Benvenuti nella terra di Canaan!

Pubblicato: 2009-11-08 16:49:17

 

La festa è finita! La fertile terra di Canaan non riesce più a dare da mangiare ai suoi figli.

Leggiamo su “Il Manifesto” del 23/4/08 che il 34% della popolazione israeliana è a caccia di un pasto giornaliero, perché sarebbe “affetto” (!) da... insicurezza alimentare. L’attraversata del deserto capitalistico dopo 60 anni non è più benedetta dalla manna, che cadeva copiosa dal cielo. File di anziani e giovani aspettano pazientemente il loro pasto, che pagano (!?) circa un euro. La Ong che fa questo servizio a sud della capitale chiede allo Stato di assicurarsi direttamente la responsabilità della distribuzione e se la prende con le privatizzazioni dei servizi, che fanno ricadere sulle associazioni non governative, no profit, il peso dell’assistenza di 200.000 famiglie (il dato è emerso da un rapporto ministeriale). In compenso, la cementificazione dei confini in nome della sicurezza della patria (centinaia di km di mura: altro che muro di Berlino e di Varsavia!) ha prodotto un ghetto ebraico di tutto rispetto, armato fino ai denti, che si chiama Israele.

I dati dell’indigenza riguardano il 52,6% degli ultraortodossi (e a salvarli non valgono né il Muro del pianto né la protervia che manifestano come manovalanza razzista e colonialista!), i genitori single (44,9%), gli arabo-israeliani  (37,3%), gli anziani (29,3%). L’Ufficio di statistica spiega che questo 34% non può pagarsi il cibo perché gravato da altre spese (costi degli affitti e degli asili, aumento dei beni di consumo). Particolarmente colpite sono le donne divorziate con figli a carico e i vecchi immigrati dall’ex Urss, che aggiungono alle provviste avanzi di magazzino di giocattoli e abiti. L’umiliazione di ricevere pacchi dono e assistenza alimentare da mani caritatevoli è grande e le proteste sono apparse sui giornali.

Crisi economica? Ma come?! Negli ultimi 5 anni l’economia israeliana ha goduto di un’eccezionale sviluppo economico: investimenti dall’estero, esportazioni e consumi interni elevati spinti dallo sviluppo di settori high-tech, armamenti, fertilizzanti... Ma con il Prodotto interno lordo sono cresciuti anche la povertà e il divario tra ricchi e poveri: una famiglia su cinque sarebbe povera, cioè percepisce meno della metà di un salario medio. Pare che il governo si stia dando da fare... per mascherare i dati statistici, anche perché si diffondono notizie di affari, di regalie, di uso di denaro pubblico in maniera sempre più allarmante. I più vecchi rammentano che, all’epoca della fondazione dello Stato, episodi di corruzione di tal genere non si verificavano. Alcune associazioni culturali sono giunte alla conclusione che “la nostra società ha abbandonato la sua impronta socialista delle origini per abbracciare il capitalismo nel senso più deleterio, tutto viene privatizzato, dall’educazione alla sanità, un sistema duale in cui i servizi di qualità si pagano, mentre ai poveri sono riservati quelli scadenti” [1]. Attualmente, lo Stato ebraico – affermano – sarebbe il paese con le maggiori disuguaglianze del mondo: il 30% delle famiglie povere può contare su un solo lavoratore, ma il suo salario è troppo basso (all’incirca 650 €), e molti sono i disoccupati e quelli che vivono con il sussidio di disoccupazione (diminuito del 30% nel 2003).

Il cerchio si va dunque chiudendo. Nella fertile terra di Canaan, i deserti divenuti agrumeti e l’agricoltura intensiva non bastano più (non per carestia, ma per un sistema antiumano) a sfamare la popolazione israeliana. Nessun esodo, ma solo il polso ferreo della  dittatura di classe, potrà traghettare l’intera umanità verso il Comunismo.

 
 
Note:

 

1. Questa del “socialismo israeliano delle origini” è poi una mistificazione degna dei tanti “costruttori di socialismo in un paese solo” – non a caso, la Russia staliniana fu tra i primi stati a riconoscere Israele, fin dal 1948.

 

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°03 - 2008)