Carattere nazionale o internazionale della lotta proletaria ?

 

Viene annullato il carattere internazionale e internazionalista della lotta proletaria, dichiarando che i partiti comunisti debbano essere «indipendenti» («Tutti i partiti marxisti-leninisti sono indipendenti, godono di uguali diritti, elaborando la loro politica partendo dalle concrete condizioni dei loro paesi e ispirandosi ai principi del marxismo-leninismo»). Tale indipendenza non significa altro che subordinazione del proletariato agli interessi specifici delle classi dominanti dei rispettivi paesi.

Gli autentici partiti comunisti, invece, non aspirano ad alcuna indipendenza, nel senso che si sentono totalmente vincolati al contesto generale della lotta rivoluzionaria mondiale, e quindi disciplinati e osservanti della tattica e strategia mondiale della rivoluzione, così come scaturisce dalla visione organica del partito unico mondiale.

Simile concezione nazionalista del partito deriva da quella mille volte spacciata per marxista della «creazione del socialismo in un solo paese», vera matrice dell'attuale tesi delle cosiddette «molteplici vie al socialismo».

Questa falsa concezione cozza contro la stessa pratica veramente «concreta» dell'opportunismo il quale, come si è visto, ha preteso di dare al movimento proletario mondiale un unico obiettivo, quello della «lotta per l'indipendenza nazionale, la pace, e la democrazia». «Molteplici vie», quindi, non per la Rivoluzione, ma per la reazione controrivoluzionaria.

E' permanentemente acquisito in teoria ed organizzazione che la via al socialismo è unica; che passa per la rivoluzione violenta del proletariato guidato dal partito comunista mondiale, per la dittatura del proletariato, per la instaurazione di uno stato di classe. Ogni altro surrogato tende solo a sviare il proletariato dalla strada maestra e ad allontanare nel tempo l'avvento della rivoluzione mondiale.

Guerra imperialista e guerra di classe

 

Tutto ciò non significa che si debba «esportare la rivoluzione», come si esprime l'opportunismo, (benché questa possa considerarsi una teoria assai più suggestiva ed ammirevole, per la carica di passione e di violenza rivoluzionaria che implica, di petto a quella sdolcinata e pacifista dell'opportunismo) in quanto l'atto rivoluzionario non è pura volontà, ma felice combinarsi di condizioni soggettive alla maturità della crisi storica oggettiva del capitalismo. E' vero per contro e constatabile facilmente che l'imperialismo, aiutato dall'opportunismo, impone la controrivoluzione con ogni metodo. Infatti i cosiddetti paesi «socialisti» sarebbero pervenuti al «socialismo» di Mosca non per il maturarsi di condizioni storiche favorevoli, ma per l'intervento armato di uno stato straniero. Questa contraddizione in termini rientra tutta nella pratica opportunista che usa la violenza nella sola prospettiva di evitare la rivoluzione, di prevenirla o di schiacciarla. Esempi ormai classici sono i paesi balcanici, occupati militarmente dall'armata russa durante il secondo conflitto col compito principale di deviare le spinte di classe che le terribili condizioni della guerra originavano, e di garantire la ripresa senza sussulti del meccanismo economico sociale e politico capitalista.

Parimenti accadde nei paesi occupati dagli eserciti degli alleati occidentali. I proletari tedeschi che credettero, con l'arrivo della falsa armata «rossa», di iniziare la «costruzione del socialismo», si accorsero ben presto che l'occupante aveva solo interesse a che si ricreassero le condizioni essenziali alla ripresa produttiva, nel quadro delle vecchie forme capitalistiche, fino a sciogliere i Consigli là dove si erano costituiti con l'intento di affermare e sostenere le esigenze del proletariato.

Contro la vergognosa prassi del tradimento che si affanna a convincere i proletari e gli stessi concentramenti del capitalismo mondiale che mai la classe operaia si proporrà una guerra rivoluzionaria, si deve tuttavia riaffermare ad alta voce che i comunisti non negano per principio una guerra socialista contro i centri dell'imperialismo mondiale, guerra in cui saranno impegnati non tanto i paesi che avessero vittoriosamente conquistato il potere politico alla dittatura proletaria, quanto gli stessi proletari dei paesi imperialisti.

Alla diversa natura di classe della guerra imperialista e della guerra rivoluzionaria corrisponde anche una diversa metodologia militare, che consiste nell'assalire il mostro capitalista dall'interno e dall'esterno. A maggior ragione, si deve sottolineare la ferma decisione del partito comunista di combattere il capitalismo mondiale con la violenza rivoluzionaria e di distruggerlo, quando invece il suo alleato opportunista, pur constatando la ulteriore fase di «decadenza e disgregazione» del capitalismo e il ruolo principale degli Stati Uniti d'America in essa, si adopera affannosamente a correggere i vizi e le malattie del regime capitalistico per nulla intenzionato a vibrargli il colpo decisivo.

 

Violenza di classe e presa del potere

 

I partiti opportunisti negano assolutamente questo carattere violento della rivoluzione (quand'anche la proclamassero) definendosi «forze della pace», in contrapposizione alle «forze della guerra» rappresentate dall'imperialismo, e proclamando che, salvo casi eccezionalissimi, la «via al socialismo» oggi passa per la pace sociale, la democrazia e addirittura il parlamento. Trascriviamo letteralmente: «Nelle condizioni attuali in vari paesi capitalistici la classe operaia, diretta dal suo reparto di avanguardia, ha là possibilità di unire la maggioranza del popolo in un fronte operaio e popolare o con altre possibili forme di accordo e di collaborazione politica fra vari partiti e organizzazioni sociali, di conquistare il potere statale senza guerra civile e di assicurare il passaggio dei mezzi fondamentali di produzione nelle mani del popolo.

La classe operaia, poggiando sulla maggioranza del popolo e rintuzzando risolutamente gli elementi opportunisti, incapaci di rinunziare alla politica di collaborazione coi capitalisti e i latifondisti, ha la possibilità di sconfiggere le forze reazionarie antipopolari, di conquistare una maggioranza stabile in parlamento, di trasformare il parlamento da strumento al servizio degli interessi di classe della borghesia in strumento al servizio del popolo lavoratore, di lanciare vaste lotte di massa extraparlamentari, di infrangere la resistenza delle forze reazionarie e di creare le condizioni necessarie per la realizzazione pacifica della rivoluzione socialista».

Non così per i marxisti. Finché esiste un lembo di terra oppresso dai rapporti capitalistici, la guerra di classe si addice al socialismo, e questo la proclama costantemente.

 La stessa crisi del capitalismo, che nella sua fase imperialistica è permanente, obbliga il proletariato a porsi la questione della lotta rivoluzionaria e della conquista violenta del potere politico. Man mano che i contrasti interni del regime capitalistico si sviluppano e si aggravano, si creano le condizioni storiche che mettono in moto il proletariato.

 La diversa maturità dei differenti paesi capitalistici fa sì che il fronte nemico non sia omogeneo né da un punto di vista sociale né da un punto di vista politico. E' altresì evidente che il settore più debole dello schieramento capitalistico è costituito dall'Europa occidentale, relativamente a più alto potenziale produttivo ed industriale ed a più alta concentrazione proletaria del mondo. In questo senso vanno intese tutte le manovre economiche e politiche di «aiuto» dell'imperialismo mondiale all'Europa.

Ai paesi industrializzati non è applicabile la tattica duplice prevista da Marx per la Germania del 1848 e applicata da Lenin per la Russia dopo di averla proclamata fin dal 1898: doppia tattica consistente da un lato nell'abbattimento del potere assolutista e nella conquista della «libertà politica» e della «democrazia» (compiti, cioè, borghesi) e dall'altro nell'abbattimento dello stesso regime democratico-borghese, per il socialismo. In questi paesi, l'unica tattica è quella che mira direttamente al socialismo.

 

La dittatura del proletariato

 

La parola d'ordine per cui si dovrà battere il proletariato è: per la dittatura del proletariato, del partito comunista; non quella della dittatura democratica degli operai e dei contadini.

La formula della dittatura democratica degli operai e dei contadini, lanciata da Lenin ancor prima della rivoluzione del 1905, poggiava sui compiti borghesi della rivoluzione russa e non costituiva una soluzione né generale del problema della rivoluzione, né particolare per la Russia. L'originalità della formula marxista riposa sull'intuizione che, nell'epoca di capitalismo avanzato, il proletariato può, e quando le condizioni lo esigono, deve svolgere un doppio compito rivoluzionario sempre che sia guidato da un partito comunista saldamente ancorato al marxismo. La Rivoluzione russa ha esaltato al massimo grado la decisiva importanza del partito comunista. A riprova di ciò stanno le due tappe della rivoluzione russa: la prima, democratico-borghese nel febbraio, e la seconda socialista nell'ottobre. Altrimenti la rivoluzione non poteva essere condotta.

E' d'uopo sottolineare che la alleanza del proletariato con i contadini poveri, col proletariato agricolo, con i braccianti e i giornalieri agricoli (non coi contadini «in generale», con la piccola borghesia rurale e tanto meno coi contadini ricchi) s'imponeva per la struttura sociale fondamentalmente contadina della Russia. L'equivoco opportunista consiste appunto nel mistificare la natura di questa alleanza, le sue contraddizioni economiche e sociali determinanti, il suo carattere politico.

L'odierno opportunismo  non riesce a distinguere questi elementi di classe, e pianifica i compiti e gli elementi della tattica rivoluzionaria estraendo dalle fulgide lotte del proletariato russo solo le questioni marginali innalzate a caratteristiche generali e comuni.

 

Pei i marxisti la rivoluzione russa non ha aperto nuovi orizzonti, né scoperto nuovi principi, non ha applicato metodi originali né inventato soluzioni sue proprie.  La  rivoluzione russa è stata «letta» tutta nel marxismo ortodosso. Senza questa peculiarità dialettica il partito comunista non avrebbe potuto volerla, prevederla e dirigerla. L'opportunismo, non potendo negare l’esaltazione nell'ottobre russo di tutti gli elementi dichiaratamente anti-opportunistici, al fondo dei quali sta la intransigenza nei principi rivoluzionari, il metodo antidemocratico nella lotta,  la natura rivoluzionaria del partito comunista, la dittatura violenta del proletariato, considera la rivoluzione bolscevica come una «esperienza» irripetibile, a sé stante, avulsa da tutto il contesto internazionale della lotta di classe. 

 

I comunisti rivendicano invece tutta la tradizione del partito comunista bolscevico come esempio valido per l'intero proletariato mondiale di fronte alla crisi rivoluzionaria della società.

 

Una sola via al socialismo

 

 

Man mano che, ad opera dello stesso capitalismo, si generalizzano le condizioni della lotta rivoluzionaria, gli elementi della tattica si semplificano per il partito  comunista, il quale non ha nulla da scoprire né da imparare dalle «situazioni», ma da applicare i metodi dai quali ha tratto l'insegnamento fondamentale che la coerenza marxista è la condizione sine qua non del successo e della vittoria finale.

Ogni volta che, sotto il pretesto di facilitare il raggiungimento degli obiettivi rivoluzionari, si è decampato anche solo di un passo dalla teoria e dai principii si è assistito ai tradimenti più vergognosi e all'allontanarsi della rivoluzione. Il manovrismo tattico alla ricerca non delle pur minime contraddizioni e crisi del fronte nemico, ma di presunti punti di appoggio nello schieramento di classe avversario, è peculiare del tradimento opportunista, il quale è sempre a caccia di supposte «sinistre» con cui stringere connubi vergognosi, perfino nel campo apertamente contro-rivoluzionario della grandi borghesia.

La sinistra comunista in Italia si è sempre battuta risolutamente contro le macchinazioni e i tatticismi machiavellici, denunziandone il punto di approdo opportunista: unica corrente che durante la sua notevole fase di influenza sul movimento operaio abbia coerentemente applicato la tattica rivoluzionaria elevando in modo impareggiabile le capacità di lotta del proletariato e tracciando in maniera esemplare gli schemi tattici generali del movimento rivoluzionario.

L'attuale stato di soggezione del proletariato mondiale al capitalismo, dovuto all'opportunismo, è la riprova più evidente data dai fatti della giustezza di queste posizioni. L'opportunismo, che chiama il proletariato a ripudiare la prassi rivoluzionaria come scaduta o antiquata, non solo ripropone schemi e metodi vieti ed arciconosciuti del nemico di classe, ma dimentica di non possedere al suo attivo neppure una battaglia vinta, un successo parziale, un'azione che abbia tentato di colpire al cuore il capitalismo.

L'avvenire prossimo riproporrà al proletariato l'alternativa rivoluzionaria, nella quale si decideranno nuovamente le sorti della specie umana: il partito di classe ha quindi oggi il grave compito di contendere all'opportunismo, serpe annidata in seno al proletariato, ogni posizione e di respingerlo principalmente dal dominio della teoria, per riconquistare le posizioni fondamentali da cui balzare alla testa del moto di classe e dirigerlo obiettivamente contro il capitalismo.

FINE

 

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