Dalla splendida lotta di febbraio allo sciopero straordinario del 22 marzo dei proletari immigrati della Aster Coop di Anzola

Pubblicato: 2013-04-21 07:03:23

Torniamo brevemente sulla vicenda dei facchini dell'Aster Coop che lavorano nel magazzino di Anzola Emilia, di proprietà di Centrale Coop, fondamentale snodo nel nord est del sistema distributivo di Coop Adriatica.

Avevamo lasciato questi lavoratori a fine novembre, dopo 5 giorni di sciopero e relativo blocco totale della movimentazione delle merci – sciopero che al tempo non ebbe immediati risultati concreti per i lavoratori. Nel frattempo, essi hanno potuto assaporare le “meraviglie” riservategli dalla nuova Cooperativa di cui son dovuti diventare necessariamente soci: retrocessione al pieno precariato, perdita dello status di personale dipendente attraverso l'escamotage del “socio lavoratore”, perdita dei livelli contrattuali maturati (spesso in più di 10 anni di lavoro), abbassamento drastico dei già insufficienti salari, imposizione di un nuovo caporalato “venuto da lontano”, aumenti drastici dei ritmi di lavoro (da 80 a 120 colli) e infine continue minacce di liste di proscrizione e di licenziamenti... Questi e altri ancora, nella quotidianità fetente del magazzino, sono stati i “regali” che i facchini di Anzola hanno trovato nel “pacco natalizio”.

Evidentemente, Aster Coop (ma si legga Centrale Coop, dunque Coop Adriatica) non ha capito nulla di quello che era accaduto a novembre, del significato politico-sindacale della coraggiosa lotta di allora. Arroganti, di quell’arroganza che solo i figliocci dei traditori della classe operaia possono raggiungere (parliamo di una cooperativa, cioè di un istituto nato in origine “con lo scopo di emancipare i lavoratori dai padroni”), i padroni hanno continuato a pensare che in fondo questi “quattro baluba sarebbero tornati nei ranghi, schiacciati dalla loro potenza, non appena le acque si fossero calmate.

Passate alcune settimane, infatti, le dette cooperative hanno messo in campo tutta la loro stupidità: non contente dell'accaduto e ciecamente pronte a scatenare la loro punizione su chi si era permesso di alzare la testa, sono passate alle ritorsioni. Detto fatto: a fine febbraio, tre lavoratori di Anzola ricevono nel turno della mattina le lettere di licenziamento. La storia non ci dirà mai se erano pronte altre lettere per i lavoratori del turno del pomeriggio, in quanto i facchini entrano subito compatti in agitazione. Il Si-Cobas, l'unico sindacato che è stato vicino a questi lavoratori, indice ufficialmente lo sciopero e di nuovo le merci vengono bloccate.

Apriti cielo! I nostri “democratici cooperatori” chiamano la polizia che anche questa volta risponde prontamente (ci si potrebbe qui chiedere come mai la polizia risponda così alacremente alle sirene Coop, che in fondo sono un soggetto privato?!): arriva dopo poche ore, già in assetto antisommossa e pronta a intervenire con la forza.

Dopo momenti di tensione, tutto viene rimandato al giorno successivo. E il giorno successivo i lavoratori, sempre sotto minaccia delle “manganellate democratiche”, riescono a inviare propri rappresentanti insieme a un sindacalista al tavolo della trattativa. I lavoratori pretendono: ritiro immediato dei licenziamenti, fine del periodo di prova (che nel frattempo era lievitato da 3 a 24 mesi) entro il quale possono essere messi alla porta senza alcun motivo, riconoscimento ufficiale del Si-Cobas da parte dei padroni.

Immaginiamo i fitti, vorticosi squilli di telefono incrociati fra dirigenti statali, prefettizi, ministeriali, cooperativi grandi e piccoli, per decidersi sul da farsi: ma la lotta è reale e il ricordo del recente passato induce a malincuore la Coop a firmare seduta stante un accordo con il Si-Cobas, in cui si prevede il ritiro dei licenziamenti e la fine del periodo di prova, e dunque la conferma ai propri posti di lavoro di tutti i facchini di Anzola. Come bambini dell'asilo, però, i “democratici cooperativi” rifiuteranno (e si rifiutano tuttora) di accettare come controparte riconosciuta il Si-Cobas che è diventato, nel frattempo, l'unico rappresentante sindacale dei lavoratori della Aster Coop di Anzola, avendo la totalità delle adesioni fra questi.

 

VITTORIA! La determinazione dei “Barbari” ha sconfitto il Padrone.

Questa lotta esemplare è, insieme a molte altre che stanno avvenendo contemporaneamente nei comparti economici dove l'elemento internazionale del proletariato è più presente, una bussola per tutti i proletari.

I facchini di Anzola non si sono rivolti ad avvocati o a giudici, non sono saliti su gru o scesi in neri pozzi, non hanno belato intorno a illusori “diritti”, non hanno chiesto il patrocinio di nessun politico e di nessun religioso: hanno lottato con le loro forze e le loro debolezze, come uomini e donne vere, potenti e determinati, consapevoli che l'ingiustizia è il fondamento di questo sistema e non una sua “stortura”. Si sono ribellati alla forza che li schiacciava opponendovi la propria forza, e con la propria forza, e non con le carte bollate, hanno vinto la battaglia. Una prima vittoria certo, e altre ancora ne devono seguire per ottenere tutto quello che gli è stato tolto, ma una vittoria fondamentale che segna la linea di confine oltre la quale la controparte non può passare e la trincea su cui attestarsi prima di sferrare il prossimo colpo.

E così è stato: il 22 marzo, giorno di sciopero nazionale indetto dal Si-Cobas a supporto del rinnovo del contratto nazionale del settore trasporti e logistica, e dunque a supporto della propria piattaforma, ha visto di nuovo i facchini di Anzola in prima linea. È necessario sottolineare come nelle decine di manifestazioni e presidi svoltisi nelle 24 ore dello sciopero in tutto il Nord Italia, solo ad Anzola Emilia si è di nuovo vista all'opera la repressione dura.

Evidentemente, l'attacco portato alla maggiore realtà economica dell'Emilia Romagna, vera e propria potenza borghese “rossa” sta assumendo un pericoloso valore simbolico per tutte le altre realtà collegate a questo mostro imprenditoriale tentacolare, e non solo. Evidentemente, i padroni cominciano a capire che in gioco non ci sono più piccoli spostamenti di denaro da centellinare nei salari, ma oramai tutta l'impalcatura della vera truffa rappresentata dal sistema cooperativo nel suo insieme.

Così, se è vero che il bel tempo si vede dal mattino, il mattino del 22 ha portato subito un'ottima notizia. I lavoratori della cooperativa Interlog, che lavorano in un magazzino a pochi metri da quello della Centrale Coop, visti i preparativi del picchetto che avvenivano davanti ai loro occhi, decidono seduta stante di aderire allo sciopero e picchettano immediatamente l'entrata del loro posto di lavoro, bloccando anche loro il flusso delle merci. La situazione si fa subito molto tesa. Ancora una volta, Centrale Coop decide per una contrapposizione frontale e si fa scudo della polizia che anche in quest’occasione, tanto per non smentirsi, si fa viva subito in formazione antisommossa. I “democratici cooperatori” chiedono a gran voce che si liberino subito i cancelli per far transitare le merci: non accettano nessuna mediazione e alla fine ottengono che la polizia tenti lo sgombero. La prima carica avviene a metà mattinata, ma non ottiene molto: i facchini, oltre a respingere la carica facendo scudo con i loro corpi, invadono la via Emilia e ne bloccano il traffico. La polizia decide di ritirarsi e si rintana nuovamente dentro ai cancelli di Centrale Coop.

Nel frattempo, davanti al magazzino della Interlog avvengono altri incresciosi episodi. I capi della cooperativa, increduli di ciò che sta accadendo, prima tentano di sfondare il picchetto con macchine e TIR, ma vengono respinti; poi, decidono di passare alle aperte minacce: “Siete solo degli schiavi”, “ve la faremo pagare”, “ormai avete perso il posto di lavoro”, “vi schiacceremo come topi”, ed altre edificanti frasi escono da bocche piene di bava e di livore nel tentativo di spezzare la solidarietà e la compattezza degli scioperanti. Ma anche queste minacce cadono nel vuoto. Alla fine, la dirigenza non può che chiedere alla polizia lo sgombero del picchetto.

Tutto il proscenio, nelle prime ore del pomeriggio, si sposta allora davanti ai cancelli della Interlog. Non è sufficiente una lunga trattativa fra i rappresentanti dei lavoratori, i capi della cooperativa e la polizia. La decisione è di caricare e questa volta, a differenza della mattina, le intenzioni dichiarate sono di andare fino in fondo. Due violente cariche si abbattono sui lavoratori, i quali ancora una volta affrontano compatti e coraggiosi, a mani nude, i manganelli. La polizia mena (lo attestano i molti filmati su questi eventi che girano sul web), ma ottiene ben poco. La determinazione dei lavoratori fa sì che un solo camion riesca a sfuggire al picchetto e per di più questa fuga dissennata riesce solo a costo di tre feriti, di cui uno grave. Tutto si risolve nel blocco della via Emilia per almeno un paio d'ore e infine i lavoratori decidono che la loro protesta ha colto nel segno ed escono dalla strada statale per terminare la loro giornata di lotta con un'assemblea davanti al piazzale di Centrale Coop.

 

La manifestazione nazionale è pienamente riuscita e anche lì dove, come ad Anzola, i padroni hanno messo in campo tutta la loro rabbia ed insofferenza, lo sciopero ha portato a casa i propri obbiettivi: dimostrare ai “democratici cooperatori” di tutte le lande la determinazione profonda dei facchini a cambiare le loro attuali condizioni lavorative e salariali.

 

Noi salutiamo come un evento importante questo risveglio della lotta nei settori dove lo sfruttamento è maggiore e additiamo agli altri lavoratori e operai la giusta prassi seguita dai proletari della logistica per la difesa delle proprie condizioni di lavoro: una prassi del tutto alternativa e veramente di classe, contrapposta a metodi che invece prevedono sempre uno scimmiottamento delle lotte, con continue mediazioni al ribasso. Non possiamo che auspicare che la lotta nel comparto della logistica influenzi il resto della classe operaia e la spinga a riprendere un cammino da troppo tempo abbandonato.

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°03 - 2013)