L’assunzione dell’on. Facta al potere sembra, in questo momento, la soluzione più probabile della crisi di giunta al suo 23° giorno.

Parlamentarmente è una transazione. Rifiutato l’on. Giolitti dai popolari, ed abbandonato dai democratici, l’on Facta, suo fido e mediocre luogotenente, rappresenta una consolazione ed una speranza per il “vecchio”. Egli, avendo impedito il concretarsi di una nuova situazione dalla quale sarebbe stato definitivamente eliminato, ed anche la formazione di un Ministero, per quanto possibile, vitale, può sempre sperare di governare per interposta persona e di preparare così la sua rivincita.

I popolari non possono certo gridare alla vittoria. Se ad essi importava non l’esclusione di un uomo, ma la affermazione e la realizzazione di un programma, comprendente la effettiva partecipazione al potere, attraverso ad una trasformazione dell’istituto parlamentare, delle masse che hanno inquadrato e che dicono di rappresentare, lo scopo non fu raggiunto. Possono bensì vantarsi di avere spezzata l’offensiva liberale-giolittiana, e di aver conservate le loro posizioni, temprando anche il partito, in un cimento che fu aspro. Ciò, del resto, non è poco.

L’on. Facta comporrà così il suo Ministero sulla solita base della coalizione demo-popolare: sette od otto democratici (non escluso qualche nittiano), tre popolari, un riformista, un liberale di destra, forse un agrario. E tira a campà!

Politicamente la situazione è immutata.

Né forse, era possibile altrimenti.

Le condizioni del Paese non sono tali ancora da togliere ai ceti borghesi ogni speranza di mantenersi al potere con i mezzi e gli organi nazionali dello Stato. La soppressione, anche tardiva del Parlamento, la instaurazione ufficiale di una dittatura, non possono essere che estremi mezzi, e pericolosissimi. Né ad essi conviene, evidentemente di giungere, attraverso ad un processo che accomuni popolari e socialisti, i due partiti più forti, e non solo per numero di deputati.

L’Italia continua così ad agonizzare. Né la disoccupazione diminuirà, né il lavoro riprenderà, né i conflitti cesseranno. Il dissolvimento diventerà sempre più rapido, causa ed effetto insieme della debolezza del Governo.

Poiché di questo nessuno dubita. Facta non è certo l’uomo; è appena un modesto parlamentare, uno dei tanti clienti che Giolitti ha voluto a Montecitorio, per non avere rivali, una venerabile cariatide... Ma per reggere oggi il peso della casa traballante, occorrerebbero ben altra mole e ben altra solidità!

Deputato di Pinerolo da parecchie legislature, Facta è stato sottosegretario e ministro quando volle Giolitti. Mai un suo atteggiamento, una sua idea. Democratico, quando Giolitti trescava con i socialisti, gentilonizzato quando furono chiamati i clericali a salvare la patria, filo-fascista ieri, Facta ha finto di pensare, ed ha finto di agire sempre, poiché per lui ha sempre pensato ed agito Giolitti.

Neutralista, si è fatto perdonare in nome del figlio in guerra; pericolante nelle ultime elezioni, si è salvato presentando alla folla, da un balcone di casa sua, ed abbracciando, il candidato fascista De Vecchi, pochi giorni dopo che questi era stato denunciato dalla polizia all’autorità giudiziaria come organizzatore dell’incendio della Camera del lavoro di Torino. E Facta era ministro della giustizia! E fu eletto con i voti preferenziali scambiati fra lui, il fascista De Vecchi ed il segretario generale della Confederazione dell’industria on. Olivetti!

Con questi precedenti l’on. Facta è l’uomo della situazione. Poiché sembra destino che quanto più decade regime, tanto più mediocri siano gli uomini cui affidarne le sorti. Da Bonomi, a Facta.

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