“Vieni avanti, cretino!”. Ovvero: quando gli ideologi borghesi pensano di fare i conti con Marx

Pubblicato: 2024-01-15 14:43:46

“Ma né la trasformazione in società anonime, né la trasformazione in proprietà statale, sopprime il carattere di capitale delle forze produttive. Nelle società anonime questo carattere è evidente. E a sua volta lo Stato moderno è l'organizzazione che la società capitalistica si dà per mantenere il modo di produzione capitalistico di fronte agli attacchi sia degli operai che dei singoli capitalisti. Lo Stato moderno, qualunque ne sia la forma, è una macchina essenzialmente capitalistica, uno Stato dei capitalisti, il capitalista collettivo ideale. Quanto più si appropria le forze collettive, tanto più diventa un capitalista collettivo, tanto maggiore è il numero di cittadini che esso sfrutta. Gli operai rimangono dei salariati, dei proletari. Il rapporto capitalistico non viene soppresso, viene invece spinto al suo apice. Ma giunto all'apice, si rovescia. La proprietà statale delle forze produttive non è la soluzione del conflitto, ma racchiude in sé il mezzo formale, la chiave della soluzione” (F. Engels, Anti-Dühring, Parte Terza, Capitolo II).

Diciamolo pure senza timore di suscitare scandalo: ogni tanto ci tocca manifestare gratitudine agli ideologi borghesi! Sì, perché, nella loro irrefrenabile produzione di cretinerie (ci sarebbe anche un altro termine, più efficace: ma lasciamo stare), ci offrono l'occasione di passare lunghi momenti di buon umore – il che, vista la cupezza in cui è immersa la società dominata dal Capitale, certo non guasta.

Prendete ad esempio la “questione Marx”. Per decenni, ci siamo sentiti dire “Marx aveva torto”, e già qui la risata prorompeva. Quando poi, sotto la pressione della crisi del modo di produzione capitalistico, ha cominciato a sgretolarsi una “certezza” via l’altra, ecco levarsi, qua e là, timide domande imbarazzate: “Forse Marx aveva ragione?”. Secondo attacco d'ilarità. Infine (è notizia di queste ultime settimane), il settimanale Internazionale del 26 gennaio u. s., dedicando addirittura la copertina al barbuto di Treviri (sia pure “modernizzato”), esplode in un titolo esplicito “Aveva ragione Marx”; e  il lungo articolo alle pagine 40-47 della rivista, firmato da tre giornalisti di “Der Spiegel”, ci spiega (?) perché. A questo punto, terzo (e di certo non ultimo) attacco d'ilarità.

Un primo sussulto ci coglie al leggerne lo strillo d’apertura dell’articolo: “Il capitalismo funziona male. E i suoi problemi peggiorano con la crisi climatica. Molte proposte di riforma puntano su una maggiore presenza dello stato nell’economia, ispirandosi alle idee del filosofo tedesco”. Capite? Lo Stato sempre più “presente nell’economia” non fa più parte della realtà e del bagaglio ideologico-pratico dell’imperialismo nelle sue vesti demo-fasciste, ma, secondo gli “intellettuali d’avanguardia e i pensatori pragmatici” (sic!) scomodati dalla rivista, è da fare risalire a lui, al nostro povero Carletto!

D’altra parte, il seguito dell’articolo non viaggia certo meglio. S’interrogano i suddetti “intellettuali”, uomini e donne, sociologi ed economisti, capitani d’industria, finanzieri, accademici e autori di best sellers, dagli Stati Uniti al Giappone passando per Gran Bretagna e Germania, e la risposta è sempre la stessa: bisogna che lo Stato intervenga di più nell’economia, che si curi di più del benessere collettivo, della Terra e della Natura, che da rosso diventi verde, e via di seguito con il medesimo leit motiv.

Non è solo la montagna che partorisce il topolino: di fronte al drammatico dissesto di ogni aspetto della società dominata dal Capitale, si propone... “un’economia orientata al bene comune” (Carla Reemtsma, Fridays for Future-Germania), la “redistribuzione” (Ray Dalio, fondatore del... Bridgewater Associates, il più grande fondo speculativo del mondo!), una “tassa del 70 per cento sui ricchi” (Alexandra Ocasio-Cortez, la ben nota stella del “socialismo democratico” in salsa USA, che così facendo scavalca... da sinistra i nostrani “teorici della patrimoniale”!), una “nuova forma di ecosocialismo” fondato su “una cultura marxista della decrescita” (Kohei Saito, autore del libro Capitale nell’antropocene), uno “stato imprenditore” che indirizzi e ponga “obiettivi ambiziosi” e “spinga le aziende a puntare su obiettivi di ampio respiro” (Mariana Mazzucato, definita dal “Times” di Londra “l’economista più temibile al mondo”), grazie a “irrinunciabili [...] strumenti di sostegno statali” (Martina Merz, ad della ThyssenKrupp). E via così...

Ma quando?! Ma come?! Per questa masnada, lo Stato non è il braccio economico-finanziario-militare del Capitale con le sue articolazioni nazionali: è invece un buon padre, solo un po’ distratto e ogni tanto sviato dal canto delle sirene liberiste e monetariste di turno (Milton Friedman e compagnia cantante). Va soltanto ricondotto sulla retta via! Insomma, per tutti costoro lo Stato è come lo teorizzano (l’hanno sempre teorizzato) la socialdemocrazia e il fascismo: lo “Stato Etico”, cioè la balla più grossa che si possa immaginare, fatta passare per verità!

E soprattutto: che non si tocchi questo modo di produzione! Va bene così e può continuare a esistere! È solo il modo di distribuzione che non funziona bene, perché opera del Maligno: bisogna migliorarlo!...

Insomma, l’ennesimo, disperato e impotente tentativo di rivitalizzare il cadavere sempre ambulante del welfare State, dello Stato assistenziale, nascondendosi dietro l’ignorante e presuntuosa prosopopea del “L’aveva detto Marx che lo Stato deve essere più presente!”. Marx non più red terror doctor, ma inerme e slavato teorico del riformismo come alternativa al fallimento del... neo-liberismo!

Un tempo si diceva “Una risata vi seppellirà”. Be’, costoro (gli “intellettuali d’avanguardia” & Co.) fanno davvero di tutto per farsi seppellire. E a seppellirli davvero ci penseranno i “senza cultura”, e noi comunisti faremo la parte che storicamente ci spetta.