Nelle lotte di oggi la preparazione alle battaglie di domani

Pubblicato: 2010-11-28 17:38:40

Negli antagonismi che oppongono il proleta-riato alla borghesia e, in particolare, nella lotta per resistere alla concorrenza sfre-nata che il capitalismo semi-na fra i lavoratori, il risultato più duraturo e storicamente più gravido di conseguenze e potenzialità è quello dell’or-ganizzazione, della “unione sempre più estesa dei lavora-tori”. Le conquiste materiali, frutto delle innumerevoli sca-ramucce divampate sul terre-no delle lotte rivendicative, potranno mille volte andar perdute: quello che il capita-lismo può solo rallentare ma non cancellare è che si raffor-zi e si approfondisca tra noi sfruttati il senso del contrasto profondo e insanabile che ci divide dalla classe nemica. Mentre un aumento di salario e perfino una riduzione delle ore di lavoro possono essere riassorbiti dal meccanismo del modo di produzione capitali-stico, l’energia proletaria che si può via via sviluppare nel-le lotte quotidiane non verrà mai distrutta definitivamente, ma costituirà quella forza pos-sente che, orientata e diretta dall’azione dei comunisti, in-dirizzerà l’intero movimento della classe proletaria verso i suoi scopi finali. La lotta per il comunismo, per la distruzione della società ca-pitalistica, è dunque una lot-ta che ha come base, e al tem-po stesso come terreno di svi-luppo, una unificazione delle energie proletarie messe in movimento dalle stesse con-traddizioni della società e dell’economia borghese, ver-so finalità che diventano co-muni e proprie all’insieme della classe. Questa è una del-le basi materiali che permet-terà ai militanti rivoluzionari organizzati nel Partito Co-munista di dare corpo, nel ri-svegliare e unire i più larghi strati di proletari (di tutti quel-li che come noi per sopravvi-vere sanno di poter solo ven-dere la loro forza-lavoro – fi-sica o mentale, poco importa – per un tempo stabilito), al-la consapevolezza che solo la conquista violenta del potere e il suo esercizio dittatoriale nei rapporti sociali di produ-zione possono sopprimere lo sfruttamento della forza la-voro ed emancipare l’umanità intera dalla tirannide di un re-gime di produzione distrutti-vo delle stesse radici della vi-ta! E’ dunque l’indispensabile primo passo nella lotta per smascherare le manovre bor-ghesi che vogliono illudere i lavoratori sulla possibilità di “soluzioni”, di “ricette”, di “espedienti”, di “riforme”, per mantenere in vita invece di prepararsi a distruggere il gi-gantesco meccanismo econo-mico e politico che si regge sul lavoro salariato. E’ dun-que l’indispensabile primo passo nello scontro con tutti i riformismi che questa ener-gia vogliono frantumare per indirizzarla verso la conser-vazione utopistica del modo di produzione capitalistico. “Il movimento politico della classe operaia ha natural-mente come scopo ultimo la conquista del potere politico per la classe operaia stessa, e a questo fine è naturalmente necessaria una preventiva or-ganizzazione della classe la-voratrice sviluppata fino a un certo punto, e sorta dalle sue stesse lotte economiche. Ma d’altra parte ogni movimen-to in cui la classe operaia si oppone come classe alle clas-si dominanti e cerca di far for-za su di esse con una pres-sione dall’esterno è un movi-mento politico. Per esempio, il tentativo di strappare una riduzione della gironata di la-voro dal capitalista singolo nella singola fabbrica o anche in una sola industria, con scio-peri ecc. è un movimento pu-ramente economico: invece il movimento per strappare una legge delle otto ore ecc. è un movimento politico. Così, dai singoli movimenti economi-ci degli operai sorge e si svi-luppa ovunque il movimento politico, cioè un movimento della classe per realizzare i suoi interessi in forma gene-rale, in una forma che abbia forza coercitiva generale so-cialmente” (Manifesto del partito comunista, 1848). Vi è una sola ragione per ral-legrarsi di una vittoria prole-taria prima dell’abbattimen-to del potere capitalistico: quando anche il più piccolo passo sia compiuto nel con-solidamento della prepara-zione rivoluzionaria, nella di-rezione generale del movi-mento di classe. L’opposto si verifica quando i rapporti di forza consentono la direzio-ne del movimento al riformi-smo, cioè sotto il segno dell’alleanza tra classe diri-gente borghese e quella par-te di funzionari sindacali e po-litici di vario grado e livello, che sfruttano le lotte econo-miche dei lavoratori (grandi

o piccole che siano) per ridi-stribuire quelle briciole che la borghesia è disposta a la-sciarsi strappare pur di man-tenere l’apparente stabilità so-ciale. Non che le lotte oggi non si verifichino e nemmeno che non siano proclamate: è che sono dirette nel senso inver-so alla loro trasformazione si-stematica e consapevole in lotte politiche aventi per og-getto il potere. Per i riformi-sti, gli autentici conservatori dell’equilibrio del modo di produzione capitalistico, è “vittoria” condurre i lavora-tori a lottare azienda per azienda, categoria per cate-goria, località per località, cioè frantumare l’azione ge-nerale nelle mille azioni par-ticolari. E’ “vittoria” rimane-re nel limite di un movimen-to soltanto economico. E’ “vittoria” sospendere gli scio-peri alla prima prospettiva di negoziato, liquidando così la sola forza capace di trascina-re in una lotta vittoriosa gli altri starti della classe, perfi-no i più titubanti. E’ “vitto-ria” cadere nella trappola de-gli incentivi e dei premi di produzione e degli aumenti gerarchizzati, tutte manovre che accrescono la concorren-za tra i lavoratori, dividendo materialmente lavoratore da lavoratore. E’ “vittoria” di-sciplinare il lavoro straordi-nario invece di lottare per abolirlo come uno dei più squisiti mezzi di divisione fra lavoratori e di inaridimento delle energie vitali del singo-lo lavoratore. Ma anche questa è politica. E’ la politica rivolta alla con-servazione dell’equilibrio im-possibile del modo di produ-zione capitalistico. E le “lo-ro” parole d’ordine (dalle ri-vendicazioni dello status di interlocutore politico, consu-lente e “partner” negli indi-rizzi di politica economica generale, alla pretesa di ge-stire direttamente le quote di salario differito – liquidazio-ni e pensioni trasformate in “fondi” da gettare nella spe-culazione finaziaria – e così via, trasformando le lotte eco-nomiche da allenamento po-tenziale alla sovversione in fattore di conservazione so-ciale), le “loro” parole d’or-dine testimoniano la volontà deliberata di sviare i lavora-tori dalle finalità antagoniste rispetto agli interessi della classe dominante, così man-tenendo la nostra classe nel-la naturale condizione di clas-se in sé, cioè di classe per il capitale, in cambio del “piat-to di lenticchie” di riforme sempre più evanescenti. Il riformismo politico, sinda-cale, sociale, pur avendo la sua base materiale in una fit-tizia soddisfazione dei nostri bisogni materiali di soprav-vivenza, è un’articolazione della classe nostra nemica. E, complice e agente della bor-ghesia, insieme a lei deve es-sere combattuto sul suo pro-prio terreno specifico: doma-ni, nel quadro generale che porterà al risorgere di lotte ra-dicali in uno scontro all’in-terno delle organizzazioni economiche per condurle sul terreno di un sindacalismo classista; ma già oggi in ogni episodio, in ogni forma di lot-ta nella quale i lavoratori co-munisti possono e devono la-vorare per la preparazione ri-voluzionaria dell’insieme del proletariato (il passaggio da “classe in sé” a “classe per sé”), chiamati alla critica e al-lo scontro con ogni confor-mismo, consapevoli di esse-re per ora una minoranza po-co ascoltabile. I nostri obiettivi economici già oggi prevedono dunque che ci si batta affinché la mor-tifera polverizzazione delle scaramucce sindacali sia su-perata in un moto che abbat-ta ogni recinto di categoria, di azienda, di reparto, di lo-calità, nella prospettiva che nel domani – lontano ma si-curo, in un percorso di vitto-rie e di sconfitte, avanzate e ritirate, esplosioni rabbiose e feroci delusioni – della ripre-sa generalizzata della guerri-glia economica contro il ca-pitale possa consolidarsi un organismo permanente (sin-dacato o come altro dovrà chiamarsi) autenticamente ca-pace di rispondere ai bisogni immediati dell’insieme dei la-voratori.

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°04 - 2004)