Orfanotrofi di Ceausescu e piantagioni di tabacco

Pubblicato: 2015-09-19 11:03:46

Che il capitalismo sia, tra tutte le forme sociali fin qui esistite sul pianeta, l’unica che, a giusta ragione, può arrogarsi il titolo di società dello spreco, è cosa universalmente riconosciuta anche dai suoi “migliori” rappresentanti. Nessuno dei modi di produzione precedenti ha conosciuto il sistematico metodo di distruzione di ricchezza sociale quanto l’attuale. Non parliamo qui di quanto viene giornalmente riportato sul problema dei rifiuti (come e dove eliminarli, quanto profitto si può ricavare dalla loro gestione, ecc.): intendiamo proprio parlare di certi investimenti – colossali – che riguardano la sfera della cosiddetta “ricerca scientifica”. In genere, dietro qualsiasi programma di ricerca stanno enti pubblici e privati, società, banche, chiese, pronte ad aprire i cordoni della borsa allo scopo di garantire la buona riuscita a questo, che è una delle forme ideologiche di maggior successo per la manipolazione della cosiddetta opinione pubblica: il culto della “scienza”.

Ci è capitato di leggere un “brillante articolo” 1 nel quale una équipe USA, avendo scelto come materiale di studio degli orfanelli romeni, afferma di aver fatto una strabiliante “scoperta”. Un gruppo di bambini, ospitati individualmente per molti mesi presso le ricche case dei ricercatori, hanno dimostrato di raggiungere un grado di sviluppo elevato, sia mentale che fisico; l’altro gruppo, tenuto in un istituto sotto la tutela di un solo adulto, non solo non hanno raggiunto il medesimo livello, ma hanno mostrato un progresso assai basso nella crescita della corteccia cerebrale e delle vie nervose sottostanti. Dice l’articolo che i risultati di questa “eccezionale” (e certamente costosa) scoperta sono stati prontamente messi a disposizione del governo romeno “nella speranza che esso si adoprerà affinché i bambini che ancora vivono negli orfanotrofi di Ceausescu vengano affidati a cure di genitori adottivi” 2.

Sembra di capire che questo genere di “studi”, che tradisce qualche aspetto propagandistico di autoglorificazione, vada applicato alla Romania, o più in generale, come dice l’articolo nel suo linguaggio pomposo, alla “ricerca etnografica longitudinale”: evidentemente gli autori vogliono dire che i loro metodi “scientifici” possono adattarsi bene, anche se non rivolti all’Africa o al rio delle Amazzoni.

Vediamo allora come vanno le cose a casa loro, negli Stati Uniti; e prendiamo solo l’esempio di una loro attività per così dire storica: il lavoro nelle piantagioni di tabacco. Qui, ci dice uno studio recente dell’Osservatorio per i diritti umani (maggio 2014), i proprietari non disdegnano affatto assumere a tempo lavoro minorile (negli USA, il lavoro dei bambini al disotto dei 14 anni è vietato nell’industria, ma non nell’agricoltura). Dunque, veniamo a sapere che bambini tra i 7 e i 17 anni lavorano nelle piantagioni da 50 a 60 ore alla settimana in condizioni di elevate temperature, usando strumenti pericolosi, trasportando carichi pesanti, respirando a lungo prodotti chimici dannosi. Molti bambini oggetto di questa ricerca hanno detto di dover lavorare da 10 a 12 ore al giorno, talvolta fino a 16 ore. La maggior parte dei padroni consentiva due o tre interruzioni nella giornata, ma alcuni non permettevano regolari momenti di riposo. Martin S., intervistato, ha dichiarato: “Cominciamo alle 6 del mattino, finiamo alle 6 di sera… Abbiamo solo 5 minuti di interruzione al giorno. E mezz’ora per il pranzo. Qualche volta di meno”.

Nel 2012, circa 1800 bambini hanno subito ferite non mortali lavorando nelle piantagioni. Il prolungato contatto della pelle con le foglie del tabacco, soprattutto se umide, favorisce l’assorbimento cutaneo della nicotina. Tutto ciò, secondo l’indagine e le dichiarazioni dei bambini, provoca “nausea, vomito, perdita di appetito, mal di testa, capogiro, eruzioni cutanee, difficoltà respiratoria, irritazione agli occhi”: le leggi della società borghese vietano il consumo delle sigarette ai giovani sotto i 18 anni, perché gravemente dannose alla salute; ma incoraggiano il bestiale consumo produttivo di forza-lavoro dei bambini, ugualmente o più dannoso, nelle piantagioni. Tuttavia la legge – siamo o no in una “società di diritto”? – ammette quel tipo di lavoro solo “con una dichiarazione scritta di approvazione da parte dei genitori”. I bambini intervistati hanno dichiarato che essi lavorano non per gioco, né per imparare un mestiere, ma per venire incontro alle necessità di vita della famiglia (cioè, immaginiamo, perché costretti dai propri genitori), per l’acquisto di vestiti, scarpe, cibo: si tratta di famiglie di immigrati. La maggior parte dei bambini riceve un compenso di 7 dollari (il che, ammetteranno le autorità italiane, è comunque il doppio di quanto ricevono immigrati adulti che lavorano nei campi di nord e di sud Italia!), che è il minimo ammesso dalle leggi federali.

Qual è la relazione che lega i bambini degli “orfanotrofi di Ceausescu” e quelli delle piantagioni della Virginia e del South Carolina? Avranno anche questi ultimi uno sviluppo inferiore della corteccia cerebrale? Verranno anch’essi sottoposti ad una seria, scientifica “indagine etnografica longitudinale”? Entreranno anche i loro sintomi in una “mappa dei percorsi molecolari epigenetici”, secondo l’eruditissima formulazione dell’articolo dei ricercatori?

Non lo sappiamo. La certezza è che, nella società del benessere, del rispetto della persona, della legalità, dei diritti umani basata sull’estorsione della forza-lavoro, l’unico, sicuro modo per risolvere alla radice, una volta per tutte, quel tipo di problema, negli orfanotrofi, nelle piantagioni, nelle galere di vita e di lavoro in tutto il mondo capitalistico, è la sua totale distruzione.

 

1 “Comprehending the Body in the Era of the Epigenome”, Current Antrhropology, aprile 2015.

2 Non abbiamo bisogno di ricordare al lettore il notissimo saggio di Engels La condizione della classe operaia in Inghilterra (1845), che denunciava, tra l’altro, il grado di abbrutimento fisico e psichico conseguente alle condizioni di vita e di lavoro: cosa che certamente non era nota agli autori della “prestigiosa ricerca”.

 

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)