Lettera dalla Francia

Pubblicato: 2012-07-01 20:43:22

Pubblichiamo la risposta di un nostro compagno francese all’invito a firmare una petizione circolata in Francia agli inizi dell’anno, a favore del diritto d’asilo per una famiglia montenegrina perseguitata nel paese d’origine. Al di là del caso specifico, la risposta ci sembra esemplare sia sul piano delle motivazioni sia su quello del metodo.

 

[…]

Non firmerò questa petizione e voglio spiegarti perché. Hai tutte le ragioni di lanciarti e di “lavorare” in un movimento sociale e mi fa molto piacere vedere che ci sono ancora in giro (ma sono rari) dei “militanti” (non è esagerato, il termine “militante”: purtroppo, ha ormai un significato peggiorativo, sclerotizzato; ricordi il personaggio di Jourdain nel “Borghese gentiluomo” di Molière, che faceva della PROSA senza saperlo? in molti fanno del militantismo senza saperlo: non è necessario avere in tasca la tessera di una qualche organizzazione per essere un militante!), e dunque di vedere anche te difendere i sans papier, i senza tetto, i senza diritti, etc… in una parola, i senza riserve, quelli che non possiedono ALTRO che la loro forza-lavoro: i proletari (non bisogna confondere operaio con proletario: gli operai sono dei proletari di fabbrica).

Anche quando si difende UNA sola famiglia, si è immersi in questo movimento sociale e bisogna rendersene conto, bisogna comprenderlo. E non si ha il “diritto” di criticare i pochi che lo fanno, perché così si pugnala il movimento stesso. Nella storia sociale, c’è stato spesso quest’atteggiamento (nemmeno i marxisti ne sono andati immuni): utilizzare il movimento sociale CONTRO il movimento sociale. Se vorrai, potremo parlarne ancora, meglio se a quattr’occhi. Ma ci sono molti modi diversi per immergersi nel movimento: c’è il modo dell’Abbé Pierre, nient’altro che un RIFORMATORE di questa puttana della società capitalistica (“nascondete il seno, che io non l’abbia a vedere”), e c’è il modo di chi guarda più lontano, che va più lontano del movimento IMMEDIATO, che si batte infine per LIQUIDARE questa società di classe. Ma sempre si è immersi – senza saperlo, senza rendersene conto – dentro la lotta fra le classi. L’atteggiamento generale della classe dominante nel mondo intero è quello di negare le classi e le lotte di classe e SOPRATTUTTO di indurci a negarle. Ma ogni classe dominante, ogni governo di “destra” come di “sinistra”, conduce una lotta contro i senza riserve, una lotta contro i proletari del mondo intero: basta guardare il nostro governo che fa una vera e propria guerra alle pensioni, per allungare la giornata di lavoro, e – peggio ancora –blinda la “democrazia” con misure poliziesche. E’ lo stesso in tutti i paesi: guarda che cos’ha fatto il governo “socialista” spagnolo e come la “destra” tornata al potere non fa che continuarne l’opera; guarda il governo “laburista” inglese, come ha risposto alle lotte e agli scioperi proletari a colpi di manganello; guarda che cos’ha fatto il governo “francese” prima del 1981 con Stoléru agli Interni e poi il governo Mitterrand del maggio-giugno 1981, con lo stesso ministro degli Interni. Le illusioni sono cadute molto rapidamente e nell’immediato ciò ha voluto dire un'altra pugnalata alle spalle: anche un Ministro dei Trasporti del PCF, a quell’epoca, ha lanciato i “reparti speciali” contro i ferrovieri.

Non si ha il “diritto” di fare una critica generale della petizione IN QUESTO MOMENTO, poiché il movimento è molto debole e isolato. Ma non bisogna nemmeno farsi delle illusioni sulla petizione. In nessun caso essa è un’ARMA di lotta. Tutt’al più, oggi come oggi, la si può utilizzare come mezzo di mobilitazione dei senza riserve fintanto che il movimento è molto arretrato (e oggi lo è). Si può firmare e far firmare una petizione che chiami alla lotta o a un sostegno. Ma poi bisogna buttarla nella carta straccia. Non serve a nulla farla arrivare a un qualunque settore dell’apparato dello Stato, perché ciò significa illudersi e soprattutto illudere chi si pretende di voler difendere. Ancora una volta, la petizione non è un mezzo di lotta: si oppone alla lotta, è un sostituto della lotta.

Il mezzo, la nostra arma, è la lotta reale, quotidiana, gomito a gomito. E’ la lotta di ogni giorno, una lotta FISICA con i suoi alti e bassi. Oggi siamo nel punto più basso dell’onda da ottant’anni a questa parte. Il movimento proletario è stato praticamente inesistente in tutto questo tempo. Dunque, si può comprendere che si senta il bisogno di mezzi come la petizione per andare oltre. Però bisogna dichiararlo apertamente: non è un’arma di lotta, ma soltanto un mezzo fra i tanti per arrivare a una mobilitazione. Se non lo si fa, e tu non lo fai, si diffonde l’illusione, e non si prepara certo quell’“andare oltre”. Lo si fa ristagnare. S’intralcia la ricostruzione di un vero movimento dei “senza”. Ottant’anni di battaglie a colpi di petizioni, di petizioni dietro petizioni: ora basta! Si fa del “socialismo cristiano” (o musulmano, o ebreo), che vuole solo riformare, MIGLIORARE questa società di classe.

Se quest’ennesima petizione che circola si pone sul terreno della mobilitazione (e io non lo “credo”) e non come un fine in sé, un’arma finta, allora te la firmo a occhi chiusi, senza leggerla, anche se contiene errori politici che sono il riflesso del movimento attuale.

Si possono e si debbono aiutare le famiglie proletarie nel momento del bisogno o al di fuori della lotta, procurar loro nutrimento, riparo, protezione, il pasto, l’alloggio. La “mia” casa è sempre stata aperta a ciò. Ma bisogna andare oltre, avere una visione più ampia.

Posso discutere di tutto ciò con te e soprattutto con la famiglia che si tratta di difendere, al fine di istituire dei collegamenti, di battere l’isolamento. E’ questo e solo questo il metodo che permetterà infine la rinascita di organismi immediati e politici che siano vere organizzazioni di classe, con al loro interno una vera VITA OPERAIA, che non sia questa robaccia che abbiamo avuto fra le mani. Bisogna ricordare che cosa furono le CAMERE DEL LAVORO prima della guerra e il loro fine reale: non solo essere un “ANPE” [l’Agenzia nazionale per l’impiego – NdR] per i disoccupati, non solo procurar loro del lavoro. A quell’epoca, era il sindacato stesso a essere un ANPE, che proponeva lavoro ai disoccupati in alternativa ai datori di lavoro. Era un vero aiuto a chi era inattivo, evitando i molti negrieri che esistono oggi e vivono della disoccupazione attuale. Ma non erano solo quello: erano SOPRATTUTTO e PRIMA DI TUTTO delle vere organizzazioni proletarie in cui c’era un’autentica vita di classe […], una vita operaia, e dove si riunivano i lavoratori attivi e inattivi, TUTTI I GIORNI, e le riunioni e le discussioni erano a un’altezza d’avanguardia che andava ben al di là della bassezza di quelle di oggi.

[…]

OGNI LOTTA SOCIALE E’ UNA LOTTA POLITICA!

 

Partito Comunista Internazionale

(il programma comunista n°03 - 2012)