapidamente, le situazioni cambiano, le parole d’ordine d’oggi saranno domani superate.

Le necessità della battaglia ci obbligano, a mo’ d’esempio, a lanciare in Germania la parola d’ordine della confisca dei valori reali e, per domani, quella del Governo operaio. Come fare a redigere un programma che contempli l’azione quotidiana e che non sia superato tostoche formulato?

Bisogna tenere inoltre presenti due cose.

Anzitutto che non ci possono essere in questo caso che dei programmi valevoli per le differenti sezioni dell’I.C. e per niente un programma unico dell’Internazionale. I nostri partiti debbono iscrivere nei loro programmi dei postulati differenti a seconda dello stadio dello sviluppo rivoluzionario del loro paese. In vari paesi la questione attuale è quella del Governo operaio: attuale nel senso che un tale Governo può essere realizzato in un tempo relativamente breve; non è il caso della Germania, dell’Italia, della Ceco-Slovacchia ed anche della Francia. Ma in altri paesi è la questione del suffragio universale che va inserita in prima linea.

In secondo luogo è necessario che questa parte del programma non origini dei malintesi. Il fatto che gli antichi programmi socialdemocratici non trattavano con serietà che le rivendicazioni immediate ci invita alla prudenza e ci crea in un certo modo l’obbligo di sottolineare le nostre finalità rivoluzionarie e far risaltare in modo appariscente quello che ci separa dai socialdemocratici.

Viepiù siamo costretti nel raggiungimento delle nostre finalità rivoluzionarie, a formulare delle rivendicazioni immediate corrispondenti alle fasi differenti della rivoluzione, tanto più dobbiamo sforzarci di far comprendere alle masse operaie che la rivoluzione è sempre l’unica meta per noi essenziale.

In linea generale noi dobbiamo, nel redigere un programma di rivendicazioni attuali, insistere sulla differenza tra le nostre rivendicazioni e quelle dei socialisti, e segnare il punto donde l’azione per queste rivendicazioni minaccerebbe di trasformarsi in opportunismo. I principi basilari di questa parte del programma comunista debbono dunque essere definiti in modo da non ingenerare equivoci. Ciascuno deve comprendere che non si tratta che di mezzi per arrivare alla dittatura del proletariato ed alla conquista della maggioranza della classe operaia e che le nostre rivendicazioni hanno il carattere peculiare di mutare tostochè realizzate. Consideriamo per un istante la parola d’ordine del governo operaio. Il suo valore non è unicamente di tattica. Rappresenta una tappa importante nella lotta per la dittatura del proletariato, il trait d’union – a detta del compagno Zinoviev – tra quest’ultimo ed il capitalismo.

Una volta realizzata, la rivendicazione del governo operaio cambia istantaneamente di carattere. Questo Governo non è degno del suo nome se non applica subito delle energiche misure socialiste. La questione della nazionalizzazione delle banche, delle industrie, della terra; le questioni del disarmo della borghesia e dell’armamento del proletariato esigono una pronta risoluzione. E se dei socialdemocratici vi partecipano, vorranno risolvere praticamente questi problemi?

Nel caso negativo ecco i comunisti che sono obbligati a prendere posizione contro di loro. Comprenderanno ciò gli operai? Non si meraviglieranno che dopo aver lottato per il Governo operaio lo si combatta? Per evitare questi malintesi dobbiamo dall’inizio delimitare nettamente la portata delle nostre parole d’ordine e precisarne il senso davanti alla classe operaia. Tutte le parole d’ordine provvisorie hanno questo carattere di comune: eccellenti prima della loro realizzazione, cambiano di aspetto non appena tradotte in fatti.

Elaborare un programma in cui le rivendicazioni attuali avranno grande parte è dunque cosa difficile. Ma non possiamo sfuggirvi. L’essenziale sarà di conservare a questo programma il suo carattere rivoluzionario e non relegare in soffitta il principio della dittatura del proletariato. Ripetiamolo: tra le nostre rivendicazioni attuali e quelle dei socialdemocratici che non sono, quest’ultime, che la espressione più o meno velata dell’opportunismo, non deve esserci possibile alcuna confusione.

Crediamo di avere detto abbastanza per mostrare le difficoltà dell’elaborazione del programma della terza Internazionale. Si può pensare che sarebbe meglio in tali condizioni elaborare unicamente i programmi delle sue sezioni nazionali?

Tutte queste questioni, in ogni caso, richiedono una risposta urgente per poterci quindi mettere al lavoro.

Noi non potremo infatti condurre a buon porto la nostra opera se tutti i partiti non parteciperanno alla discussione e ci verranno in aiuto.

Essi sanno ciò che esige la situazione nei loro paesi. Solo a prezzo di un grande lavoro collettivo il programma dell’I.C. sarà realmente ciò che deve essere: la nostra guida nella lotta.

 

Ladislas Rudas

Segretario della Commissione del Programma dell’I.C. a Mosca

 

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