Lavorando al V Volume della Storia della Sinistra Comunista

Pubblicato: 2013-07-02 21:04:18

Il lettore del IV Volume della nostra Storia della Sinistra comunista ricorderà che l’EKKI (il Comitato Esecutivo dell’Internazionale Comunista), nella seduta dell’8 marzo 1922, si era pronunciato in modo sostanzialmente negativo nei confronti delle “Tesi sulla tattica” che il PCd’I avrebbe approvato di lì a poco, nel suo II Congresso a Roma. Il famoso “Contributo del Presidium dell’Esecutivo al progetto di programma del PCd’I” che doveva rappresentare una dettagliata e piuttosto astiosa critica alle “Tesi” arrivò in aprile, a Congresso terminato e a “Tesi” ormai approvate. Di esso, pertanto, non fu possibile tener conto in sede di dibattito (ciò che suscitò alcune polemiche in seguito, e che servì agli storici di matrice stalinista per tacciare falsamente di doppiogiochismo la direzione del Partito). L’incomprensione delle “Tesi” da parte di Zinoviev e di Radek (non erano affatto il “programma” del Partito, ma riguardavano la sua tattica) si comprende meglio valutando il fatto che solo a partire dall’estate di quell’anno l’Internazionale si sarebbe posta finalmente il problema di costituire una “Commissione per lo studio del programma dell’Internazionale Comunista”; e nel corso delle riunioni di questa Commissione emergeranno chiarissime le confusioni – anche a livello dei vertici – tra programma e tattica. Il “Contributo” dell’IC premeva sul Partito italiano perché dichiarasse di accettare quella tattica che permettesse un rapido ed efficace recupero delle masse operaie anche mediante accordi con altri partiti, di “lottare per lo scioglimento della Camera”, di “formare un blocco con il Partito socialdemocratico per stabilire un programma minimo” di un futuro governo operaio.

In questo contesto, i rapporti fra PCd’I e IC erano destinati a farsi tesi, ma la direzione del Partito fece ogni sforzo per mantenere bassi i toni della nascente polemica. Fu nuovamente assicurata piena adesione alle direttive dell’IC e fu stabilito di partecipare ai lavori del successivo Esecutivo Allargato (giugno 1922), che si annunciava particolarmente importante, inviando a Mosca Bordiga per la maggioranza e Graziadei per la minoranza. Al ritorno da Mosca, veniva fornita al Partito una succinta esposizione dei lavori (cfr. l’Ordine Nuovo, 1 luglio 1922, riportata qui sotto), che ribadisce la volontà di trovare un accordo con le direttive dell’EKKI facendo piazza pulita degli equivoci sorti su alcuni punti controversi. Il resoconto era preceduto dalla dura “Risoluzione” da parte dell’EKKI, la cui volontà era quella di piegare la maggioranza del PCd’I alla tattica della fusione politica con altri partiti; e dal Comunicato del C.C. del Partito che, ancora una volta, dopo aver ribadito che la tattica elaborata in Italia rifletteva “opinioni elaborate ed elaborantisi attraverso le proprie esperienze” (ed alle quali, era facile capire, non si sarebbe rinunciato in nessun caso, come dimostrerà la Relazione di Bordiga al IV Congresso dell’IC, nel novembre di quell’anno), assicurava in ogni caso l’incondizionata ed unanime adesione alle decisioni dell’IC. Ma, si sottolineava, ciò non avrebbe dato adito in nessun modo a discussioni interne, salvaguardando il principio della più stretta disciplina internazionale.

 

 

Risoluzione sul Partito Italiano

Il C. E. dell’Internazionale Comunista prende atto della dichiarazione della maggioranza della delegazione del Partito Comunista d’Italia, secondo la quale: “Le tesi sulla tattica esaminate dal congresso del Partito Comunista d’Italia a Roma non costituiscono una decisione sull’azione del Partito, ma solamente un’opinione elaborata nel lavoro preparatorio del Congresso”.

Questa opinione deve essere messe in armonia con le risoluzioni dell’Internazionale Comunista. Il Partito Comunista d’Italia è informato che il C. E. dell’Internazionale Comunista considera queste tesi come inesatte. L’Esecutivo chiede che il Partito Comunista d’Italia prenda nel suo prossimo congresso sulle questioni di tattica generale una decisione in perfetta concordanza con la linea tattica dell’Internazionale Comunista.

 

Partito comunista d’Italia

Comunicato del Comitato Centrale

Nella sua riunione del 28 giugno la Centrale del P.C.I. ha avuta relazione completa delle discussioni svolte a Mosca tra la delegazione del Partito e il C. E. dell’Internazionale Comunista e delle decisioni concordate.

Mentre provvede alla pubblicazione della risoluzione votata per mandato del C.E. allargato dal “Praesidium” della I.C. nella seduta del 12 giugno, e di un rendiconto sommario dell’andamento delle discussioni, la Centrale del P.C.I. prendere atto del complesso delle decisioni e degli accordi, e pienamente ne ratifica l’accettazione da parte della delegazione del Partito.

Constatando con soddisfazione come sia risultato che i rapporti fra il Partito e l’Internazionale dal punto di vista della organizzazione e della disciplina non hanno mai dato luogo a conflitti di sorta, mentre nell’indirizzo politico e tattico mai hanno avuto o avranno altro valore che quello del più intimo collegamento e della completa identità di fini e di metodi nella lotta per la rivoluzione comunista; la Centrale dà piena garanzia alla Internazionale e a tutti compagni che il Partito, anche al di sopra di particolari opinioni elaborate ed elaborantisi attraverso le proprie esperienze, si atterrà incondizionatamente nella sua azione alle recenti decisioni di Mosca e a tutte le ulteriori disposizioni dell’Internazionale, secondo l’unanime solenne impegno del Congresso di Roma.

Richiamando tutti i compagni la grave situazione presente della lotta proletari in Italia e i delicati compiti del Partito dinanzi ad essa, la Centrale avverte che le decisioni di Mosca, pel loro valore esecutivo, non danno luogo all’inizio di discussioni interne; e la Centrale, come risponde sotto la sua responsabilità della loro fedele ed immediata applicazione, così ricorda a tutti i militi del Partito il dovere della più stretta disciplina, ed esprime la certezza che il Partito procederà negli sviluppi della sua tattica e nei cimenti della sua azione rivoluzionaria con quella perfetta compattezza ed unione di movimenti di cui ha sempre saputo dare prova ed esempio.

Il Comitato Centrale

 

Lo svolgimento della discussione

Le brevi notizie date dalla stampa comunista sulla discussione del C.E. allargato e degli organi della Internazionale comunista sulle cose italiane, è bene siano completate con questo breve rapporto della Centrale del Partito, nel quale d’altronde non si potrà accennare che a quelle quistioni che non hanno carattere riservato.

 

La Delegazione italiana

Subito dopo il Congresso di Roma del nostro Partito (fine marzo 1922) il nuovo Comitato Centrale deliberava l’invio a Mosca di una delegazione del Partito per quella discussione sulla tattica da applicare in Italia che era stata decisa prima dal C.E. allargato riunito a Mosca in febbraio-marzo, e poi dal Congresso medesimo del nostro Partito. Varie circostanze ritardarono la partenza della delegazione, e tra esse oltre al lavoro di Partito la partecipazione del compagno Bordiga alla conferenza di Berlino delle tre Internazionali, in aprile.

Ai primi di giugno si trovava a Mosca la delegazione italiana così composta: Bordiga, Gramsci, Ambrogi per la Centrale del Partito, Graziadei per la minoranza del Congresso di Roma. Al suo arrivo la delegazione apprese che si sarebbe immediatamente tenuta una nuova sessione del C. E. allargato dell’Internazionale Comunista.

Nelle sedute del Presidium del 5 e6 giugno a cui assistette tutta la nostra delegazione fu deciso di comprendere nell’ordine del giorno delle sedute plenarie anche un punto riguardante il Partito Comunista d’Italia e i suoi problemi. I nostri compagni chiesero che una tale discussione si svolgesse tra la delegazione e il Presidium, ed infine si concordò che si sarebbe nominata una commissione, e solo dopo i lavori di questa si sarebbe portato l’argomento innanzi al C. E. allargato.

 

Il discorso di Zinoviev

La prima seduta di questa ebbe luogo il 7 giugno. Zinoviev vi pronunziò il discorso sulla tattica del fronte unico e le sue esperienze che i nostri quotidiani hanno già riportato nel testo integrale, occupandosi anche brevemente delle cose italiane. Le osservazioni del compagno Zinoviev provocarono una interruzione di Bordiga che osservò come l’andamento dei fatti nella quistione dell’Alleanza del Lavoro dovesse essere meglio chiarito, ma il compagno Zinoviev giustamente dichiarò che se ne sarebbe riparlato in tema della quistione italiana, in cui la nostra delegazione avrebbe avuto agio di dare le maggiori spiegazioni sull’attitudine del Partito italiano.

Non vi fu d’altra parte né in quella né in altra seduta un dibattito sul tema generale del fronte unico, che si limitò ai rapporti di Radek e Zinoviev e ad un voto con cui questi vennero ulteriormente approvati senza discussione.

 

La Commissione per la quistione italiana

Venne nominata la Commissione per la quistione italiana nelle persone dei compagni: Zinoviev, Radek, Souvarine (Francia), Jordanof (Bulgaria), Kreibic (Ceco-Slovacchia).

La Commissione per le due sedute, il 9 e 11 giugno. La delegazione italiana propose di dividere gli argomenti in due parti: quella riguardante l’opera del Partito fino allora, e quella riflettente la tattica da adottare nell’avvenire. Sulla prima parte i delegati della maggioranza sostennero e dimostrarono con argomenti di fatto che nessun conflitto di organizzazione o di disciplina si era verificato tra il nostro Partito e l’Internazionale. Soprattutto si discusse del congresso e della nostra tattica nel fronte unico. Fu facile chiarire quale portata dava al voto sulle tesi tattiche la nota unanime mozione pregiudiziale, che salvava completamente, e in modo non solo formale, ma sostanziale, la disciplina internazionale.

 

I comunisti e l’Alleanza del Lavoro

Per la quistione dell’Alleanza del Lavoro venne dimostrato come la riunione del febbraio tra i partiti politici, a cui noi non partecipammo, ma aderimmo con lettera, non aveva l’obiettivo di costituire una alleanza di partiti, ma solo di provocare da ciascun partito politico proletario la adesione al progetto dell’Alleanza tra i sindacati. Se i comunisti vi fossero intervenuti, non per questo si sarebbe estesa agli organi politici la base della Alleanza, e gli eventi avrebbero potuto essere spostati solo nel senso di rendere meno facile la costituzione della Alleanza sindacale, e più agevole il suo sfruttamento a fini opportunisti. Quindi con quel contegno il Partito Comunista non si precluse nessuna maggiore possibilità di parlare al proletariato, che invece si assicurò negli organi locali e nei comizi proletari della Alleanza, pur essendo sabotata la nostra richiesta di rappresentanze più larghe, e proporzionali alle frazioni, degli organismi aderenti nel Comitato Nazionale dell’Alleanza. La dimostrazione che la data della riunione era anteriore alla risoluzione del C. E. allargato sul fronte unico, fece poi eliminare ogni considerazione di infrazioni disciplinari da parte del Partito Comunista Italiano in questa quistione.

 

Nessuna infrazione alla disciplina

Fu anche chiarito come nessuna opposizione alla esecuzione di disposizioni internazionali si fosse mai verificata da parte nostra. La stampa del Partito ha sempre sostenuta la direttiva ufficiale del Comintern nella quistione del fronte unico internazionale e il Partito ha fatto il possibile per applicare contro il sabotaggio socialista le decisioni della Conferenza di Berlino.

Se vi è stato un dibattito sul fronte unico, questo si è svolto internamente e nella rubrica di preparazione al congresso, e non solo mai non si è fatta con scritti editoriali una critica della tattica del Comintern, ma anche nel nostro dibattito interno abbiamo sempre sostenuto come fosse assurdo giudicare questa tattica, criticandola superficialmente come una deviazione in senso opportunista, mentre si trattava della ricerca delle migliori vie per il comune scopo rivoluzionario.

La discussione dimostrò che non era possibile affermare che vi fossero stati da parte del Partito Comunista Italiano atti di indisciplina o intralcio del funzionamento dei legami organizzativi internazionali, cosa giustamente indicata come pericolosissima nel discorso del compagno Zinoviev.

 

La tattica per l’avvenire

Passando a discutere sulla tattica da svolgere ulteriormente, venne stabilito che anche in caso di disaccordo dei pareri le disposizioni della Internazionale sarebbero state eseguite senza alcuna resistenza da parte del Partito italiano e della sua maggioranza.

La maggioranza della nostra delegazione fece un rapporto contenente quelle che sono le nostre prospettive di azione e le nostre proposte tattiche in rapporto alle possibilità della situazione, e un rapporto fu svolto anche dal compagno Graziadei.

Si avviò una discussione su questi punti, e alla fine della seconda seduta, pur essendovi ancora delle divergenze nel punto di vista dei convenuti, il compagno Zinoviev di sua iniziativa propose che dato l’esito soddisfacente di queste discussioni, da cui era emersa la indiscutibile buona volontà dei compagni italiani di uniformarsi alla disciplina internazionale, si rinunziasse a portare la quistione nell’Esecutivo allargato.

Infatti nella seduta dell’11 il compagno Zinoviev prese la parola per una dichiarazione sulla quistione italiana, e fece la proposta di rinviare la definizione di essa, che già appariva assicurata, al Presidium della Internazionale, aggiungendo poi un sommario esposto sulla situazione oggettiva e le necessità della tattica comunista in Italia. Nessuno quindi prese la parola sull’argomento, e la proposta Zinoviev fu accettata unanimemente.

 

Le risoluzioni del “Presidium”

Si svolse quindi dopo altri scambi di idee tra Zinoviev e la delegazione, un breve dibattito nella seduta del Presidium del 12 giugno. Zinoviev propose un breve testo pubblico sulla quistione del congresso italiano, che fu approvato dopo averne concordato il testo con la nostra delegazione, che di intesa tra maggioranza e minoranza aveva proposto lievi emendamenti. Zinoviev propose poi un testo di risoluzione interna, da comunicarsi al Comitato Centrale del P.C.I. La delegazione italiana dichiarò di accettare integralmente tale testo, impegnandosi alla sua applicazione, pur segnando talune sue osservazioni in una dichiarazione della maggioranza depositata al processo verbale, mentre il compagno Graziadei faceva a sua volta una dichiarazione che poneva anche in rilievo la unanimità del Partito nella decisione di conservare incondizionatamente la disciplina internazionale.

Nella dichiarazione della maggioranza, oltre a precisare il punto di vista del Partito sulla situazione concreta in Italia, si affermava che il nostro Partito era favorevole alla tattica del fronte unico e la aveva adottata tra i primi (cosa ampiamente e ufficialmente riconosciuta nelle dichiarazioni di tutti i compagni che avevano trattato l’argomento) e che le modalità di applicazione che esso propugnava non consistevano affatto nel voler dare alla lotta del proletariato contro la offensiva borghese un contenuto puramente economico e sindacale, trascurando il terreno della lotta politica, ma solo in attitudini tattiche che noi riteniamo atte a far trionfare la politica rivoluzionaria del comunismo contro tutti i nemici e tutti i pericoli.

La maggior cordialità regnò in ogni momento della discussione tra i compagni italiani di tutta la delegazione, e tutti gli altri compagni, che fraternamente e serenamente collaboravano ad un fine comune e si scambiavano il contributo delle rispettive esperienze e l’impegno al reciproco appoggio nel legame indissolubile di una solidarietà internazionale tangibile con creta ed effettiva. I rapporti tra la Internazionale rivoluzionaria e la sua Sezione italiana non potevano essere meglio riconfermati e risuggellati, secondo il sentimento profondo ed unanime di tutti i comunisti d’Italia.

(“l’Ordine Nuovo”, 1 luglio 1922)

 

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°04 - 2013)