Risoluzione sulla Questione italiana adottata dal IV Congresso dell’IC1 (Protokoll des 4. Kongresses der Kommunistischen Internationale, cit., pag. 998-1001)

Pubblicato: 2021-11-30 17:50:55

Il testo della “Risoluzione” fu portato a conoscenza del Partito solo dopo molti mesi (Lo Stato Operaio, n. 7, 13 marzo 1924). Di questo documento esistono almeno tre diverse versioni: quella riportata nel Protokoll; quella dell’edizione francese del Congresso (IVème congrès communiste mondial. Résolution, Paris, Librairie de l’Humanité); quella dello Stato Operaio. Esse differiscono tutte, per alcuni non trascurabili punti. Essendo la traduzione dello Stato Operaio (che qui abbiamo adottato) qua e là imprecisa, e talora incompleta, ne è stata verificata l’esattezza sull’originale tedesco del Protokoll.

Il II e il III Congresso mondiale dell’IC si sono già occupati dettagliatamente della questione italiana. Il IV Congresso è dunque in grado di stabilire un criterio definitivo.

Verso la fine della guerra imperialista mondiale la situazione in Italia era oggettivamente rivoluzionaria. La borghesia era in uno stato di rilassamento. L’apparecchio dello Stato borghese barcollava, la classe regnante non si sentiva sicura. Tutta la massa operaia era esasperata contro la guerra e in diverse regioni si trovava già in piena rivolta. Frazioni considerevoli della classe contadina cominciavano ad insorgere contro i proprietari fondiari e contro lo Stato, ed erano disposti a sostenere la classe operaia nella sua lotta rivoluzionaria. I soldati erano contro la guerra e si tenevano pronti a fraternizzare con gli operai.

Le condizioni oggettive di una rivoluzione vittoriosa si erano dunque create. Non mancava che il principale fattore soggettivo: un Partito Operaio deciso, pronto alla lotta, cosciente della sua forza, rivoluzionario; in una parola, un vero Partito Comunista che prendesse la direzione delle masse

In maniera generale, alla fine della guerra, una analoga situazione si era constatata in quasi tutti i paesi belligeranti.

Se la classe operaia non ha trionfato nel 1919-20 nei paesi di importanza predominante, la causa risiede nell’assenza di un partito operaio rivoluzionario. È soprattutto in Italia, paese che era il più vicino alla rivoluzione, e che si trova attualmente nel più profondo abisso della controrivoluzione, che il fatto si manifestò in forma impressionante.

La occupazione delle fabbriche da parte degli operai italiani nell’autunno 1920 ha segnato un momento decisivo nello sviluppo della lotta di classe in Italia. Istintivamente gli operai italiani premevano verso la soluzione della crisi in senso rivoluzionario. Ma l’assenza di un partito operaio rivoluzionario decise la sorte della classe operaia, ne consacrò la disfatta in quel preciso momento, e preparò il trionfo attuale del fascismo. Mancando di una direttiva rivoluzionaria, la classe operaia non ha avuto sufficiente decisione, nel punto culminante del suo movimento, per impadronirsi del potere. Ecco perché dopo un certo tempo il nemico mortale della classe operaia, la borghesia, impersonata dal fascismo – che ne rappresenta la frazione più energica – fece mordere la polvere alla classe operaia e stabilì la dittatura bianca. L’esempio italiano assurge alla più alta importanza.

In nessun luogo la prova della grande funzione storica di un Partito Comunista per la Rivoluzione mondiale è stata fornita in maniera così chiara come in questo paese, ove precisamente per mancanza di un tale partito il corso degli avvenimenti ha preso un indirizzo favorevole alla borghesia.

Non è che non esistesse affatto in Italia, durante questi anni decisivi, un partito operaio. Il vecchio Partito Socialista era considerevole per il numero dei suoi aderenti e godeva, esteriormente almeno, una grande influenza. Ma esso manteneva nel suo seno gli elementi riformisti, che lo paralizzavano ad ogni passo rivoluzionario. Malgrado la prima scissione, avvenuta nel 1912 (esclusione dell’estrema destra) e la seconda nel 1914 (esclusione dei massoni) restava ancora nel P.S.I., nel 1919-20, un gran numero di riformisti e di centristi. In tutte le situazioni determinanti i riformisti e i centristi erano come una palla di piombo legata ai piedi del partito.

In nessun luogo era tanto chiaro come in Italia che i riformisti erano dei veri e pericolosi agenti della borghesia nel campo della classe operaia e a vantaggio della borghesia stessa. Tradimenti analoghi a quelli che furono commessi dai riformisti durante l’occupazione delle fabbriche nel 1920 non si rintracciano con frequenza nella stessa storia del riformismo, che pertanto non è che una catena ininterrotta di tradimenti. I veri precursori e pionieri del fascismo sono incontestabilmente i riformisti.

 

Le sofferenze infinite della classe operaia devono essere attribuite in primo luogo al tradimento dei riformisti. Se la classe operaia italiana è costretta in questo momento a riprendere, in certa misura, dall’inizio tutto il suo lavoro rivoluzionario; se le resta ancora un cammino infinitamente duro da percorrere, ciò dipende dal fatto che i riformisti sono stati troppo a lungo tollerati nel Partito italiano.

All’inizio del 1921 si produsse la rottura della maggioranza del Partito Socialista con l’I.C.

A Livorno il centro preferì separarsi dall’IC e dai 58.000 comunisti italiani, semplicemente per non romperla con 16 mila riformisti.

Due partiti si costituirono: da un lato il giovane PCdI, che, risoluto e indomito, intraprese la lotta contro la borghesia e le sue avanguardie, ma che malgrado il suo coraggio e la sua devozione non era sufficientemente forte per condurre la classe operaia alla vittoria.

Dall’altro lato il vecchio PSI nel quale, dopo Livorno, l’influenza corruttrice dei riformisti divenne ancora più grande. La classe operaia restava divisa e senza risorse.

Con l’aiuto dei riformisti la borghesia si assicurò la vittoria. Allora incominciò l’offensiva del capitale sul terreno economico e politico.

Sono stati necessari quasi due interi anni di sinistri ed ininterrotti tradimenti da parte dei riformisti perché gli stessi capi del centro, sotto la pressione delle masse, vedessero il loro errore fatale e si proclamassero pronti a tirarne le necessarie conseguenze.

Non è che al congresso di Roma nel 1922 che i riformisti furono esclusi dal PSI. Si era giunti a tal punto che i capi più noti dei riformisti potevano vantarsi apertamente di essere riusciti a sabotare la Rivoluzione restando nel P.S.I. costringendolo all’inazione in tutte le più decisive occasioni.

I riformisti hanno abbandonato alfine le file del P.S.I. e sono passati apertamente nel campo della controrivoluzione. Essi hanno lasciato tuttavia tra le masse un senso di debolezza, di umiliazione e di rinuncia ed hanno indebolito al più alto grado, sia numericamente che politicamente, il P.S.I.

Questi tristi ma edificantissimi insegnamenti delle vicende d’Italia devono servire d’esempio agli operai coscienti del mondo intero:

1) i riformisti, ecco il nemico! 2) le esitazioni e oscillazioni dei centristi costituiscono un pericolo mortale per un partito operaio. 3) la prima condizione della vittoriosa battaglia del proletariato è l’esistenza di un Partito Comunista compatto e cosciente.

Ecco le conclusioni della tragedia italiana.

In considerazione del deliberato del Congresso del P.S.I. tenutosi a Roma (ottobre 1922) che esclude i riformisti dal Partito e si dichiara pronto ad aderire senza riserve all’Internazionale Comunista, il IV Congresso mondiale dell’I.C. decide:

1) La situazione generale in Italia, soprattutto dopo la vittoria della reazione fascista, esige imperiosamente la più pronta unione di tutte le forze rivoluzionarie del proletariato. Gli operai italiani riprenderanno coraggio vedendo, dopo le disfatte e le scissioni, cominciare un nuovo concentramento di tutte le forze rivoluzionarie.

2) L’I.C. indirizza al proletariato italiano, così gravemente provato, i suoi fraterni saluti. Essa è perfettamente convinta della sincerità degli elementi proletari militanti nel P.S.I. e decide di accettare questo partito nell’I.C.

3) L’applicazione delle 21 condizioni è considerata dal IV Congresso mondiale come un normale procedimento. Incarica dunque il CE. della I.C., tenendo conto dei precedenti italiani, di vegliare con cura particolare alla applicazione di queste condizioni, con tutte le conseguenze che ne derivano.

4) Dopo aver presa conoscenza del discorso tenuto dal deputato Vella al Congresso di Roma del Partito, il IV Congresso stima che Vella e quanti con lui solidarizzano, si mantengano al di fuori del futuro Partito Comunista Unificato d’Italia. Il IV Congresso invita la Direzione del P.S.I. a escludere dal partito tutti coloro che fanno delle riserve sulle 21 condizioni.

5) Atteso che in virtù dello Statuto dell’I.C. non può esistere in ciascun paese che una Sezione dell’I.C., il IV Congresso mondiale decide la fusione immediata del P.C.I. e del P.S.I. Il Partito Unificato assumerà il nome di “Partito Comunista Unificato d’Italia (Sezione della I.C.)”.

6) Per la realizzazione pratica di questa fusione, il IV Congresso designa uno speciale Comitato di organizzazione composto di tre membri di ciascun partito e che funzionerà sotto la presidenza di un membro dell’Esecutivo. Sono stati nominati in questo Comitato di organizzazione: per il Partito comunista: i compagni Tasca, Gramsci e Scoccimarro, per il Partito socialista: i compagni Serrati, Maffi e Tonetti, per l’Esecutivo: il compagno Zinoviev, con facoltà, da parte dell’Esecutivo, di sostituirlo in caso di necessità con un altro membro dell’Esecutivo.

Questo Comitato deve elaborare in modo dettagliato fin da ora, a Mosca, le condizioni e dirigere la realizzazione della fusione in Italia1. L’Esecutivo dell’IC deciderà in ultima istanza di tutte le controversie di questa Commissione.

I Comitati centrali dei due partiti gestiranno gli affari correnti dei loro partiti fino al Congresso di fusione, ma resteranno subordinati al Comitato di organizzazione in tutto il loro lavoro politico come in tutti i preparativi della fusione.

7) Nelle diverse industrie e nelle grandi città Comitati di organizzazione analoghi saranno parimenti costituiti da due membri del PCI e da due del PSI. Il presidente è nominato dal rappresentante dell’Esecutivo.

8) Questi Comitati di organizzazione hanno il compito non solo di preparare, al centro e nella periferia, la fusione organica, ma altresì di dirigere fin d’ora le azioni politiche comuni delle due organizzazioni.

9) Inoltre un Comitato Sindacale comune verrà immediatamente costituito e avrà per scopo di denunziare nella C.G.d.L. il tradimento degli uomini di Amsterdam, e di conquistare la maggioranza degli operai organizzati per l’Internazionale dei Sindacati rossi. Questo Comitato sarà egualmente costituito da due rappresentanti di ciascun partito sotto la presidenza di un compagno designato dal CE dell’I.C. e dal Comitato di organizzazione. Il Comitato Sindacale lavora secondo le direttive e sotto il controllo del Comitato d’organizzazione.

10) Nelle città ove esiste un giornale comunista e un giornale socialista, essi dovranno fondersi al più tardi entro il 1 gennaio 1923. La redazione dell’organo centrale per l’anno prossimo sarà designata dal CE dell’I.C..

11) Il Congresso di fusione dovrà aver luogo al più tardi nella prima metà di marzo 1923 [nel verbale francese: “entro il 15 febbraio 1923”]. L’Esecutivo deciderà se, quando e in quali condizioni si rendano necessari congressi dei due Partiti a scopo informativo e di preparazione prima del Congresso di fusione.

12) Il Congresso decide di lanciare un manifesto sulla questione della fusione che dovrà essere immediatamente pubblicato con le firme del Presidium e delle delegazioni dei due Partiti al IV congresso.

13) Il Congresso ricorda a tutti i compagni italiani la necessità della più stretta disciplina. Tutti i compagni, senza eccezioni, sono tenuti a fare del loro meglio perché la fusione si operi senza ostacoli e al più presto. Ogni infrazione della disciplina sarà, nella situazione attuale, un delitto verso il proletariato italiano e l’I.C.

 

[Un quattordicesimo punto, eliminato dai testi ufficiali per ragioni di sicurezza, riguardava il lavoro clandestino: “In Italia, nella situazione attuale, il lavoro clandestino è diventato una assoluta necessità. I compagni del Partito socialista italiano, che fino a questo momento hanno trascurato questo settore di lavoro, devono ora correre ai ripari. Sarebbe molto pericoloso farsi delle illusioni sul fascismo e su una sua eventuale evoluzione. Bisogna fare i conti con la possibilità che in Italia l’attività del movimento operaio rivoluzionario debba svolgersi per un certo periodo nella illegalità. Non è lontano il momento in cui saranno messe alla prova tutte le organizzazioni operaie rivoluzionarie e tutti i rivoluzionari. Il congresso affida alla commissione centrale dei cinque il compito speciale di stabilire un piano dettagliato di lavoro clandestino e di fare tutto il possibile per realizzarlo”].

 

Nel numero citato di Stato Operaio era riportato quanto segue:

(Nella seduta plenaria in cui fu approvata la Risoluzione sulla questione italiana2, i rappresentanti della maggioranza e della minoranza della Delegazione del PCI si limitarono alla lettura delle seguenti dichiarazioni).

 

Dichiarazione della maggioranza della Delegazione comunista italiana

La maggioranza della delegazione italiana ha esposto le sue opinioni sulla fusione tra il PCI e il PSI davanti alla Piccola e alla Grande Commissione Italiana.

La maggioranza del PCI ha considerato tutto il problema della situazione italiana e dei rapporti con il PSI seguendo la linea che, partendo dalla costituzione del PCI a Livorno, prospettava la conquista delle masse italiane all’IC e all’inquadramento rivoluzionario come l’adesione progressiva al PCI degli operai usciti dalle organizzazioni degli altri partiti; e questa linea sboccava logicamente ad escludere tutte le fusioni, anche dopo il Congresso Socialista di Roma.

L’IC si è prospettata questo problema in un modo diverso, e dopo la risoluzione della Commissione nella quale tutte le Delegazioni sono unanimi, è del tutto evidente che il IV Congresso è per la fusione.

La maggioranza della Delegazione Italiana, dopo la discussione d’ordine generale, ha partecipato alla discussione sulle garanzie pratiche per l’unificazione, ed ha fatto delle proposte che essa non esporrà qui dopo che la risoluzione della Commissione è stata elaborata e stabilita.

Considerando che, nella situazione attuale, giacchè la posizione della IC è nettamente determinata, il voto non ha il valore di una manifestazione teorica di opinione – la quale è stata fatta largamente – ma si presenta come un atto politico dal quale si giudicherà la lealtà con la quale il PCI eseguirà le risoluzione dell’Internazionale;

avendo affermato e prendendo l’impegno solenne che tutto il Partito svilupperà la sua azione e la sua politica sulle direttive tracciate dal IV Congresso senza discussioni e senza esitazioni;

volendo dare una prova attiva della sua disciplina, e in questo preciso senso;

la maggioranza della Delegazione Italiana, limitando a questa dichiarazione il suo intervento nella discussione, voterà la risoluzione proposta dalla Commissione, e dichiara che essa farà tutto per l’esecuzione di questa risoluzione.

 

Dichiarazione della minoranza della Delegazione comunista italiana

Benché la fusione presenti naturalmente dei pericoli e delle difficoltà, contro le quali anche la minoranza ha richiesto le garanzie necessarie, la minoranza stessa vota con tutta convinzione la risoluzione proposta.

Essa è sicura che alla disciplina fuori discussione dei compagni della maggioranza della Delegazione Italiana corrisponderà una accettazione calorosa e convinta da parte delle masse operaie, che vedranno nella fusione una delle condizioni necessarie per la ripresa del loro movimento.

 

1 Le ultime due frasi sono omesse nella versione riportata da Lo Stato Operaio. Nell’edizione francese del Congresso (IVème congrès communiste mondial. Résolution, Paris, Librairie de l’Humanité) utilizzata da Humbert-Droz (Il contrasto tra l’Internazionale e il P.C.I., Feltrinelli 1969, pag. 33-34, la prima parte del punto 6 è riportato in modo ancora diverso: “Per la realizzazione pratica di questa fusione, il IV Congresso nomina uno speciale comitato di organizzazione composto da due membri di ciascun partito, comitato che funzionerà sotto la presidenza di un membro dell’Esecutivo. Sono eletti a far parte di questo comitato di organizzazione: per il partito comunista, i compagni Bordiga e Tasca; per il partito socialista, Serrati e Maffi; per l’Esecutivo Zinoviev”.

2 Nella 30 seduta, del 4 dicembre.