Di fronte alle guerre del Capitale, i nodi vengono al pettine

Pubblicato: 2024-01-15 13:56:00

Lo scatenarsi nel febbraio 2022 dell'“operazione militare speciale” russa contro l'Ucraina ha riportato nel subcontinente europeo la guerra imperialista.

La crisi di sovrapproduzione di capitali, merci e (ahinoi!) proletari esalta la insanabile contraddizione tra le forze produttive e le forme in cui il modo di produzione capitalistico le organizza.

I nodi vengono al pettine e mentre la nostra classe, repressa e drogata da più di mezzo secolo di riformismo, nazionalismo, idealismo religioso o scientista, vestito e travestito da un sapiente cocktail di democrazia rappresentativa e fascismo, stenta ancora a reagire e riprendere nelle sue mani modi, metodi e poi obiettivi della lotta di classe, il nostro nemico storico, l'impersonale classe borghese, reagisce come può e sa fare: organizzata nelle sue variegate forme degli Stati nazionali, all'interno dei propri confini cerca di contrastare l'interrotto processo di valorizzazione del capitale con misure economiche che, al di là dell'esaltazione tecnico-scientifica della produttività, si riducono a una intensificazione dello sfruttamento e, in questa fase di putrescenza imperialista, alla esaltazione di tutto quel che sembra aumentare la massa dei profitti e la circolazione del denaro, mentre all'esterno intensifica la ricerca di nuovi mercati e la ripartizione dei vecchi.

Ma, mentre nell’ormai conclusasi fase di espansione economica il conflitto (che nei confronti delle aree di più recente sviluppo capitalista è sempre stato di più o meno violento dominio, come ha dimostrato la tragica epopea della decolonizzazione) si è potuto mantenere entro ragionevoli forme commerciali, diplomatiche, culturali, stabilite dai rapporti di forza conseguenti alla conclusione della “seconda guerra mondiale”, l'apertura del ciclo delle crisi ha rimesso tutto in discussione.

Le alleanze e le contrapposizioni imposte dai vincitori, mentre hanno contribuito a mantenere sotto minaccia militare tutte le sezioni della nostra classe, hanno cercato di mascherare e frenare l'inesorabile legge dello sviluppo disordinato e diseguale del capitalismo con paradossali risultati: le alleanze imposte dagli Stati Uniti d'America (NATO e SEATO) si sono rivelate strumenti di vassallaggio e controllo, la conclusione della cosiddetta guerra fredda tra le due principali potenze militari ha dimostrato la fragilità imperialista della Russia staliniana e post-staliniana (resa esplicita anche dalla polverizzazione del Patto di Varsavia e dal fallimento del COMECON, i cui Stati proprio nel corso della “guerra fredda” si sono rivelati aree di lenta e continua espansione degli Stati occidentali), come fu individuata dal nostro partito nell’analisi della sua natura economica e sociale in rapporto al corso del capitalismo nell'epoca dell'imperialismo, mentre la Repubblica Popolare Cinese si è completamente modernizzata e non si può più contenere nel suo, pur immenso, mercato interno...

Il conflitto, che mantiene ancora il carattere di guerra imperialista (conflitto diretto o indiretto, più o meno internazionalizzato, tra Stati per mantenere o espandere una zona di controllo di materie prime – e masse proletarie e proletarizzate – , di esportazione di merci e capitali), contiene le potenzialità di trasformazione in una guerra inter-imperialista vera e propria (conflitto generalizzato tra fronti imperialisti contrapposti per una generale ripartizione dell'intero mercato mondiale).

Tra potenza e atto vi è comunque spazio e differenza.

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In questo accelerarsi degli eventi, i nodi vengono al pettine anche nell'ambiente dei gruppi politici che vorrebbero rappresentare gli interessi del proletariato.

Mentre ogni sfumatura del riformismo borghese classico vivifica l'inganno dell'unità e dell'interesse nazionale, oscillando e intrecciandosi tra bellicismo dichiarato e pacifismo sempre più attivo ed operante, l'(in)volontario opportunismo immediatista rinfocola l'illusione attivista che, per risvegliare l'internazionalismo e l'opposizione del proletariato alle guerre del capitale, sia giunto il tempo degli inviti a incontri e convegni, da cui far emergere appelli a non meglio identificate “forze internazionaliste nel mondo”.

Per ora, il nostro partito di inviti ne ha ricevuti almeno tre: e li abbiamo tutti disertati, con stringate motivazioni politiche, che riassumono quanto ci ha insegnato, nel restauro operativo dell'organo rivoluzionario di classe, l'esperienza del partecipare alla vita della nostra classe, nel suo essere classe in sé.

Come abbiamo ricordato, la nostra classe è ancora succube del dominio borghese nell'unità della nazione. E, come fin troppo bene sintetizzò Marx (“la classe operaia è rivoluzionaria o non è nulla”), per l’appunto non è ancora niente. Compito delle donne e degli uomini più combattivi che ne fanno parte è unirsi in quell'organizzazione che nelle lotte e con le lotte riveli la classe a se stessa e la prepari a quel processo rivoluzionario che, dal niente che è oggi, la costringerà a essere tutto.

Il Partito comunista non si improvvisa e non improvvisa la propria tattica. Il Partito comunista lavora sempre con l'obiettivo (tra gli altri) di strappare il proletariato all’abbraccio mortale dell'unità nazionale.

L'escalation dei conflitti non ci coglie all'improvviso e ci obbliga alla pratica politica di perseguire e proseguire, con un impegno maggiore in ogni occasione, l'obiettivo di rompere la maledizione dell'interesse nazionale, dell'unità della Patria, dello Stato.

Contro le guerre del Capitale, guerre tra Stati e fronti di Stati, guerra della borghesia contro il proletariato e contro la natura, ci si prepara e si combatte ben prima del deflagrare dei conflitti, e i proclami, gli appelli altisonanti frutto di incontri che possono solo rivelarsi pateracchi politici, non sono altro che controproducente retorica libresca, se non si accompagnano alla pratica della preparazione rivoluzionaria di classe.

La via per combattere contro la guerra del Capitale comincia mentre ci si batte contro le pace del Capitale e nella mappa della lotta di classe le sue tappe son ben segnate, così come è noto il punto di arrivo: attraverso lo sviluppo del disfattismo proletario, trasformare la guerra tra gli Stati in guerra sociale e civile negli Stati e aprire il processo della rivoluzione comunista, della costituzione del proletariato in classe dominante.

Il Partito non ha dunque appelli da lanciare ad altre organizzazioni.

Il Partito chiama le avanguardie delle lotte proletarie a continuare, intensificare, estendere quelle lotte di difesa economica e sociale che comunque sono già in corso. Contribuisce a organizzarle sempre meglio, fuori o dentro le organizzazioni esistenti, ma sempre contro la loro direzione e attitudine di unità e comunanza di interesse con lo Stato.

Il Partito si rivolge ai proletari e a chi non sopporta più il disastroso, devastante dominio della borghesia, a chi sente con la mente e con il cuore la necessità di combattere con metodo e costanza la democratica dittatura del Capitale contro tutte le istituzioni, gli strumenti, i partiti e i sindacati di tutti gli Stati, uno più imperialista dell'altro.

Il Partito lavora tra le file della sua (della nostra) classe per sviluppare ogni possibilità pratica di:

  1. Organizzazione della lotta di difesa delle condizioni di vita e di lavoro, per colpire duramente gli interessi economici e politici della borghesia
  2. Rifiuto di accettare sacrifici economici e sociali in nome dell’“economia nazionale”
  3. Rottura aperta della pace sociale e ritorno deciso ai metodi e agli obiettivi della lotta di classe, unica reale e praticabile solidarietà internazionalista di noi proletari, tanto nelle metropoli quanto nelle periferie imperialiste
  4. Rifiuto di ogni complice partigianesimo (nazionalista, religioso, patriottico, mercenario, umanitario, socialisteggiante, pacifista...) a favore di uno qualsiasi degli Stati o fronti di Stati coinvolti nelle guerre
  5. Azioni di sciopero economico e sociale che portino a veri scioperi generali per paralizzare la vita nazionale e aprire la strada a scioperi politici, atti a rallentare e impedire ogni mobilitazione e propaganda bellica.

Solo sulla base di questi capisaldi pratici ci si potrà preparare a respingere la miseria, il dolore e il lutto che colpiscono la maggior parte della nostra classe. Essa è sacrificata sui fronti bellici e nelle retrovie in nome di “patrie” che sono solo associazioni a delinquere aventi la finalità di perpetuare lo sfruttamento capitalistico – uno sfruttamento che sull'arco di poco più di due secoli sta minando le condizioni di esistenza della nostra specie e della natura di cui siamo parte.

Solo riappropriandosi di questi capisaldi (e nel corso di battaglie che è e sarà costretta a combattere), la nostra classe, l'immensa schiera di chi per vivere non può fare altro che vendere la propria forza lavoro, potrà riconquistare un'autonomia di lotta nei confronti del suo nemico storico, la borghesia, e la moltitudine delle mezze classi intellettualoidi e parassite che la sostengono, contro il loro Stato e le loro istituzioni.

Ma solo se le avanguardie di lotta della nostra classe e gli eventuali “traditori delle classi dominanti” si organizzeranno su questi contenuti (e non soltanto sui pur necessari ma limitati terreni sindacale, ambientale, sociale, ecc.) e raggiungeranno e rafforzeranno il partito della rivoluzione comunista ci si potrà preparare ad azioni di aperto antimilitarismo e disfattismo antipatriottico: lasciare cioè che il proprio Stato e i suoi alleati siano sconfitti, disobbedire in maniera organizzata alle gerarchie militari, disertare e fraternizzare con i nostri fratelli di classe (essi pure intrappolati nelle proprie “patrie”), tenere ben strette le armi e i sistemi d'arma per difendersi prima e liberarsi poi dai tentacoli delle istituzioni borghesi.

Il Partito è aperto alla lotta sempre e da sempre, come da sempre e per sempre è chiuso alla vana ciancia degli analisti dell'ultimo evento, dei seguaci dell'ultima moda sociologica, degli insofferenti alla disciplina necessaria del lavoro collettivo e anonimo per la preparazione rivoluzionaria, degli inseguitori del facile successo. E dei creativi autori di “inviti” e “appelli”.

                                                                                                                                 Gennaio 2023