Quando l’opportunismo (soprattutto nelle sue versioni più fetide e sfiatate) si autocelebra, genera autentici mostri: di ignoranza, di malafede, di falsità. E’ il caso della mostra davvero mostruosa intitolata “Avanti, popolo!”, inaugurata a Roma e destinata, per la gioia di noi tutti, a girare in parecchie altre città italiane.
Diciamo subito che, fin dal suo nascere, la nostra corrente politica ha fatto della lotta al personalismo nella battaglia politica una delle proprie caratteristiche distintive. Il fideismo, il culto dei capi, la riduzione delle differenti linee politiche al battibeccare sguaiato di leader in carriera, sono quanto di più estraneo alla nostra concezione teorica, da sempre incentrata sul riconoscimento della necessità della lotta di classe, della rivoluzione comunista e dell’instaurazione della dittatura del proletariato.
D’altra parte, la borghesia, vincitrice su ogni latitudine e in ogni clima sulla prodigiosa ondata rivoluzionaria del proletariato successiva alla prima guerra mondiale, scrisse poi la storia in mille differenti versioni, tante quante erano le correnti storiografiche asservite agli interessi propri delle diverse fazioni della classe dominante. Tutte queste versioni avevano però un carattere in comune: il sistematico stravolgimento della realtà storica al fine di cancellare, attraverso le omissioni, lo svilimento e la ridicolizzazione, quanto di più ricco era emerso dall’esperienza di una grandiosa stagione della lotta del proletariato mondiale per la propria emancipazione.
Ogni epoca ha i suoi cantori e, come non c’è da stupirsi per il triviale spettacolo offerto dai politicanti di mestiere nella scalcagnata Italietta di oggi, ancor meno c’è da stupirsi per le odierne rappresentazioni spettacolari di quella breve stagione che novant’anni fa vide il proletariato mondiale tentare un grandioso assalto al cielo.
Un caso di grossolana contraffazione storica, oltre che di pacchiana autocelebrazione del post-opportunismo tramutatosi in impresa commerciale, è proprio offerto da questa mostra, una full immersion in un patetico“amarcord” del fu Partito “Comunista” Italiano, con l’obiettivo di evidenziare gli aspetti più sciovinisti della sua ideologia.
Ignoranza, malafede, falsità, dicevamo. Per esempio: l’opuscolo distribuito all’ingresso è un capolavoro di crassa ignoranza della storia del movimento operaio, a partire dalle date. Secondo i curatori, la storia del Pci sarebbe cominciata nel 1921 con il congresso di Livorno, per concludersi nel 1991 con la pantomina della Bolognina che sanzionò la fine del partito. Già, ma quale partito? Il Partito Comunista Italiano non è nato il 21 gennaio
Ma andiamo avanti, in questa sagra dell’ignoranza e della malafede. Sul pannello esplicativo relativo al periodo 1921-1943 (tutto nello stesso calderone!), possiamo leggere: “Nel
Il testo del pannello esplicativo per il periodo 1921-1943 liquida poi, in poche righe, tutto l’arco di tempo che va dell’ascesa del fascismo, passando per il consolidamento del regime e la successiva alleanza con
Constatiamo poi come i curatori abbiano del tutto tralasciato di rilevare i riflessi sul partito italiano delle successive svolte della politica staliniana. Non una parola sulla rottura con
Tuttavia, qualche documento interessante il mostro lo offre, per chi sappia decodificare la vulgata opportunista. Una vera perla è un video in cui Giorgio Amendola racconta come, nel maggio del 1943, il Partito “Comunista” Italiano abbia cercato contatti con… la famiglia reale, per offrire la disponibilità dei “comunisti” ad appoggiare la defenestrazione di Mussolini e la formazione di un nuovo governo antifascista. Di nuovo, non si tratta affatto di un dettaglio di secondaria importanza, ma dell’ennesima prova che il Pci ha concordato con le forze capitaliste, comprese quelle più reazionarie, le mosse cruciali della gestione della guerra imperialista in Italia.
Che dire del resto? del dopoguerra, del “partito nuovo” togliattiano, della “legge-truffa”, del centrosinistra, del compromesso storico? Basti, come epitaffio e commento al tutto, una citazione a caratteri cubitali tratta da un discorso di Togliatti all’Assemblea Costituente: “La classe operaia italiana ha dato la prova di saper camminare sul solco aperto dal Conte Camillo Benso di Cavour”. Già, e di questo deve ringraziare proprio il quadrumvirato Gramsci-Togliatti-Longo-Berlinguer. Ma tutto ciò non ha proprio nulla a che vedere con il partito nato a Livorno novant’anni fa, nel gennaio 1921.
Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°02 - 2011)