Cent’anni fa, la fondazione della Terza Internazionale (Mosca 2-6 marzo 1919)

Pubblicato: 2019-05-09 08:28:44

A cento anni dalla fondazione dell’Internazionale Comunista (IC), ricordiamo ancora questo evento straordinario, ripubblicando qui sotto la “Piattaforma” approvata dal I Congresso il 4 marzo 1919. L’Internazionale Comunista o Terza Internazionale sorse per iniziativa dei bolscevichi dopo la dissoluzione della Seconda Internazionale, causata dall'appoggio concesso ai rispettivi governi dalla quasi totalità dei partiti socialisti (quello italiano adottò italiano l’ambigua formula “né aderire né sabotare”), allo scoppio della Prima guerra mondiale. Il I Congresso si tenne a Mosca dal 2 al 6 marzo 1919 con lo scopo di sostenere la formazione dei Partiti comunisti in tutto il mondo e diffondere la rivoluzione proletaria a livello internazionale. La Piattaforma, che ripubblichiamo qui di seguito, riaffermava i principi della presa rivoluzionaria del potere, della distruzione dell’apparato statale borghese e della sua sostituzione con un potente apparato statale prole­tario, centralizzato, avviando il processo di graduale trapasso dal modo di produzione capitalistico a quello socialista. Il successivo “Manifesto ai proletari del mondo intero” (approvato il 6 marzo), riallacciandosi a un secolo di lotte proletarie, termina con il grido di guerra: “Il compito del Partito comunista internazionale è di abbattere quest’ordine di cose e di costruire al suo posto il regime socialista [...]. Sotto la bandiera dei Soviet operai, della lotta rivoluzionaria per il potere e la dittatura del proletariato, sotto la bandiera della III Internazionale, proletari di tutti i paesi, unitevi!».

Il II Congresso dell’IC si terrà a Pietrogrado e a Mosca, dal 19 luglio al 7 agosto 1920. Per importanza storica, è una sorta di “Manifesto generale del Comunismo”, nel quale sono tracciati il programma e le basi dell'organizzazione del Partito della Rivoluzione mondiale. Il quadro della situazione economica e so­ciale e della lotta di classe era allora, nel mondo, ancora denso di potenzialità rivoluzionarie: il 1920 si era aperto, infatti, sotto il segno di una grandiosa vittoria, quella contro tutti gli imperialismi e i nemici interni ed esterni che avevano cercato di strangolare la Repubblica dei Soviet. L'assemblea approvò lo Statuto dell'Internazionale e le Condizioni di ammissione all’IC, i “21 punti” finalizzati alla nascita in Occidente di partiti comunisti fondati sulla disciplina, sulla centralizzazione e sull’organizzazione delle masse operaie, dei contadini poveri, dei sindacati operai e dell'esercito proletario. In particolare, l'articolo 7 prevedeva l'obbligo di rompere completamente con il riformismo e l’opportunismo, il punto 17 subordinava l’adesione all'I.C. dei partiti staccatisi dalla vecchia socialdemocrazia al cambio del nome in "Partito comunista" del proprio paese, con l'aggiunta della dicitura "Sezione della III Internazionale", e l'articolo 21, espressamente voluto dalla Sinistra comunista operante in Italia e presente al Congresso, prevedeva l'espulsione dal partito dei membri che non accettassero in toto le tesi dell'Internazionale. In questo Congresso importantissimo, il punto più alto raggiunto dall’I.C. prima del suo crollo in mano allo stalinismo nascente, furono poi discusse e approvate tesi sul parlamentarismo, sul movimento sindacale, sulla questione nazionale e coloniale, e fu lanciato l’“Appello al proletariato delle due Americhe”.

Il III Congresso si svolse a Mosca dal 22 giugno al 12 luglio 1921, in una fase in cui i rapporti di forza a livello mondiale erano diventati sfavorevoli: la situazione generale era infatti radicalmente mutata rispetto all'anno precedente, gravi carestie e grandi scioperiinvestivano la realtà sociale ed economica della Russia, la reazione fascista in Italia stava prendendo il sopravvento e, in Germania, prima il “putsch di Kapp”, poi il fallimento della cosiddetta “Azione di marzo avevano mostrato tutta la fragilità politico-sociale del KPD. Nello stesso tempo, mentre si prendeva atto di un generale riflusso dell'azione rivoluzionaria nel mondo, cominciavano a farsi strada, anche nelle file dell’I.C., i concetti di “Fronte unico politico” e di “Governo operaio”, sgretolando la compattezza di principi, tattica e strategia su cui s’era fondata dalla nascita, e una critica nemmeno troppo velata alla scissione di Livorno dello stesso anno, con cui era nato il Partito Comunista d’Italia. Da qui, ebbe inizio la crisi politica della Terza Internazionale.

Il IV Congresso si svolse a Mosca e Pietrogrado, dal 5 novembre al 5 dicembre 1922, in un contesto di generale ritirata del movimento proletario in Europa, mentre la Russia viveva al contrario una fase di ripresa economica e d’uscita dall'isolamento internazionale. All'ordine del giorno fu messa ancora in primo piano la tattica del “fronte unico”, che ormai prevedeva la collaborazione tra partiti comunisti e socialisti, incoraggiando i primi a «partecipare a governi operai o a governi operai e contadini”. All'indomani della costituzione dell'Internazionale Sindacale Rossail Congresso prese posizione anche contro le scissioni sindacali, ritenute un grave indebolimento dei lavoratori: si riteneva giustamente importante che le organizzazioni sindacali difendessero unitariamente gli interessi immediati della classe operaia senza divisioni ideologiche. I delegati si soffermarono, poi, soprattutto sul tema del fascismo italiano: chi valutando il fascismo italiano come  un fenomeno transitorio, confondendolo con le forme tradizionali di reazione, chi individuando nel fascismo l'unione di tutte le forze controrivoluzionarie, chi attribuendo la grave sconfitta del movimento operaio alla stessa scissione di Livorno, giudicata troppo a sinistra. La posizione dell’Esecutivo, in particolare, si pose in contrasto diretto con le posizioni del PCd’I, che identificavano fascismo e democrazia come facce della medesima realtà – quella del dominio borghese. Si decise poi la fusione tra il PCd'I e il PSI: la risoluzione fu adottata all'unanimità, nonostante il forte disaccordo della Sinistra, che, insieme alla maggioranza della delegazione del PCd'I, si adeguò per disciplina [1].

A questo punto, la storia dell’Internazionale Comunista prenderà un’altra strada: l’organismo che avrebbe dovuto guidare la rivoluzione mondiale divenne docile strumento del potere statale russo e venne infine sciolto nel 1943, dopo che da ormai otto anni non si riuniva più.

 

 

Piattaforma dell’Internazionale Comunista approvata al I Congresso

(4 marzo 1919)

Le contraddizioni del sistema capitalistico mondiale, annidate nel suo stesso seno, si liberarono con terribile violenza in un’enorme esplosione, la grande guerra imperialistica mondiale.

Il capitalismo tentò di superare la propria anarchia organizzando la produzione. In luogo di numerose imprese concorrenti si costituirono potenti associazioni capitalistiche (sindacati, consorzi, trust), il capitale bancario si associò al capitale industriale; l’intera vita economica fu dominata dall’oligarchia finanziaria capitalistica che, attraverso l’organizzazione fondata su tale potere, raggiunse autorità assoluta. Al posto della libera concorrenza sorge il monopolio. Il capitalista singolo diventa membro di associazioni capitalistiche. All’insensata anarchia si sostituisce l’organizzazione.

Ma nella stessa misura in cui, nei singoli paesi, l’anarchia è sostituita dall’organizzazione capitalistica, i contrasti, le lotte della concorrenza, il disordine cronico si fanno sentire nell’economia  in modo sempre più acuto. La lotta fra i maggiori Stati predoni organizzati condusse necessariamente e ineluttabilmente alla mostruosa guerra imperialistica mondiale. La cupidigia di profitto trascinò il capitalismo mondiale alla lotta per la conquista di nuovi mercati di sbocco, di nuove sfere d’azione del capitale, di nuove fonti di materie prime, di mano d’opera a buon mercato fornita dagli schiavi delle colonie. Gli Stati imperialisti che si erano spartiti il mondo intero e che avevano trasformato in bestie da soma i molti milioni di proletari e di contadini africani, asiatici, australiani, americani, dovevano presto o tardi rivelare in un possente conflitto la vera natura anarchica del capitale. Si compì così il più grande dei crimini: la pirateria della guerra mondiale.

Il capitalismo si sforzò anche di superare le contraddizioni della sua struttura sociale. La società borghese è una società di classe. Il capitale dei maggiori Stati “civili” si era proposto di occultare le contraddizioni sociali. A danno delle colonie che andava depredando, il capitale corruppe i propri schiavi salariati, venendo così a creare una comunità di interessi tra sfruttatori e sfruttati in contrasto con gli interessi delle colonie oppresse, dei popoli coloniali gialli, neri o rossi, e incatenò gli operai europei e americani alla “patria” imperialistica.

Ma questo metodo di corruzione continua, che ha generato il patriottismo della classe operaia e il suo asservimento morale, ha generato anche, per opera della guerra, la sua antitesi. Annullamento fisico, assoggettamento totale del proletariato, oppressione mostruosa, impoverimento e degenerazione, fame nel mondo intero: ecco l’ultimo prezzo della società borghese. E questa pace si è infranta. La guerra imperialistica si è trasformata in guerra civile.

La nuova epoca è nata! E’ l’epoca della disgregazione del capitalismo, del suo dissolvimento interno, l’epoca della rivoluzione comunista del proletariato. Il sistema imperialistico si sfascia. Fermento nelle colonie, fermento fra le piccole nazioni rpima di asservire, insurrezioni del proletariato, vittoriose rivoluzioni proletarie in vari paesi, disgregazione degli eserciti imperialistici, totale incapacità delle classi dirigenti a guidare il destino dei popoli: ecco il quadro della situazione attuale nel mondo intero. Sull’umanità, la cui civiltà è stata oggi abbattuta, incombe la minaccia di una distruzione totale. Una sola forza può salvarla, e questa forza è il proletariato. L’antico “ordine” capitalistico non esiste più, non può più esistere. Il risultato finale del processo produttivo capitalistico è il caos, e questo caos può essere superato soltanto dalla più grande forza produttrice: la classe operaia. Essa ha il compito di creare il vero ordine – l’ordine comunista -, di spezzare il dominio del capitale, di rendere impossibili le guerre. Di eliminare le frontiere degli Stati, di trasformare il mondo in una comunità che lavori per se stessa, di realizzare la fratellanza e l’emancipazione dei popoli.

Contro simile programma il capitale mondiale affila le sue armi per l’ultima lotta. Sotto il manto della Società delle Nazioni e di una profusione di parole pacifiste, esso si affanna nell’ultimo sforzo di ricomporre insieme le parti disgregate del sistema capitalistico e di dirigere le sue forze contro la crescente rivoluzione proletaria.

Al nuovo, mostruoso complotto delle classi capitalistiche, il proletariato deve rispondere con la conquista del potere politico, usare di questo potere contro le classi nemiche e azionarlo come leva per la trasformazione economica. La vittoria definitiva del proletariato mondiale equivale al principio della vera storia dell’umanità liberata.

La conquista del potere

La conquista del potere politico da parte del proletariato significa annientamento del potere politico della borghesia. Il più potente strumento di governo della borghesia è costituito dall’apparato statale, con il suo esercito capitalistico sotto il comando di ufficiali borghesi o nobili, con la sua polizia e i suoi carabinieri, i suoi carcerieri e i suoi giudici, i suoi preti, i suoi funzionari ecc. ecc.

La conquista del potere politico non può significare soltanto un avvicendarsi di persone nei ministeri ma deve voler dire l’annientamento di un apparato statale nemico, la conquista delle leve effettive, il disarmo della borghesia, degli ufficiali controrivoluzionari, delle guardie bianche, l’armamento del proletariato, dei soldati rivoluzionari e della guardia rossa operaia; L’allontanamento di tutti i giudici borghesi e l’organizzazione di tribunale proletari; l’eliminazione del dominio della burocrazia reazionaria e la creazione di nuovi organi amministrativi proletari. La vittoria del proletariato sta nella disorganizzazione del potere nemico e nell’organizzazione del potere proletario; nella distruzione dell’apparato statale proletario. Soltanto quando avrà raggiunto la vittoria e spezzato la resistenza della borghesia, il proletariato potrà ridurre i suoi vecchi avversari nella condizione di servire utilmente il nuovo ordine, ponendoli sotto il suo controllo e guadagnandoli gradatamente all’opera costruttiva del comunismo.

 

Democrazia e dittatura

Lo Stato proletario è – come ogni Stato – un apparato di costrizione, volto, però, contro i nemici della classe operaia. Il suo scopo è di spezzare e di rendere vana la resistenza degli sfruttatori, che nella loro lotta disperata impiegano ogni mezzo per soffocare nel sangue la rivoluzione. La dittatura del proletariato, che colloca dichiaratamente quest’ultimo in una posizione preminente nella società, è d’altra parte un’istituzione transitoria.

Nell misura in cui la sua resistenza sarà spezzata, la borghesia sarà espropriata e di venterà gradatamente massa lavoratrice, la dittatura del proletariato scomparirà, lo Stato si estinguerà  con esso anche le classi sociali.

La cosiddetta democrazia, cioè la democrazia borghese, altro non è che la dittatura borghese mascherata. La comune “volontà popolare” tanto decantata è inesistente, come è inesistente l’unità del popolo. In realtà esistono classi con volontà opposte, inconciliabili. Ma poiché la borghesia è una piccola minoranza, essa si serve di questa finzione, di questa falsa etichetta della “volontà popolare” per consolidare, con l’aiuto di questa bella definizione, il suo dominio sulla classe operaia e per imporle la sua volontà di classe. Al contrario il proletariato, che costituisce l’enorme maggioranza della popolazione, applica apertamente la potenza di classe delle sue organizzazioni di massa, dei suoi soviet, per eliminare i privilegi della borghesia e appianare la strada verso la società comunista senza classi.

La sostanza della democrazia borghese sta in un riconoscimento puramente formale dei diritti e delle libertà, che sono tuttavia inaccessibili proprio alla popolazione lavoratrice, ai proletarie semiproletari che non dispongono di messi materiali, mentre la borghesia può utilizzare le sue risorse materiali, la sua stampa e le sue organizzazioni per raggirare il popolo e ingannarlo. Al contrario il sistema dei soviet - questa nuova formula di potere statale - dà al proletariato la possibilità di realizzare i suoi diritti e la sua libertà. Il potere dei soviet mette a disposizione del popolo i migliori palazzi, le case, le tipografie, le riserve di carta ecc. per la sua stampa, le sue riunioni, i suoi circoli. Solo in tal modo diventa veramente possibile la democrazia proletaria.

Con il suo sistema parlamentare, la democrazia borghese illude a parole le masse di essere partecipi dell’amministrazione dello Stato. In realtà le masse e le loro organizzazioni sono tenute del tutto lontane dal vero potere e dalla vera amministrazione dello Stato. Nel sistema dei soviet governano le organizzazioni delle masse e, tramite loro, le masse stesse giacché i soviet chiamano all’amministrazione dello Stato una schiera sempre crescente di operai: solo così tutta la popolazione operaia può essere chiamata a poco a poco a partecipare effettivamente al governo dello Stato. Il sistema dei soviet poggia quindi sull’organizzazione delle masse proletarie, rappresentate dai soviet stessi, dai sindacati rivoluzionari, dalle cooperative ecc.

La democrazie borghese e il sistema parlamentare, con la distinzione fra il potere legislativo e il potere esecutivo e con l’irrevocabilità dei mandati parlamentari, acutizzano la scissione delle masse dallo Stato. Al contrario il sistema dei soviet, con il diritto di revoca, con l’unione dei poteri legislativo ed esecutivo, con i soviet intesi come collettività di lavoro, lega le masse agli organi amministrativi. Questo legame è rinsaldato dal fatto che nel sistema dei soviet le elezioni non avvengono in base ad artificiose ripartizioni territoriali ma in base all’unità di produzione. Il sistema dei soviet realizza quindi la vera democrazia proletaria, una democrazia che si fa strumento del proletariato e ne diventa la forza interiore contro la borghesia. In tale sistema si preferisce affidare al proletariato industriale, per la sua migliore organizzazione e maturità politica, il ruolo di classe dirigente, sotto la cui egemonia  semiproletari e i piccoli contadini hanno la possibilità di elevarsi progressivamente.  La momentanea situazione di vantaggio del proletariato industriale deve essere utilizzata per sottrarre le masse più povere della piccola borghesia contadina all’influenza dei grandi proprietari terrieri e della borghesia e per organizzarle ed educarle a collaborare alla costruzione del comunismo.

L’espropriazione della borghesia e la socializzazione dei mezzi di produzione

Il dissolvimento dell’ordine capitalistico e della disciplina capitalistica del lavoro rendono impossibile, data l’esistenza di relazioni tra le classi, la ripresa della produzione sulle antiche basi. Le lotte degli operai per l’aumento dei salari non comportano - anche in caso di successo – lo sperato miglioramento delle condizioni di vita, giacché l’immediato aumento del costo dei beni di consumo rende illusorio ogni successo. Il tenore di vita degli operai può essere elevato soltanto quando il proletariato stesso - e non la borghesia – governa la produzione. L’energica lotta degli operai per l’aumento dei salari in tutti i paesi in cui la situazione si manifesta apertamente senza via d’uscita rende impossibili, con il suo impeto elementare e la sua tendenza alla generalizzazione, ulteriori progressi della produzione capitalistica. Per potenziare le forze produttive dell’economia, per spezzare il più presto possibile la resistenza della borghesia, che prolunga l’agonia della vecchia società, generando così il pericolo di un totale sfacelo della vita economica, la dittatura proletaria deve attuare l’espropriazione della grande borghesia e della feudalità e far sì che i mezzi di produzione e di scambio divengano proprietà collettiva dello Stato proletario.

Il comunismo nasce oggi dalle macerie del capitalismo, la storia non lascia altra via d’uscita all’umanità. Gli opportunisti che avanzano l’utopica rivendicazione della rinascita dell’economia capitalistica per differire la socializzazione, ritardano soltanto la soluzione del problema e suscitano il pericolo di una rovina totale; la rivoluzione comunista, invece, è il migliore e unico mezzo per conservare la più importante forza produttiva della società – il proletariato – e con esso la società stessa.

La dittatura proletaria non comporta assolutamente alcuna divisione dei mezzi di produzione e di scambio, viceversa il suo scopo consiste nell’organizzare la produzione nel quadro di un piano unitario.

 I primi passi verso la socializzazione di tutta l’economia esigono: la socializzazione del complesso delle grandi banche, che attualmente dirigono la produzione; la presa di possesso da parte del potere proletario di tutti gli organi dello Stato capitalistico che presiedono alla vita economica; la presa di possesso di tutte le aziende municipalizzate; la socializzazione dei settori produttivi monopolistici e uniti in trust e la socializzazione di quei rami dell’industria il cui livello di concentrazione e centralizzazione del capitale lo rende tecnicamente possibile; la socializzazione delle proprietà agrarie e la loro trasformazione in aziende agricole dirette dalla società.

Per quanto riguarda le aziende di minori dimensioni, il proletariato deve socializzarle gradatamente, a seconda della loro importanza.

E’ necessario far rilevare, a questo punto, che la piccola proprietà non sarà affatto espropriata e che i proprietari che non sfruttano l’altrui lavoro non devono essere assoggettati ad alcuna misura coercitiva. Questo ceto sarà gradatamente attratto nell’organizzazione socialista dall’esempio e dalla pratica che dimostrano la superiorità del nuovo ordine, che libererà la classe dei piccoli contadini e la piccola borghesia cittadina dalla pressione economica del capitale usuraio e della nobiltà, dai gravami delle imposte (principalmente con l’annullamento dei debiti dello Stato ecc.).

Il compito della dittatura proletaria nell’ambito economico può essere assolto soltanto nella misura in cui il proletariato sarà capace di creare organi centralizzati di direzione della produzione e di attuare l’amministrazione da parte degli operai. A questo scopo esso deve necessariamente giovarsi di quelle sue organizzazioni di massa che sono più strettamente legate al processo produttivo.

Nel campo della distribuzione la dittatura proletaria deve sostituire il commercio con una giusta ripartizione dei prodotti; le misure utii per raggiungere questo obiettivo sono: la socializzazione delle grandi imprese commerciali; la presa di possesso da parte del proletariato di tutti gli organi di distribuzione borghesi, statali e municipali; il controllo delle grandi cooperative di consumo, la cui organizzazione avrà ancora una grande importanza economica nel periodo di transizione; la progressiva centralizzazione di tutti questi organismi e la loro trasformazione in un tutto unico che governa la razionale distribuzione dei prodotti.

Nell’ambito della produzione, così come in quello della distribuzione, è necessario servirsi di tutti i tecnici e gli specialisti qualificati, non appena sarà stata spezzata la loro resistenza politica e saranno in condizione di servire non il capitalismo, ma il nuovo sistema di produzione. Il proletariato non li opprimerà, anzi sarà il primo a dare loro la possibilità di sviluppare la più intensa attività creatrice. La dittatura proletaria sostituirà alla separazione del lavoro fisico e intellettuale, generata dal capitalismo, la collaborazione di entrambi, realizzando così l’unione del lavoro e della scienza.

Con l’espropriazione delle fabbriche, delle miniere e delle proprietà ecc., il proletariato deve anche abolire lo sfruttamento della popolazione da parte dei capitalisti proprietari immobiliari, trasferire i grandi edifici d’abitazione ai soviet operai locali, installare la popolazione operaia nelle case borghesi ecc.

Durante questo periodo di profonda trasformazione il potere dei soviet deve, da un lato, costruire un intero apparato amministrativo sempre più centralizzato e, d’altro lato, chiamare alla diretta amministrazione strati sempre più vasti della popolazione operaia.

Il cammino verso la vittoria

L’epoca rivoluzionaria esige dal proletariato l’uso di sistemi di lotta capaci di concentrare tutta la sua energia, come l’azione delle masse, fino alla sua estrema, logica conseguenza: l’urto diretto, la guerra dichiarata con la macchina statale borghese. A questa meta devono essere subordinati tutti gli altri metodi, per esempio l’utilizzazione rivoluzionaria del parlamentarismo borghese.

Le necessarie premesse alla vittoria di questa lotta sono non solo la rottura con i lacché diretti del capitale e con gli aguzzini della rivoluzione comunista, il cui ruolo è oggi assunto dai socialdemocratici di destra, ma anche la rottura con il “centro” (gruppo Kautsky), che al momento critico abbandona il proletariato per civettare con i suoi nemici dichiarati. D’altra parte è necessario realizzare un blocco con quegli elementi del movimento operaio rivoluzionario che, benché non appartenessero in precedenza al partito socialista, stanno oggi in tutto e per tutto sul terreno della dittatura proletaria nella forma del potere dei soviet cioè per esempio con gli elementi vicini al sindacalismo.

L’ascesa del movimento rivoluzionario in tutti i paesi, il pericolo per questa rivoluzione di essere soffocata dalla lega degli Stati capitalistici, i tentativi dei partiti traditori del socialismo di unirsi fra loro (formazione dell’Internazionale gialla a Berna), per prestare i loro servigi alla lega di Wilson; infine l’assoluta necessità per il proletariato di coordinare i suoi sforzi, tutto ciò deve portare alla fondazione di un’Internazionale comunista veramente rivoluzionaria e veramente proletaria.

Nel subordinare gli interessi cosiddetti nazionali a quelli della rivoluzione mondiale, l’Internazionale realizzerà il reciproco aiuto dei proletari dei vari paesi, giacché senza questo aiuto, economico e di altra natura, il proletariato non sarà in grado di organizzare una società nuova. D’altra parte, in opposizione all’Internazionale socialpatriota gialla, il comunismo proletario internazionale sosterrà i popoli sfruttati delle colonie nella loro lotta contro l’imperialismo, per favorire il crollo definitivo del sistema imperialistico mondiale.

I briganti del capitalismo affermavano, all’inizio della guerra, di limitarsi a difendere la rispettiva patria. Ma l’imperialismo tedesco mostrò ben presto la sua vera natura rapace con sanguinosi misfatti in Russia, in Ucraina, in Finlandia. A loro volta, le potenze dell’Intesa si rivelano ora anche agli occhi degli strati più arretrati della popolazione come pirati pronti a saccheggiare il mondo intero, come assassini del proletariato. Insieme alla borghesia tedesca e ai socialpatrioti, con ipocrite frasi di pace sulle labbra, essi tentano di soffocare, servendosi delle loro macchine belliche e delle loro truppe coloniali barbare e instupidite, la rivoluzione del proletariato europeo: Indescrivibile è stato il terrore bianco dei cannibali borghesi! Innumerevoli sono state le vittime della classe operaia, che ha perduto i suoi rappresentanti migliori: Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg.

Il proletariato deve difendersi ad ogni costo! L’Internazionale comunista chiama il proletariato del mondo intero a questa lotta estrema. Arma contro arma! Forza contro Forza!

Abbasso il complotto imperialista del capitale!

Viva la Repubblica internazionale dei soviet proletari!

(da Manifest, Richtlinien, Beschlusse des ersten Kongresses. Aufrufe und offene Schreiben des Exekutivkomitees bis zum zweiten Kongress, Hamburg 1920, pp. 19-29. Trad. it. in Aldo Agosti, La Terza Internazionale. Storia documentaria, Editori Riuniti, Roma 1974, pp.23-30).

[1] Per un approfondimento su tutti e quattro i primi congressi dell’I.C., cosa che ovviamente qui possiamo fare solo a grandi linee, rimandiamo ai cinque volumi della nostra Storia della sinistra comunista.

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)