Unilever: Nessuna fiducia, se non nelle proprie forze (2005)

Pubblicato: 2009-08-30 20:30:29

 

Proletari, compagni! 

Ricordate: nel gennaio del 2000, 25.000 licenziamenti fu la risposta di Unilever alla crisi capitalistica che da diversi anni imperversava costringendo decine di multinazionali e l’intero apparato borghese alla ristrutturazione forzata – quella stessa Unilever che aveva appena terminato un quadriennio di ristrutturazioni costato 17.000 licenziamenti e un conseguente inasprimento dei ritmi produttivi sopratutto nel settore della detergenza. E proprio nel momento in cui i “teorici dei sacrifici” (a destra e a “sinistra”) prevedevano (?!) di incassare il frutto di tante lacrime, ecco comparire di nuovo la mannaia dei licenziamenti. Si parla di 105 posti di lavoro che andrebbero perduti a Casalpusterlengo, di altri 21 alla Thermal Ceramics, di 9 alla Sori di Guardamiglio. Ma l’intero Lodigiano è sottoposto a una stretta tirata di cinghia, oltre che nel settore chimico, anche tra i metalmeccanici, tessili, alimentari, trasporti e pubblico impiego.

 

Proletari, compagni!

Sappiamo da lunga data le modalità con cui le attuali organizzazioni sindacali gestiscono queste crisi: licenziamenti, casse integrazioni, mobilità, prepensionamenti – tutte esperienze devastanti per la classe operaia. A braccetto con le aziende e le istituzioni, esse gestiranno una via d’uscita meno dolorosa (“chi paga devono essere i lavoratori, non certo l’azienda”: questo è il loro credo). Sappiamo l’isolamento a cui verrete sottoposti, uno per uno, precari o no, giovani e meno giovani, e il pompieraggio che verrà praticato su ogni vostra iniziativa di lotta. Nessun membro della classe operaia deve sentirsi risparmiato da questo attacco. Nessuna fiducia deve riporsi nelle organizzazioni, passate armi e bagagli alla controparte, ma solo in quei compagni di lavoro determinati a vincere una coraggiosa battaglia di difesa. Unica fiducia dunque nelle proprie forze unite, nella propria capacità di lotta, nella propria organizzazione di difesa indipendente. L’esperienza insegna che, anche se il proprio nome non è nella lista dei 105, tutta la produzione futura peserà sulle spalle di quelli rimasti. Inoltre, la realtà del licenziamento servirà come piede di porco per scardinare qualsiasi tipo di difesa economica delle nostre condizioni di vita e di lavoro. Sarà usata per ottenere con l’arma del ricatto ulteriori incrementi della produzione in tutti i siti “risparmiati” dai tagli: imponendo nuovi e più pressanti ritmi, prolungamenti dell’orario di lavoro, riduzione dei salari per i rimanenti occupati. Questa è una strategia che da troppi anni la classe vede imposta alle sue sempre più misere condizioni di vita e di lavoro: una strategia che il capitale usa per cercare di sottrarsi alle innumerevoli crisi che abbassano il suo saggio di profitto, facendo pagare ai lavoratori il costo delle perdite.

 

Proletari, compagni!

A tale consueta strategia, è necessario rispondere con altrettanta invarianza, riprendere in mano gli strumenti della lotta economica e non chinando il capo sotto quella mannaia che ogni giorno l’intero l’apparato borghese (Governo, Industria, Sindacati confederali) fanno pendere sul capo dell’intera classe operaia. L’unico modo di condurre la lotta economica deve essere:

 

 

 

 

Nessuna compatibilità è possibile tra le nostre necessità di vita e di lavoro e le condizioni di sopravvivenza del Capitale. Nessuna possibilità di vittoria futura e di emancipazione per la nostra classe è possibile senza quel partito di classe, che abbia mantenuto la bussola della lotta rivoluzionaria di classe per il Comunismo.

 

Partito comunista internazionale
(il programma comunista)