Necessità del partito

Pubblicato: 2014-11-16 21:53:19

Nei prossimi mesi non mancheranno di aprirsi nuovi capitoli della crisi di sovrapproduzione di merci e capitali che da tempo sta scuotendo il modo di produzione capitalistico. Altre bolle si stanno gonfiando e la mirabile corsa dei “paesi emergenti” sta già rallentando. Ne vedremo dunque delle belle, e a maggior ragione l'azione dei comunisti sarà di fondamentale importanza per analizzare il reale e intervenire su di esso, organizzando e indirizzando le lotte che inevitabilmente sempre più si sprigioneranno dal sottosuolo sociale.

 

Quanto quest'azione sia necessaria e urgente deve risultare chiaro: nonostante le sue insanabili contraddizioni, il modo di produzione capitalistico non ci farà infatti il piacere di scomparire da solo, nel botto di una “crisi economica definitiva” o “finale”, come invece in tanti s'illudono che debba avvenire. Sia chiaro: le crisi economiche offrono la possibilità di rendere più evidente il contrasto tra le forze della produzione messe in moto da più d'un paio di secoli dallo stesso Capitale e le forme nelle quali la borghesia tende ad organizzarle per mantenere il suo insindacabile dominio, democratico o fascista che sia, attuato attraverso illusorie riforme o aggressive “liberalizzazioni”.

Quel contrasto è insanabile: è la radice inestirpabile della lotta incessante tra la nostra classe, il proletariato che fornisce la forza del vivente lavoro impiegata nell'organizzazione generale del capitalismo per produrre ricchezza sociale monopolizzata come plusvalore, e la nostra nemica storica, la classe borghese. L'andamento di questa lotta ormai plurisecolare non è continuo né lineare: si è espresso e si esprime in fasi, in momenti di grande pressione e avanzata, di brusco e lento ripiegamento per sconfitta e degenerazione e di lunga attesa prima della ripresa.
 

In altri termini, è un movimento quasi ritmico, quello della lotta tra la controrivoluzione (l'imperante dittatura della borghesia) e gli impeti rivoluzionari del proletariato, che con le grandiose, seppur transitorie, vittorie della Comune di Parigi del 1871 e del Rosso Ottobre Russo del 1917, hanno indicato la via, le forze necessarie per assestare, quando le condizioni si ripresenteranno, il colpo finale. E le riprese dopo le sconfitte sono lunghe e difficili, tanto più lunghe e difficili quanto più la vittoria è stata a un passo dall'assestare quel colpo finale.

 

Oggi cominciano a soffiare più forti i venti suscitati da una delle più importanti crisi di sovrapproduzione di merci e capitali, una crisi che coinvolge tutti gli Stati capitalistici: quelli di più antica industrializzazione e più pesante caratura imperialista e quelli più giovani che sono nati con tutte le tare genetiche di questa fase pletorica e parassitaria (per l'appunto, imperialista, come ci ha insegnato Lenin sulla base delle analisi e della dottrina di Marx ed Engels) e non possono godere appieno di quello slancio che solo un secolo fa ha nutrito le rivoluzioni nazionali.
 

Questi venti, da un lato, preparano la tempesta della guerra generalizzata tra le ancora embrionali coalizioni imperialiste – il ciclone distruttivo che, eliminando l'eccesso di capitali, merci ed esseri umani oggi inutilizzabili nel processo di valorizzazione del capitale, accelererà le condizioni di ripresa fittizia di quella valorizzazione, ponendo le basi per nuove crisi, sempre più distruttive; dall'altro, consumando a una a una le cosiddette riserve con le quali il multiforme partito della borghesia ha potuto finora illudere la nostra classe sull'eternità e inevitabilità della sua subordinazione, la costringeranno a tornare a battersi, anche solo per non morire.
 

Sulla base di questi fatti materiali, e dell'esperienza di due secoli di moderna lotta di classe, anche nei momenti di peggiore dittatura della controrivoluzione, quando ci si deve battere “contro venti e maree”, quando sembra che la classe proletaria non possa essere altro che un bruto dato economico incapace di esprimere le proprie potenzialità antagonistiche, essa comunque vive ed esprime, sia pure in maniera sotterranea, quasi invisibile ai più, il proprio partito, contrapposto a tutti i partiti in cui si articola il dominio borghese: il Partito Comunista.
 

Il Partito Comunista è il suo organo, quello strumento che sintetizza, raccoglie, conserva la sua plurisecolare esperienza di vita e di lotta, di espansione e di ripiegamento. E' l'arma che la classe proletaria esprime storicamente, conserva e perfeziona per poter sferrare al momento opportuno il colpo finale; è la sua organizzazione, la sua direzione. Non si sostituisce alla classe (come hanno in orrore molti, incapaci di comprendere questo legame dialettico), ma è quello strumento che le permette di non perdere mai di vista l'orientamento e l'obiettivo verso cui spingono, essa inconsapevole, le energie scatenate dall'urto tra le forze e le forme di produzione, che spingono all'azione.
 

Non è dunque un partito qualsiasi, che come la plastilina si adatta a rappresentare la classe operaia al tavolo dell'illusionistica mediazione degli interessi di parte, “in nome del bene comune”; e non è la setta di cospiratori che creano le condizioni e piegano gli eventi alla propria volontà. Il comunismo è un obiettivo da raggiungere nel movimento reale, non il progetto o il disegno di un'utopia. Come scriviamo in altra parte di questo giornale, il Partito dunque esprime, dirige, accompagna la classe, vivendone le esperienze di lotta, perché fin dal 1848 ne propugna e propaganda le finalità storiche.
 

Quali allora sono oggi i suoi compiti, nel duro, diuturno contatto con la classe e le sue lotte?

Niente di nuovo e niente di diverso: il percorso è già tracciato dal lavoro politico svolto dai compagni che, nei tempi della più violenta controrivoluzione (militare prima, politica poi, e quest'ultima tanto più feroce proprio per la sua durata e per gli effetti devastanti che ancora gravano sulla nostra classe), hanno saputo indicarci, nella teoria e nella prassi, che il lavoro del restauro dell'organo-arma partito non prevede scorciatoie o espedienti, ma solo (e non è poco!) continuità e determinazione rivoluzionaria.
 

Nonostante il ristretto numero dei nostri aderenti, nonostante l'isolamento in cui continuiamo a operare, noi procediamo nel lavoro della preparazione rivoluzionaria, come già veniva indicata dal “Progetto di tesi per il III congresso del Partito comunista”, presentato dalla Sinistra del Partito Comunista d'Italia nel 1926 – le nostre “Tesi di Lione”:

 

a - difesa e precisazione in ordine ai nuovi gruppi di fatti che si presentano dei postulati fondamentali programmatici, ossia della coscienza teorica del movimento della classe operaia:

cioè, oggi, ribadire lo studio del corso del capitalismo nella sua fase imperialista e ripresentare alla classe il processo rivoluzionario attraverso cui abbattere tutti gli ostacoli che incatenano il comunismo;

b - assicurazione della continuità della compagine organizzativa del partito e della sua efficienza, e sua difesa da inquinamenti con influenze estranee ed opposte all'interesse rivoluzionario del proletariato: cioè, oggi, proseguire nel continuo lavoro politico che ci permetterà di restaurare, rafforzare e radicare il Partito Comunista Mondiale;

c - partecipazione attiva a tutte le lotte della classe operaia anche suscitate da interessi parziali e limitati, per incoraggiarne lo sviluppo, ma costantemente apportandovi il fattore del loro raccordamento con gli scopi finali rivoluzionari e presentando le conquiste della lotta di classe come ponti di passaggio alle indispensabili lotte avvenire, denunziando il pericolo di adagiarsi sulle realizzazioni parziali come su posizioni di arrivo e di barattare con esse le condizioni della attività e della combattività classista del proletariato, come l'autonomia e l'indipendenza della sua ideologia e delle sue organizzazioni, primissimo tra queste il partito: cioè, oggi, lavorare nelle fila della nostra classe, al suo fianco nelle sue lotte, per aiutarla a organizzarsi sempre meglio in una struttura permanente e unificante di difesa delle condizioni di vita e di lavoro.
 

Immediatisti, spontaneisti, movimentisti di ogni genere riterranno di poco conto questi compiti. E invece essi sono giganteschi, perché implicano lo scrollarsi di dosso il peso mortale di novant'anni di aperta controrivoluzione borghese, attuata con il contributo primario di organizzazioni politiche e sindacali che a parole hanno continuato sfacciatamente a proporsi come punti di riferimento e nei fatti, in piena complicità con la classe dominante, non hanno mai smesso di tradire il proletariato e dunque di opprimerlo.

 

Oggi, la nostra voce sembrerebbe flebile, la nostra possibilità reale d'incidere ridotta, e il nostro contatto con la classe è episodico. Ciò non ci spaventa né, tanto meno, c'induce a disperare: le ragioni materiali di questa condizione minoritaria sono a noi ben note e già tante volte le abbiamo discusse e analizzate per tornare a farlo in questa sede. Con tutti i nostri limiti e le nostre insufficienze, con gli errori che possiamo aver commesso e che ancora commetteremo (e di cui – checché ne dicano i molti nostri critici chiacchieroni – abbiamo sempre fatto e sempre faremo un bilancio operativo, perché solo con un tale bilancio si possono superare in positivo gli errori), nonostante tutto ciò, noi abbiamo l'orgoglio di affermare che solo riannodandosi al filo rosso della tradizione della Sinistra Comunista (dagli anni '20 in avanti), alla sua lotta teorica e pratica attraverso ormai novant'anni di multiforme controrivoluzione borghese (riformismo, nazifascismo, democrazia, stalinismo), e dunque solo avvicinandosi al nostro partito, contribuendo al suo rafforzamento e radicamento internazionale, ci si può orientare verso la rivoluzione comunista.

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°01 - 2014)