Davanti al baratro economico e sociale

Pubblicato: 2013-07-02 21:25:41

Proletari! Compagni!

Mentre la crisi economica sprofonda nel baratro noi e la nostra condizione umana e sociale, mentre nel mondo intero crescono la disoccupazione e i licenziamenti, a poco a poco comincia a sgretolarsi il muro di cemento armato, frutto di un pesante controllo sociale esercitato per decenni da partiti di destra e di sinistra e organizzazioni sindacali. I primi segnali vengono da un giovane proletariato immigrato, che sfida apertamente il padronato, un’avanguardia che non si chiude nel silenzio dei magazzini o delle fabbriche, che non ha paura di scendere in strada e rivendicare il miglioramento generale delle proprie condizioni di vita e di lavoro, e dalle lotte mai sopite dei proletari di tutto il mondo: dalle rivolte dei minatori sudafricani alle battaglie dei lavoratori argentini, spagnoli, greci, francesi, belgi, statunitensi. Ma non è, questo, il solo segnale. Cominciano a scontrarsi, all’interno del movimento proletario, due correnti opposte: una che porta avanti il bisogno, la necessità, la voglia di lottare, la rabbia e l’indignazione, l’altra che invoca il “diritto”, la “pace sociale” – in una parola, la resa. Solo rispondendo colpo su colpo a ogni aggressione da parte del capitale si può sperare di vender cara la nostra pelle, oggi sul luogo di lavoro (o di non-lavoro!), domani a fronte di una nuova guerra mondiale.

Il programma può solo essere, come da centocinquanta anni a oggi, il seguente:

 

Estendere e unificare le lotte, operando per la creazione di organismi territoriali di difesa economica e sociale, aperti a tutti i proletari, indipendentemente dall’età, dal sesso, dalla nazionalità, dalla collocazione (o non collocazione!) produttiva, ecc. Richiedere forti aumenti salariali per riparare in parte all’erosione drammatica di salari e pensioni, e salario integrale a licenziati e disoccupati, a carico di Stato e padronato. Rivendicare drastiche riduzioni dell’orario di lavoro a parità di salario per alleviare la fatica di ritmi forsennati. Riappropriarsi dell’arma dello sciopero, che va strappata dalle mani di chi l’ha trasformata in un’insulsa scampagnata e deve invece tornare a essere uno strumento per colpire il capitale. Rifiutare ogni sostegno alle necessità superiori di questa o quell’azienda, privata o pubblica, e soprattutto dell’economia nazionale, con cui stato, governi, padronato, sindacati non smettono di ricattarci, proponendocele come “nostro comune interesse”. Rifiutare ogni tentazione nazionalistica con cui la classe dominante di ogni paese cercherà di schierare i proletari gli uni contro gli altri.

 

Proletari! Compagni!

Il responsabile della tragedia che ci colpisce è il modo di produzione capitalistico. Esso va quindi abbattuto con la classe borghese che ne dirige e orienta lo sviluppo e sostituito dal Comunismo, fondato sui bisogni della specie umana e non sulle leggi del profitto. A questa prospettiva lavora il Partito comunista internazionale, per il cui rafforzamento e radicamento internazionale i proletari più combattivi dovranno organizzarsi e operare: la sua urgenza e la sua importanza sono, giorno dopo giorno, sempre più evidenti.

 

Volantino distribuito dai nostri compagni in occasione del Primo Maggio e di altre manifestazioni

 

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°04 - 2013)