L’unica lotta contro il razzismo è la lotta di classe contro il capitale e il suo Stato


L’unica lotta contro il razzismo è la lotta di classe contro il capitale e il suo Stato

Di fronte ai molti, continui fatti recenti di razzismo aperto (le ripetute cariche di polizia ai picchetti dei lavoratori della logistica in grande maggioranza immigrati, i continui omicidi in mare - e non solo - dei proletari in fuga dalla miseria, gli schifosi rigurgiti di demagogia populista e sovranista col richiamo alle varie patrie ecc. ecc.) e? bene ribadire alcune cose.

Il razzismo e? frutto del capitalismo, e? un’arma antiproletaria. Esso non ha e non ha mai avuto nulla a che vedere con il colore della pelle o con altre caratteristiche cosiddette etniche o nazionali. Esso si scaglia oggi contro i proletari africani come contro i messicani miserabili e clandestini, esattamente come s’e? scagliato ieri contro gli ebrei straccioni, contro gli zingari, contro i meridionali a Torino e gli immigrati italiani in Germania e Svizzera, e come si scagliera? sempre contro i lavoratori e i disoccupati che lottano per difendersi dalla miseria. Il razzismo nasce dalle contraddizioni di classe, dalle differenze di classe: nel suo mirino ci sono i proletari migranti di tutte le nazionalita?, che affollano tutte le periferie del mondo. Il razzismo e? la vera faccia dell’odio di classe, organizzato dalle classi dominanti, dallo Stato borghese e alimentato dalle mezze classi e piu? giu? nella scala sociale, dal sottoproletariato.

Il razzismo non si combatte con i “buoni sentimenti” o il “multiculturalismo”, ne? tanto meno con gli appelli allo Stato e alle istituzioni. Il razzismo e? uno degli strumenti con cui le classi dominanti di ogni Paese cercano di dividere e quindi di indebolire il fronte proletario: giovani/anziani, uomini/donne, “garantiti”/precari, occupati/disoccupati, e per l’appunto lavoratori “nazionali” e immigrati. I flussi migratori sono una costante nella storia del capitalismo mondiale: ad alimentarli sono il suo sviluppo ineguale, la miseria che affama vaste aree (frutto di colonialismo e imperialismo), le guerre incessanti che massacrano intere popolazioni (e di cui lo Stato italiano e? diretto responsabile, a fianco degli altri Stati, sia con la vendita d'armi sia con l'invio di truppe), gli effetti dell’attuale crisi sistemica da cui il capitale non riesce a uscire e che anzi e? destinata ad aggravarsi e approfondirsi, avvelenando oggi, in ogni modo, la vita sociale e creando i presupposti tutt’altro che ipotetici di un futuro nuovo conflitto mondiale.

Il razzismo dunque si puo? combattere solo comprendendo il suo stretto legame con queste dinamiche, materiali e ideologiche, e dunque disponendosi a combattere il capitalismo, in tutte le sue manifestazioni. Ma combatterlo vuol dire anche abbandonare ogni “speranza illusoria” che lo Stato e le istituzioni siano al di sopra delle parti, che rivolgendosi a essi e facendo pressione su di essi si possa in qualche modo “migliorare” la condizione delle masse proletarie e proletarizzate in fuga da ogni parte del mondo: Stato e istituzioni, legali e ufficiali, illegali e violenti sono strumenti della dittatura della classe dominante e difenderanno sempre i suoi interessi, immediati e storici. I partiti e i sindacati ufficiali, insieme ai mezzi di comunicazione, ne sono i docili servi, con il ricorso agli strilli osceni sulla necessita? per lo Stato di mantenere in esercizio le “forze dell’ordine”, anche a fronte di possibili minacce future sul terreno sociale. Quanto ai fascisti, nazisti e altri patriottici democratici idioti, che oggi inneggiano e scatenano la caccia al “nero”, essi sono solo miserabili e pericolosi strumenti della dittatura democratica borghese, oggi tollerati o tenuti sotto controllo da quelle stesse istituzioni che, in un domani di inasprimento delle lotte sociali, li lasceranno scatenare contro ogni proletario “rosso”.

E’ necessario rendersi conto di tutto cio?. E, se davvero si vuole combattere il razzismo, occorre tornare a combattere contro il sistema capitalistico che lo produce, lo alimenta e se ne serve. Altrimenti, lo si voglia o no, si e? soltanto dei miserabili complici.

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)