Proletari, compagni!
In Tunisia, Ben Ali è scappato. In Egitto, Mubarak ha dato le dimissioni e l’esercito ne ha preso il posto, con la benedizione degli Stati Uniti (che in tutti questi decenni non hanno mai smesso di finanziarlo gratis) e di tutte le borghesie europee (interessate soltanto a conservare la propria influenza economica e strategica nell’area). In Libia, Gheddafi per il momento resiste, a costo di una sanguinosa repressione: ma è probabile che anche i suoi giorni siano contati e si prepari un passaggio di poteri (forse con l’intervento della Nato). In realtà, tutto cambia, perché nulla cambi! Questi avvenimenti (che sono transizioni di regime, e non rivoluzioni) hanno voluto dire migliaia di morti e hanno occupato le prime pagine di tutti i media nelle ultime due settimane, nascondendo il fatto che tutta l’area che va dal Marocco alla Giordania e allo Yemen è stata investita – chi più, chi meno – da un possente movimento di lotta.
Sotto la pressione della crisi economica mondiale, spinte da condizioni di vita e di lavoro sempre più dure, precarie, opprimenti, le masse proletarie e proletarizzate sono scese in strada. Ma la loro rivolta, istintiva e di massa, è stata presto utilizzata da quei settori delle borghesie nazionali e della piccola borghesia da tempo interessati a una modernizzazione del regime, resa ancor più urgente dall’incalzare della crisi. Così, il movimento di lotta è stato presto incanalato verso obiettivi di riforma democratica: è stato quindi privato della sua forza potenziale. Non poteva essere altrimenti, dato il carattere istintivo della rivolta e in assenza di una forza rivoluzionaria in grado di porre, finalmente e apertamente, il problema del potere: il problema di chi comanda realmente – non questo o quell’individuo, ma quale classe e con quali interessi.
Proletari algerini, tunisini, egiziani, libici, di tutti i paesi dell’area!
Non illudetevi! Le forze (l’esercito, l’“opposizione”, partiti laici o religiosi) che hanno sostituito i “dittatori” non garantiranno una “maggiore libertà”! Garantiranno esclusivamente gli interessi (opposti ai nostri) del capitale nazionale e del capitale internazionale che oggi guarda a quell’area (così ricca di materie prime) con molta preoccupazione. Nell’immediato, potranno anche fare qualche concessione. Ma saranno solo briciole. La crisi economica mondiale imperversa ed è destinata ad aggravarsi: quindi, il nuovo regime, in Tunisia come in Egitto o in Libia, imporrà il… ritorno al lavoro e allo sfruttamento, spremerà i proletari per ricavare profitti (in Egitto, una delle prime misure del dopo-Mubarak è stata quella di vietare tutti gli scioperi!). E, se poi a qualcuno verrà in mente di tornare a manifestare per condizioni di vita e di lavoro meno dure, per avere più pane e case ed essere meno sfruttato, il “nuovo regime liberatore” farà quello che fanno tutti i regimi borghesi di fronte a un proletariato in lotta: bastonate, fucilate, cannonate!
Proletari, compagni!
A nord come a sud del Mediterraneo, all’ordine del giorno sono sempre due obiettivi, difficili ma – come la storia insegna – non impossibili:
Sono due obiettivi enormi, ma urgenti e irrinunciabili. Ogni altra strada porterà solo ad altre sofferenze, ad altri massacri.
Partito Comunista Internazionale
(Supplemento al n°01/2011 de " Il programma Comunista")