Vita di partito

Pubblicato: 2015-12-16 22:13:39

Riunione Generale. Nei giorni 24 e 25 ottobre, si è tenuta l'annuale Riunione Generale di partito, da sempre un momento-chiave nella vita della nostra organizzazione. Nel pomeriggio del 24, riservato ai soli militanti, è stato tenuto il Rapporto politico-organizzativo, che, dopo aver brevemente delineato la situazione generale in cui il p. si trova a operare, ha offerto un bilancio del lavoro svolto nel corso dell’anno e indicato le linee di sviluppo di quello da svolgere in futuro, in stretta connessione con i due rapporti che si sarebbero tenuti il mattino successivo. Sono poi seguiti il rendiconto di cassa, i resoconti orali del lavoro svolto dalle singole sezioni e una riunione redazionale. Nella giornata del 25, aperta anche ai simpatizzanti stretti, sono stati tenuti due rapporti: quello economico, relativo al “Corso del capitalismo mondiale” e dedicato alla questione della “produttività”, e quello politico, che ha affrontato la questione del ritardo storico della ripresa classista nel contesto della perdurante controrivoluzione e a fronte della crisi sistemica del modo di produzione capitalistico: entrambi i rapporti saranno via via pubblicati e messi sul nostro sito. Si è infine deciso di aprire una Sottoscrizione straordinaria per affrontare le spese di stampa e distribuzione del V volume della Storia della Sinistra Comunista, ormai pronto e in attesa di un'ultima rilettura redazionale. Il lavoro di approfondimento e chiarificazione con un gruppo di simpatizzanti stretti provenienti dall’estero è poi continuato nei due giorni successivi.

Incontri pubblici. Il 10 ottobre, a Milano, presso la nostra sede di via dei Cinquecento (Corvetto), si è tenuto un incontro dal titolo “Sinistri scricchiolii nella cosiddetta ‘unione europea’”, con buona partecipazione di pubblico. Dopo un breve commento a caldo sull'attentato alla manifestazione di Ankara, organizzata da sindacati, organizzazioni di "sinistra" e “filocurde”, per fermare i bombardamenti contro le posizioni del PKK, prendendo spunto dalla crisi greca (punta dell'iceberg di una crisi ben più generale e profonda) sono stati demoliti il mito di una "federazione europea" vista come integrazione pacifica e paritaria tra nazioni e quello di un'Europa “modello di welfare e democrazia”. Il rafforzarsi dei nazionalismi, l'inasprirsi dei rapporti politici e diplomatici, non sono fenomeni passeggeri, ma la tendenza ineluttabile dell'attuale crisi europea verso una crescente instabilità. Le ricette delle senili borghesie europee (prime fra tutte, la riduzione del salario e lo smantellamento del welfare) sono tanto amare per il proletariato quanto inefficaci nel fronteggiare una competizione mondiale sempre più dura. Il “problema” irrisolto dell'Europa, e irrisolvibile per via pacifica e progressiva, consiste nella frammentazione nazionale e nella mancanza di un organismo politico centralizzato (si veda il ruolo limitato della BCE). Le sirene nazionaliste, in salsa tedesca o antitedesca, sono le illusioni con cui il proletariato è legato al carro della borghesia, complice il ruolo svolto dalle varie declinazioni della socialdemocrazia (di destra o di “sinistra”, sindacale o cristiano-sociale). Si è poi accennato alla “Campagna Stop TTIP (Trattato transatlantico su commercio e investimenti)”, evidenziando come queste posizioni, che nascono dal terrore che la piccola borghesia (in questo caso “di sinistra”) ha della crisi (con in più la sua totale incomprensione dei meccanismi della crisi stessa), siano pericolose in quanto contribuiscono a ritardare l’emergere di un movimento coerentemente di classe. Si è infine rivendicato il ruolo centrale del partito rivoluzionario, del nostro Partito che, pur con forze limitate, non rinuncia a cercare di istituire uno stretto legame con la classe proletaria, nella sua quotidiana lotta di sopravvivenza (emblematica, in questo panorama, la generosa lotta dei facchini, a cui il partito ha prestato e presta la dovuta attenzione, sforzandosi, nei limiti delle sue forze, di parteciparvi). L’incontro si è concluso con la presentazione ai partecipanti del numero 5 de “Il programma comunista”, appena uscito e con l'invito a partecipare alla vita e ai lavori della sezione.

Il 17 ottobre, a Roma, presso la Libreria Anomalia, la nostra sezione locale ha invece tenuto un incontro pubblico dal titolo “L’inquadramento militare del PCd’I negli anni 1921-22”. Con la scelta dell’argomento, i nostri compagni hanno voluto sfatare un mito duro a morire: quello che il PCd’I avesse (tra le molte “colpe” attribuitegli da revisionisti e opportunisti!) anche quella di non aver saputo combattere adeguatamente il fascismo alle origini, a causa del… noto settarismo: rifuggendo da ogni alleanza militare (con gli Arditi del popolo) e politica (con tutto l’arco parlamentare democratico-socialista), il Partito avrebbe consegnato – così vuole questa vulgata – la vittoria al fascismo. Nel corso dell’incontro, si è ribadito, con costante richiamo ai documenti dell’epoca, che il Partito si divise dal PSI proprio per rompere definitivamente con la retorica pseudo-rivoluzionaria e la prassi ultra-riformistica che lo appestavano. Si voleva, al contrario, un Partito solido teoricamente e politicamente, con un’organizzazione e un inquadramento saldi e affidabili, con fini precisi condivisi da tutti i compagni, e tenacemente ancorato alle Condizioni di ammissione alla III Internazionale e alle Tesi del suo II Congresso. In poche parole, il Partito, nel poco tempo che ebbe a disposizione prima che l’incipiente degenerazione dell’Internazionale cominciasse a snaturarlo, mise in piedi una “macchina da combattimento”, subito dispiegata in un lavoro su tutti i campi: nei sindacati, nelle associazioni operarie, in parlamento e infine sul piano militare, proprio per combattere il fascismo e la borghesia sul loro stesso terreno e smascherare l’opera pacifista dei social-traditori – il Partito della rivoluzione, quindi, che ne prepara le condizioni soggettive e si prepara a dirigerla. I compagni hanno poi illustrato la “struttura” dell’organizzazione, del suo apparato “visibile” e di quello “invisibile”: la costituzione dell’Ufficio I, demandato all’organizzazione illegale del partito; la rete clandestina sul territorio nazionale, suddiviso in zone con a capo fiduciari, responsabili delle squadre armate comuniste, raggruppate in compagnie agli ordini di un comando generale; la fitta rete di collegamenti e doppi cifrari per le comunicazioni in un ambiente di rigida segretezza, cosa che permise al Partito di mantenere praticamente intatta la rete clandestina e militare anche dopo la “marcia su Roma”. Si è poi ricordata la serie di scontri militari e di autentiche battaglie ingaggiate contro le bande fasciste e le strategie impiegate dai nostri compagni a Roma, Novara, Milano, Genova, Bari, Ancona e Parma: i fascisti da soli non riuscirono mai a vincere la resistenza del proletariato, se non quando furono appoggiati dall’esercito e dalla polizia regia. Ancora una volta, si sono chiariti i termini del rapporto tra il Partito e gli Arditi del popolo, che non erano una forza proletaria ma un organismo spiccatamente piccolo-borghese, con aspirazioni democratiche e legalitarie: in nessun caso, dunque, l’inquadramento militare del Partito si sarebbe potuto sottomettere a un comando militare diretto da un’altra organizzazione, rinunciando così alle proprie prerogative di autonomia e libertà di movimento, soprattutto nell’attacco allo Stato borghese; diversa era invece la possibilità (che si tradusse spesso in realtà) di azioni comuni in singoli episodi di lotta. E’ quindi seguita un’analisi dello sciopero generale indetto dall’Alleanza del Lavoro e fortemente voluto dal Partito, sciopero che, nella tattica propugnata dell’unificazione di tutti i sindacati, sarebbe dovuta servire a raccogliere le forze di un proletariato stordito, ma non ancora battuto: purtroppo, il sabotaggio dei capi dell’Alleanza del Lavoro impedì questo disegno, lo sciopero fu indetto nel momento sbagliato, fu male organizzato e venne interrotto troppo presto. L’incontro si è concluso ricordando la natura storica e sociale del fascismo: un movimento nato nelle cittadelle del capitalismo industriale del nord e imbevuto di riformismo pescato a piene mani nel Partito Socialista, che poté vincere grazie all’azione combinata del tradimento del sindacalismo e del socialismo riformista, unito all’appoggio dichiarato dello Stato – niente a che vedere perciò con la teoria che vede nel fascismo l’espressione politica dell’arretratezza economica pre-borghese di fazioni legate al latifondismo agrario (come vollero invece Gramsci e i suoi epigoni vicini e lontani).

Altri incontri pubblici sono in programma e ne daremo via via notizia sia sul nostro sito www.internationalcommunistparty.org sia sulle pagine di questo giornale: simpatizzanti e lettori sono caldamente invitati a parteciparvi.

 

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)