Necessità della preparazione rivoluzionaria

Pubblicato: 2011-02-14 21:27:47

In un articolo uscito esattamente un anno fa su questo giornale (“Il boom globale dell’immobiliare”, n.5, settembre-ottobre 2006), scrivevamo:

“Il destino che condanna il Capitale a crescere, pena la stagnazione e la morte, lo conduce, nell’epoca della sua crisi storica, a tentare percorsi di valorizzazione al di fuori del processo produttivo, luogo dell’estrazione del plusvalore. La legge che inesorabilmente impone saggi del profitto decrescenti spinge l’enorme massa di capitali circolanti liberamente nel mondo a cercare ogni possibilità di valorizzarsi in forma di interesse, attraverso una varietà di investimenti finanziari ormai divenuti straordinariamente ampi e ‘creativi’, e di rendita, acquistando porzioni di crosta terrestre da sfruttare in vario modo. Ma poiché anche l’interesse è soggetto alla medesima tendenza al calo dei tassi, la speculazione crea capitale fittizio, destinato a volatilizzarsi in improvvisi e catastrofici ritorni alla realtà. Le periodiche fasi speculative rivelano così la vanità del tentativo del Capitale di negare il proprio destino storico, e ai crolli seguono altre fasi speculative, altre ‘bolle’ che preparano altri crolli. Il Capitale mondiale – se si fa eccezione per le potenze emergenti, il cui poderoso sviluppo, proprio perché tale, è destinato a esaurirsi in tempi rapidi e a far maturare altrettanto poderosi contrasti – non conosce ormai altra ‘crescita’ che questa, fittizia o drogata da artificiosi stimoli alla produzione e al consumo”.

E, dopo un’attenta analisi del boom immobiliare, delle sue premesse e delle sue caratteristiche, concludevamo:

“Ci basta qui rilevare che nuovi e sempre più potenti fattori di crisi si addensano, che le crisi future si preannunciano di estensione sempre più ampia, con ricadute su settori sempre più vasti della popolazione anche nelle metropoli dell’imperialismo. Si esauriscono di volta in volta i tentativi di valorizzare i capitali in eccesso con la formazione di bolle speculative, si volatilizzano masse enormi di capitale fittizio, si manifesta l’eccesso di produzione di merci nella marea di edifici invenduti, cade la produzione dell’indotto e con essa l’occupazione. Per i proletari, cadono le illusioni della ricchezza facile, del benessere diffuso. I veri sognatori non sono quanti, come noi, ostinatamente si richiamano al comunismo rivoluzionario, bensì quanti continuano a credere nel capitalismo che, esaurita la sua missione storica, dispensa illusioni e può garantire solo miseria crescente”.

Le turbolenze estive, provenienti dal mercato immobiliare USA (e in particolare dai settori dei mutui sub-prime) e rapidamente estese alle borse di tutto il mondo, confermano quanto scrivevamo un anno fa. Sull’argomento, torniamo con un altro articolo nelle pagine interne di questo stesso numero: qui ci preme sottolineare piuttosto altri aspetti.

Innanzitutto, gli avvenimenti dell’estate mostrano da un lato l’instabilità profonda del modo di produzione capitalistico e dall’altro la stretta interconnessione di ogni suo settore, che discende dalla natura stessa del Capitale in quanto forza sociale. Gli effetti non si vedranno subito, perché nulla è meccanico nell’andamento dell’economia e nei suoi riflessi sulla società. Ma saranno profondi e tali da innescare inevitabili reazioni a catena. Lo stesso atteggiamento degli “osservatori” e degli “esperti”, categorie tipiche del parassitismo imperialista, impotenti a prevedere e incapaci di valutare, sono all’insegna o della rassicurazione cialtrona (“Il sistema è solido. L’economia tira. State tranquilli. Sono scossoni salutari”) o di un mal celato nervosismo. Ciò significa che la situazione non è proprio delle più rosee, che 100 miliardi di dollari bruciati (con tutte le conseguenze che si possono immaginare su PIL, occupazione, ecc.) non sono noccioline, che i richiami all’“austerità” si faranno sempre più pressanti, che le bastonate sulla schiena del proletariato si faranno più violente.

In secondo luogo, le sempre più evidenti e profonde turbolenze del modo di produzione capitalistico, mentre sono per i rivoluzionari fonte di rinnovato entusiasmo, al tempo stesso impongono loro di essere sempre più rigorosi e ferrei nel rivendicare la necessità della  preparazione rivoluzionaria – che può solo voler dire lavorare all’estensione e al radicamento del partito rivoluzionario. Noi infatti non siamo fra quelli che gridano “Al lupo! Al Lupo!” a ogni pie’ sospinto. Sebbene avessimo anticipato per il 2008 una nuova fase di contrazione dell’economia mondiale (Riunione Generale di Partito, dicembre 2006), sappiamo molto bene che i tempi di una crisi davvero profonda e significativa del modo di produzione capitalistico, e quindi di un suo svolgersi (non meccanico, non automatico) in crisi rivoluzionaria, saranno ancora lunghi, nonostante le turbolenze, gli scossoni improvvisi e le subitanee accelerazioni. Proprio per questo il partito deve vigilare e assolvere a tutti i suoi compiti: all’interno della sua compagine e all’esterno, compresi – là dove sia possibile – i compiti di organizzazione e direzione delle lotte proletarie, in modo da contribuire a estenderle in direzione di un vero fronte di lotta proletaria. E’ chiaro che l’obiettivo finale del partito (ma anche questa è musica dell’avvenire, a scorno di tutti gli impazienti e i faciloni) sarà quello di convogliare questo rinato fronte di lotta proletaria contro il bastione statale che difende il modo di produzione capitalistico, di infrangerlo e abbatterlo, e di conquistare dunque il potere. Ma questa non è una strada né breve, né diretta, né facile, e l’unico modo per imboccarla senza dover far subito marcia indietro o perdere drammaticamente la bussola, è quello di affermare con decisione e intransigenza la necessità oggi – come domani e come sempre – della preparazione rivoluzionaria.

Ciò vuol dire rivendicare nelle parole e nei fatti la continuità dell’organizzazione sul piano teorico e sul piano pratico, tenendo ben saldo il filo rosso che ci lega alla nostra tradizione di lotta, l’unica che abbia saputo reagire e sopravvivere alla più profonda e devastante ondata controrivoluzionaria mai abbattutasi sul movimento operaio e comunista, ormai dalla lontana metà degli anni ’20. Il partito deve cioè sapersi presentare all’appuntamento storico della crisi rivoluzionaria con un bagaglio teorico, un bilancio politico, un’organizzazione militante, intatti e rigorosi, perché il proletariato in lotta possa riconoscere in essi la sintesi e l’espressione della propria missione storica, al di là e al di sopra degli alti e bassi e delle brucianti sconfitte. Deve difendere l’organizzazione da ogni tipo di inquinamento teorico, politico, pratico che possa venire dall’esterno, e ciò non per un’intellettualistica mania di purezza, ma nella consapevolezza che quello strumento rivoluzionario senza il quale la crisi rivoluzionaria non potrà mai indirizzarsi in senso positivo va tenuto in ordine perfetto, con tutte le sue parti armoniosamente funzionanti. Deve prepararsi allo scontro supremo, assicurando la preparazione teorica, politica, pratica di tutti i suoi militanti e curando in maniera particolare il necessario ricambio generazionale a livello internazionale. Deve porsi il problema di far penetrare nel proletariato internazionale, sia nelle fasi di stasi come quella che tragicamente si prolunga ormai da quasi ottant’anni sia in quelle di ripresa classista che la crisi economica non potrà non provocare, i metodi di lotta e gli obbiettivi storici del comunismo, combattendo ogni forma di opportunismo – di cui quella spontaneista o estremista-infantile è forse la più pericolosa, proprio perché inevitabilmente finisce per essere anti-partito.

Nelle nostre “Tesi caratteristiche”, si ricorda:

“6. Il partito compie oggi un lavoro di registrazione scientifica dei fenomeni sociali, al fine di confermare le tesi fondamentali del marxismo. Analizza, confronta e commenta i fatti recenti e contemporanei. Ripudia l’elaborazione dottrinale che tende a fondare nuove teorie o a dimostrare l’insufficienza della dottrina nella spiegazione dei fenomeni.

“Tutto questo lavoro di demolizione (Lenin: Che fare?) dell’opportunismo e del deviazionismo è alla base oggi dell’attività del partito, che segue anche in questo la tradizione e le esperienze rivoluzionarie durante i periodi di riflusso rivoluzionario e di rigoglio di teorie opportuniste, che videro in Marx, Engels, in Lenin e nella Sinistra italiana i violenti e inflessibili oppositori.

“7. Con questa giusta valutazione rivoluzionaria dei compiti odierni, il partito, sebbene poco numeroso e poco collegato alla massa del proletariato e sebbene sempre geloso del compito teorico come compito di primo piano, rifiuta assolutamente di essere considerato un’accolta di pensatori o di semplici studiosi alla ricerca di nuovi veri o che abbiano smarrito il vero di ieri considerandolo insufficiente.

“Nessun movimento può trionfare nella storia senza la continuità teorica, che è l’esperienza delle lotte passate. Ne consegue che il partito vieta la libertà personale di elaborazione e di elucubrazione di nuovi schemi o spiegazioni del mondo sociale contemporaneo: vieta la libertà individuale di analisi, di critica e di prospettiva anche per il più preparato intellettuale degli aderenti e difende la saldezza di una teoria che non è effetto di cieca fede, ma è il contenuto della scienza di classe proletaria, costruito con materiale di secoli, non dal pensiero di uomini, ma dalla forza di fatti materiali, riflessi nella coscienza storica di una classe rivoluzionaria e cristallizzati nel suo partito. I fatti materiali non hanno che confermato la dottrina del marxismo rivoluzionario.

“8. Il partito, malgrado il ristretto numero dei suoi aderenti, determinato dalle condizioni nettamente controrivoluzionarie, non cessa il proselitismo e la propaganda dei suoi princìpi in tutte le forme orali e scritte, anche se le sue riunioni sono di pochi partecipanti e la stampa di limitata diffusione. Il partito considera la stampa nella fase odierna la principale attività, essendo uno dei mezzi più efficaci che la situazione reale consenta, per indicare alle masse la linea politica da seguire, per una diffusione organica e più estesa dei princìpi del movimento rivoluzionario.

9. Gli eventi, non la volontà o la decisione degli uomini, determinano così anche il settore di penetrazione delle grandi masse, limitandolo ad un piccolo angolo dell’attività complessiva. Tuttavia il partito non perde occasione per entrare in ogni frattura, in ogni spiraglio, sapendo bene che non si avrà ripresa se non dopo che questo settore si sarà grandemente ampliato e divenuto dominante” [1].

Questo vuol dire necessità della preparazione rivoluzionaria. Questo vuol dire lavorare all’estensione, al rafforzamento e al radicamento internazionale del partito, e dunque, al tempo stesso, contribuire al ritorno sulla scena mondiale della lotta proletaria – che deve poter essere inquadrata e diretta dal partito stesso, pena la sua dispersione e il suo riflusso.

Agli opportunisti, ai parolai, agli impazienti, sembrerà molto poco. Invece, non è solo tantissimo: è irrinunciabile, è la precondizione di qualunque prospettiva rivoluzionaria. E’ vero, noi comunisti siamo come i bradipi. Continuiamo per la nostra strada, verso la rivoluzione, lenti ma inesorabili. Lasciamo ad altri le capriole sul ramo.



[1] “Tesi caratteristiche del partito (1951)”, in In difesa della continuità del programma comunista, Edizioni Il programma comunista, 1970, pp.162-163.

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°04 - 2007)