Seduta della Piccola Commissione Italiana con la delegazione comunista (3 dicembre 1922) (in APC 1922, 69/70-78)

Pubblicato: 2021-11-30 20:05:08

Zinoviev. Noi vogliamo avere una risposta precisa alla nostra risoluzione. Ai massimalisti noi abbiamo proposto qualche modifica. Non è vero che non si voglia escludere Vella: la nostra formula dà mandato ai socialisti di espellere chiunque si ponga sul terreno di Vella. Serrati e Maffi resteranno qui mentre gli altri socialisti si recheranno in Italia per avere l’approvazione del loro operato. Essi voteranno qui quello che noi abbiamo proposto, riservandosi di ottenere l’approvazione della loro direzione. Siamo pronti a formare una commissione di 7 anziché di 5 e in essa dare due posti alla maggioranza comunista. Siamo pronti a seguire questo criterio anche nelle commissioni locali. Noi credevamo che queste modifiche sarebbero state accolte dalla delegazione italiana. Invece abbiamo ricevuto due dichiarazioni di guerra. O voi ci date una dichiarazione sufficiente, o noi al congresso ci porremo contro di voi e prenderemo tutte le misure organizzative per assicurare la fusione. Vi chiediamo una risposta precisa e soddisfacente.

 

Bordiga [dal testo francese, APC 69/72-78]. Devo dichiarare che il nostro atteggiamento non può essere interpretato in alcun modo né come una dichiarazione di guerra, né nel senso che il Partito se ne infischi dell’Internazionale.

Questi giudizi sono talmente gravi, che mi limito a dichiarare che non hanno alcun fondamento, senza fare a mia volta degli apprezzamenti a loro proposito.

Dove vedete che le nostre due risoluzioni dicono che saboteremo la fusione?

C’è una risoluzione presa dalla maggioranza della delegazione italiana dopo che io sono stato chiamato dalla piccola commissione. In essa, la maggioranza dice che conferma la sua decisione di non prendere la parola dalla tribuna del Congresso, che conferma la sua intenzione di mantenere la disciplina, che conferma la sottomissione del Partito Comunista alle decisioni del IV Congresso nel loro insieme, pur sottolineando la mancanza di chiarezza sulla questione della stampa e l’attenuazione dell’impegno di espellere Vella.

Zinoviev ha detto: Abbiamo fatto una certa modifica. In realtà si tratta di un’attenuazione. Personalmente, io non mi ero molto soffermato su questa questione, perché ritengo che Vella non ne valga in generale la pena. Ma i compagni mi hanno fatto osservare che questa formula era un’attenuazione. Ora se il comp. Zinoviev la spiega in un senso diverso, noi siamo pronti a rinunciare a quella espressione. Ma se la formula dice: Si espelleranno tutti coloro che sono sulla piattaforma del discorso di Vella a Roma, si può concluderne che da parte sua Vella abbia rinunciato a fare delle riserve sulle 21 condizioni e che entrerà nell’Internazionale. Comunque, dopo la spiegazione del comp. Zinoviev che l’esclusione di Vella è certa, la maggioranza può rinunciare a questa considerazione.

Che cosa c’è nella conclusione della nostra risoluzione?

Noi diciamo che ci limiteremo a fare una brevissima dichiarazione e ci asterremo dal voto.

Ieri, nel colloquio che il comp. Zinoviev ha avuto con Gennari, ha detto che questa dichiarazione sarà forse una delle prime forme con cui cominceremo a sabotare la fusione.

Propongo di redigere qui questa dichiarazione. In essa diremo semplicemente che abbiamo parlato di fronte alla Commissione, che non parleremo di fronte al Congresso, e ripeteremo ancora una volta l’impegno alla disciplina.

Poi abbiamo presentato due risoluzioni. Una ufficiosa, cioè una risoluzione che sarà accettata se ci si mette d’accordo con la Piccola Commissione, e in cui si dice quanto segue: Chiediamo che alla Commissione di fusione si accettino i compagni Gramsci e Scoccimarro e si autorizzi la convocazione del Congresso.

Zinoviev ci chiede un impegno non verbale ma formale di non sabotare la fusione.

Perché si dice che saboteremo la fusione?

Perché ci asterremo dal voto. La dichiarazione di guerra all’Internazionale consiste nell’astenersi dal voto al Congresso?

 

Zinoviev. Ma sì.

 

Lo apprendo con stupore. I Congressi si fanno per permettere ad ogni delegazione di agire secondo la sua coscienza. Ora, se una delegazione si astiene su questa o quella questione, dopo aver dichiarato che, dal momento in cui la maggioranza del Congresso avrà votato quella risoluzione, per il Partito essa diverrà indiscutibile, non credo che questa sia una dichiarazione di guerra all’Internazionale. È semplicemente compiere il proprio dovere di militanti dell’Internazionale esprimendo la propria opinione secondo coscienza.

Ma io voglio parlare con maggior franchezza. L’Internazionale, sembra, diffida di noi. Ci si dice che la nostra dichiarazione è l’inizio di un’azione che condurremo in Italia per sabotare la fusione.

Ora, noi abbiamo ricevuto una lettera dei compagni del Partito Comunista russo che ci faceva capire che, per metterci d’accordo ed evitare che il dibattito nel Plenum sia diretto contro di noi anziché contro Serrati, ci si chiede di non votare per la risoluzione, ma semplicemente che gli oratori della nostra maggioranza non si ostinino a parlare contro la fusione. Non ci si dice, non ci si consiglia, anche di votare per la risoluzione che verrà proposta.

Noi ne abbiamo concluso che, se l’Internazionale ha fatto certi passi per venirci incontro, anche noi ne abbiamo fatto uno grandissimo, cioè rinunciamo a portare le nostre opinioni – di cui siamo del tutto convinti – davanti al Plenum del Congresso e ci limiteremo a fare una dichiarazione che propongo di redigere in questi termini: (legge)

 

La maggioranza della delegazione italiana, avendo esposto le sue idee nei dibattiti della Commissione, non prenderà la parola di fronte al Plenum del Congresso. Essa dichiara che il Partito Comunista d’Italia accetterà ed eseguirà senza discussione le decisioni del Congresso”.

 

Senza dichiarare in anticipo, all’inizio dei dibattiti, che ci asterremo dal voto. Ci asterremo mentre si voterà.

D’altra parte, ci si dice: La maggioranza chiede che i comp. Gramsci e Scoccimarro siano accettati nella commissione di fusione. Non c’è il comp. Bordiga, non c’è un compagno dell’Esecutivo. Ecco la prova che ci si prepara a sabotare la fusione!

Ora, io sono pronto a redigere una dichiarazione la più estesa possibile in cui mi impegno a non dire e fare nulla in quel senso. Sono pronto ad assumermi la responsabilità di firmare questa dichiarazione a nome di tutti i compagni dell’Esecutivo italiano. Non parleremo nel Congresso italiano. Faremo un rapporto scritto, d’ordine amministrativo, su quanto è avvenuto, che potrà essere controllato dai compagni della minoranza ed anche qui. Non parleremo né nel Comitato Centrale né in qualunque organo del Partito contro l’applicazione delle risoluzioni dell’Internazionale. Non inizieremo nessuna azione di tendenza, né pubblica né segreta, nessun atto – a meno che l’Internazionale non lo proponga; non faremo nulla che non sia ratificato dall’Internazionale, anche se si tratta di scrivere un semplice articolo nella stampa.

Ma io ho il dovere di dire qui, francamente, nettamente, che, dal momento in cui abbiamo rinunciato a condurre l’ultima battaglia contro quello che consideriamo un pericolo, un errore politico, abbiamo anche rinunciato ad un diritto che era forse nello stesso tempo un dovere: quello di parlare nel Plenum del Congresso.

Quando abbiamo compreso che l’Internazionale vuole la fusione, abbiamo compreso che un fatto si è compiuto, che bisogna cessare ogni sorta di opposizione positiva contro la fusione, anche prima che il Congresso decida. Ma abbiamo anche compreso che i compagni i quali hanno guidato l’azione del Partito Comunista in Italia finora, in un certo modo, non potevano essere incaricati di dirigere essi stessi la fusione.

Compagno Zinoviev, io vedo che applicate un metodo di politica, di organizzazione, che rispetto ed approvo, il metodo di diffidare di tutti. Avete un po’ ragione. In Italia, ci sono stati degli esempi in appoggio; si può pensare che si tratti di un particolare carattere nazionale.

Voi dite: Abbiamo fiducia solo in chi vota come noi, in chi ci dà ragione, e consideriamo avversari tutti coloro che votano contro e tutti coloro che hanno un’altra opinione.

È un metodo. Lo rispetto. Non mi permetto di criticarlo, né dal punto di vista politico, né da quello morale.

Ma esiste un metodo migliore: quello di conoscere la propria organizzazione, di sapere di chi ci si può fidare.

Nel nostro lavoro, noi, dirigenti della Sezione italiana dell’Internazionale, siamo costretti ad applicare questo altro metodo un po’ a tutti i compagni che collaborano con noi. Crediamo di aver ottenuto dei buoni risultati. Di fronte all’Internazionale, non possiamo pretendere ad una fiducia che non esiste.

Sarebbe forse buona cosa che l’Internazionale diffidi maggiormente di certi elementi che voteranno a mano alzata, che accetteranno tutto e che avranno cambiato idea, qui, davanti all’Internazionale.

L’Internazionale deve prendere atto che la nostra opposizione resta sul terreno della più completa lealtà. Se volessi sabotare la fusione, io accetterei di entrare a far parte della Commissione, noi accetteremmo tutti i posti che potremmo carpire, e da questi posti saboteremmo la fusione.

È proprio perché non vogliamo trovarci in situazioni in cui ci ribellassimo a quello che sarà in quel momento il nostro dovere, e forse contro la nostra volontà sabotassimo la fusione, è proprio per questo che diciamo: Non chiedeteci di collaborare in modo positivo a quel lavoro.

Forse domani, forse fra 15 giorni, forse fra un mese, fra sei mesi, l’Internazionale potrà disporre della nostra attività. Sono pronto a fare una dichiarazione in cui dirò che considero il più vergognoso tradimento quello di fare il più semplice atto suscettibile di rendere più difficile il lavoro dell’Internazionale per la fusione. Credo che sia questo un atteggiamento del tutto leale. Penso che in tutta questa linea di condotta noi non faremo che esercitare i nostri diritti, o, perfino, rinunciare ai nostri diritti. Lo ripeto: non v’è in questo nessun atto di indisciplina sleale verso l’Internazionale.

Noi chiediamo alla piccola commissione, poiché siamo in una cerchia affatto intima, di comprendere la situazione, di non chiederci l’impossibile. Non si possono creare delle situazioni assurde che renderanno ancora più difficile lo sviluppo della politica italiana.

Siate sicuri che è impossibile presentare l’ipotesi di una guerra fra la maggioranza del Partito italiano e l’Internazionale e accettate l’accordo così come ve lo proponiamo.

Noi ci asterremo dal voto. È un dovere verso la nostra coscienza, verso il nostro partito.

 

Scoccimarro: Verso lo stesso Congresso.

 

Verso lo stesso Congresso. È un dovere di sincerità.

Nello stesso tempo, dichiareremo che non vi sarà da parte nostra nessun atto che possa essere in alcun modo interpretato come un sabotaggio. Questa dichiarazione potrà essere redatta poi.

D’altro lato chiediamo che si accettino i compagni da noi proposti per la Commissione di fusione.

Un punto della risoluzione dell’Esecutivo dice che si possono cambiare i compagni. Si potrebbe pensare che si vogliano mettere dei compagni più responsabili.

Noi conosciamo questi due compagni, e non soltanto noi, ma tutto il Partito li conosce. Sono dei compagni responsabili non meno di qualunque altro compagno del Partito. Hanno tutta la fiducia non solo della maggioranza della delegazione, ma anche di non importa quale compagno del Partito, anche quella dei compagni della minoranza. È assolutamente impossibile vedere in ciò un passo sleale; non v’è che uno sforzo per andare il più possibile nella linea dell’Internazionale. Si cerchi di capirlo e si accettino le nostre proposte.

Non parleremo nel Plenum del Congresso. Ci limiteremo ad astenerci dal voto. Non si può pretendere che agiamo in altro modo. I due compagni che entreranno nella Commissione sono la garanzia che il Partito non saboterà la fusione. Noi dichiareremo pure che il Comitato Esecutivo non farà la minima opposizione, né nella politica, né nell’organizzazione, alle disposizioni dell’Internazionale.

Ecco le basi dell’intesa possibile che noi proponiamo.

La Commissione non ha che da esaminare questa soluzione e vedere se può accettarla o no. Da parte mia, penso che sarebbe una cosa estremamente sgradevole che ci si volesse forzare ad agire altrimenti che secondo le basi d’intesa che abbiamo tracciato, dopo la discussione che abbiamo avuto e che non era guidata che dall’interesse del movimento comunista e della stessa Internazionale.

 

[Zinoviev (di qui innanzi dal riassunto a verbale). Noi abbiamo detto ai socialisti che Vella non si può accettare neanche se sconfessasse il suo discorso. Chiunque ha il diritto di votare contro o a favore, o di astenersi. Ma tutto dipende dalle condizioni in cui si vota. Nella situazione attuale l’astensione vuol dire guerra all’Internazionale. Non è una questione formale ma di sostanza. Voi dovete dire che credete nociva la fusione, ma dacchè l’Internazionale ha deciso altrimenti voi votate favorevolmente. L’inattività che propone Bordiga non è sufficiente. Il suo stesso silenzio parla contro la fusione.

 

Tasca. Il P.C.I. dà all’Internazionale solo delle garanzie negative, ma l’Internazionale ha bisogno di garanzie positive. Solo la collaborazione della maggioranza al lavoro della fusione può garantire che questa avverrà nel modo migliore. Ogni collaborazione della maggioranza rafforza la posizione dell’Internazionale in Italia. Noi non abbiamo nessuna osservazione da fare sul fatto che alla maggioranza siano stati dati due posti. L’astensione dal voto della maggioranza può essere interpretata in Italia solo come opposizione alla fusione. L’astensione ci pone in condizioni di inferiorità di fronte ai socialisti. Secondo noi, Vella deve essere escluso, l’Avanti! deve essere in mano ai comunisti. Bordiga, nella commissione o no, deve essere utilizzato il più possibile per i lavori della fusione.

 

Zetkin. Bordiga propone l’inattività, la diserzione dall’Internazionale. Occorre sbarazzare la fusione da ogni ostacolo: l’astensione è un ostacolo. Di più, l’attitudine dei compagni italiani nuocerebbe alla situazione del Partito francese.

 

Riunione della sola maggioranza della delegazione

 

Bordiga. L’Internazionale ha varie pretese: noi potremmo mollare su qualche punto contro dei corrispettivi. Se non ci concedono niente noi prenderemo ampia libertà; se cedono, faremo un’ampia dichiarazione in cui diremo di votare a favore della risoluzione proposta essendo di fatto già deliberata la fusione. Faremo un ultimo tentativo per la convocazione del Congresso. I nomi per la commissione dovranno essere quelli da noi proposti.

 

Ha poi luogo una riunione fra Zinoviev, Zetkin, Gennari, Gramsci e Bordiga. Dopo viene chiamata la maggioranza perché deliberi se Bordiga deve o no accettare di far parte della commissione. La maggioranza delibera di invitare la piccola commissione a non insistere sul nome di Bordiga. La piccola commissione accetta. Nella riunione della grande commissione, presenti i socialisti e i comunisti, Zinoviev comunica il testo concordato dalla risoluzione. Qualche membro della commissione propone qualche variante, che non è accolta. Infine la risoluzione è approvata alla unanimità.]