Vertenza Atesia: storia e bilancio

Pubblicato: 2009-08-09 19:45:24

La vertenza ATESIA è una delle più emblematiche in ambito italiano, perché i lavoratori di quest’azienda sono diventati, grazie alle lotte che li hanno resi parzialmente “visibili”, uno dei “simboli nazionali” del precariato. Il callcenter romano è nato nel 1989 e rappresenta, ad oggi, la più grande realtà d’Italia nel settore, con 5000 dipendenti (di cui oltre 3500 precari), circa 300.000 contatti telefonici gestiti al giorno e un giro d’affari prodotto che, nel 2004, viaggiava intorno ai 4,3 miliardi di euro. ATESIA è controllata dal gruppo COS, che nel 2004 ha rilevato la proprietà dell’80% del call-center da Telecom (l’azionista di riferimento del gruppo COS, Alberto Tripi, è socio Telecom ed è legato a doppio filo con Francesco Rutelli e con la Margherita). Il settore dei call-center impiega circa 250.000 persone in tutta Italia, la maggior parte delle quali con contratti precari.

La lotta dei lavoratori dell’ATESIA nasce come lotta al precariato, di cui l’azienda è sempre stata un “laboratorio” (a tutt’oggi lavorano in ATESIA persone che hanno contratti precari dal lontano 1989), e si è intensificata negli ultimi due anni, con ben sei scioperi - e alti tassi di partecipazione - tra maggio 2005 e settembre 2006, e - ci risulta - almeno un picchetto davanti all’ingresso effettuato durante lo sciopero del 1° giugno 2006: non è poco per chi, come i lavoratori precari, non ha, di fatto, “diritto di sciopero”.

Che ATESIA sia percepita dalla borghesia come uno dei bastioni dell’istituzione del precariato è confermato dall’atteggiamento dei sindacati “tricolori” che, fedeli al proprio ruolo di controllo del proletariato, hanno sempre, nei fatti e al di là di chiacchiere di circostanza, appoggiato la proprietà nel mantenere elevatissimi tassi di precarietà, soprattutto firmando accordi-capestro per i lavoratori (come quello dell’11 aprile 2006). La parte più avanzata dei lavoratori dell’ATESIA, per sfuggire al giogo dei sindacati nazionali, si è quindi organizzata in un “collettivo dei precari” che, sia pure su posizioni ultrariformiste (basta leggerne la piattaforma rivendicativa), manifesta una certa combattività.

Alcuni lavoratori del collettivo, confidando forse nei meccanismi della “giustizia” borghese, hanno presentato un esposto all’ispettorato del lavoro: ciò ha dato inizio a una significativa cascata di eventi. Tanto per cominciare, quattro dei cinque firmatari dell’esposto sono stati licenziati; durante l’ispezione poi, è giunta agli ispettori una ridicola circolare del Ministro del Lavoro Damiano, redatta ad hoc, in cui si affermava che solo chi, nei call-center, riceve telefonate è da considerarsi un lavoratore subordinato, mentre chi le effettua è un lavoratore autonomo (attenzione: la circolare in questione è stata giudicata “corretta” da un avviso siglato in comune da Confindustria e CGIL-CISL-UIL nel mese di ottobre 2006). Gli ispettori, ignorando la circolare, hanno disposto l’assunzione a tempo indeterminato full-time di tutti i 6300 precari del gruppo COS: per questo, si sono attiratida proprietà e Confindustria gli appellativi di “irresponsabili”, “confusi”, “pilotati” ed “estremisti”. Le decisioni degli ispettori erano in realtà prevedibili: l’effettiva subordinazione dei precari viola la Legge 30, anche se solo nella lettera, non certo nello spirito. Inoltre, c’è da dire che ATESIA è un “laboratorio” di precariato (uno dei tanti…) in cui la borghesia fa i suoi esperimenti e spesso ciò che vi accade precede le regole “ufficiali”. Gli ispettori del lavoro si sono comunque guadagnati, oltre ai suddetti appellativi, un incontro “esplicativo” sulla circolare Damiano sui call-center, tenutosi, guarda caso, presso l’Auditorium dell’Unione Industriali.

Un’altra importante contromisura alla decisione degli ispettori è stata messa in atto direttamente dal governo, che ha inserito nella Finanziaria 2007 un articolo (il 178) che non riconosce il lavoro subordinato pregresso dei lavoratori illegalmente assunti con contratti a progetto, e quindi annulla, per i casi come quello dell’ATESIA, sia il recupero contributivo sia le sanzioni penali e amministrative previste. Sempre in base all’art. 178, il lavoratore è costretto a sottoscrivere un atto di conciliazione in cui rinuncia ai contributi obbligatori in suo favore, per vedersi trasformare il contratto da progetto parasubordinato in contratto subordinato (e di contratti subordinati precari ce n’è un’infinità: a tempo determinato, interinali, di apprendistato, a somministrazione, di inserimento, a termine, etc.). L’attuazione di tale articolo è stata resa possibile dall’accordo firmato, il 13 dicembre scorso, tra CGIL-CISL-UIL e il gruppo COS.

Un’altra bordata alla possibilità di assunzione dei precari è stata poi sparata dal TAR del Lazio, che ha deciso la sospensione delle disposizioni degli ispettori del lavoro, in quanto l’esercizio del loro potere di diffida “appare idoneo ad arrecare una lesione concreta ed attuale all’impresa destinataria dell’accertamento.”. Il TAR ha inoltre stabilito che “a fronte dei molteplici rischi paventati dalla ricorrente ed alla luce dell’imminente (ancorché eventuale) mutamento del quadro giuridico di riferimento […] appare preminente garantire il mantenimento della situazione in essere”.

Dulcis in fundo, arriva l’ultimo accordo sottoscritto dai sindacati, che stabilizza i precari esattamente in linea con i desiderata dell’Azienda: contratti part-time di quattro ore al giorno, con retribuzione inferiore a quella percepita come parasubordinati (i contributi quindi per metà li versa l’ATESIA, ma è come se li pagassero i lavoratori costretti ad accettare salari infimi, e per l’altra metà sono a carico della collettività) e, soprattutto, con l’obbligo della rinuncia al pregresso salariale. Questo accordo ha lo scopo di stroncare la lotta dei lavoratori dell’ATESIA, grazie anche allo strumento più raffinato di cui la borghesia dispone per piegare il proletariato: la democrazia. L’accordo viene infatti sottoposto al voto non dei soli precari dell’ATESIA (che ovviamente lo hanno respinto con oltre il 58% di “no”), ma anche degli altri precari del gruppo COS (operanti in realtà dove la protesta o non è arrivata o è arrivata marginalmente) e in alcuni casi anche dei dipendenti con contratto a tempo indeterminato, com’è avvenuto nel grosso call-center di Palermo, ove per altro non si è votato a scrutinio segreto, ma per alzata di mano e con i contrari che dovevano alzare la mano per primi (ci sono stati 2 soli no su 1380 votanti, pari allo 0,14%: non c’è male come prova del funzionamento della democrazia!). In queste condizioni, il risultato era scontato: hanno vinto i “sì” all’accordo.

ATESIA ha evidentemente rappresentato e rappresenta per la borghesia una trincea in cui combattere per la difesa del precariato, tanto che nella lotta contro la vertenza ha scomodato tutto il proprio l’apparato, ivi compreso il governo di “sinistra”, che si è schierato apertamente a favore della proprietà, prendendosi addirittura la briga di varare un articolo di legge ad hoc per smontare ciò che era stato stabilito da qualche incauto ispettore del lavoro. Per non parlare poi dei sindacati “tricolori”, la cui ultima impresa è stata quella di organizzare il teatrino democratico per tentare di soffocare definitivamente la lotta dei precari.

Nella vertenza ATESIA, il governo, la proprietà, Confindustria, la stampa (emblematico l’articolo comparso sul Manifesto in data 24/12/2006) e i sindacati tricolori si sono presentati senza pudori come un blocco più che mai unito: un’unità, giova sempre ricordarlo, che, per quanto riguarda la borghesia italiana, è una… preziosa conquista del fascismo. Potremmo definire l’accanimento della borghesia e del suo apparato nei confronti dei lavoratori dell’ATESIA come la manifestazione dell’assoluta necessità di difendere strenuamente, in barba a tutte le vuote promesse elettorali, l’istituto del precariato, elemento chiave per abbassare i salari e facilitare i licenziamenti, nel quadro generale di crisi economica e di caduta del saggio di profitto.

 Partito Comunista Internazionale

(Il programma comunista n°01 - 2007)