Necessità della rivluzione proletaria

Pubblicato: 2010-11-17 13:02:25

Dedichiamo questo brano tratto dall’AntiDühring di Friedrich Engels a tutti coloro che credono che il comunismo sia una “religione” e la prospettiva della rivoluzione proletaria un “atto di fede”; o che si tratti soltanto di una di quelle “grandi narrazioni” partorite dalla testa di qualche filosofo dell’800: “ma oggi...”. Lo dedichiamo a tutti coloro che dichiarano che “prima bisogna cambiare l’individuo”, che è “una questione di etica collettiva”, che “prima bisogna introdurre una nuova morale dal basso”; e a tutti coloro che invece scuotono la testa dicendo che “è impossibile cambiare la natura umana”, che “l’uomo è egoista”, che “il comunismo è solo una bella utopia” (e magari aggiungono anche: “visto quel che è successo in Russia?”). Lo dedichiamo anche a chi pensa che il comunismo sia un frutto che prima o poi cadrà, bell’e maturo, nelle nostre mani: basta solo aspettare...

Necessità della rivoluzione proletaria

Se dell'imminente rovesciamento dell'odierna distribuzione dei prodotti del lavoro con i suoi stridenti contrasti di miseria e di fasto, di fame e di gozzoviglia, non avessimo certezza migliore della coscienza che questo modo di produzione è ingiusto e che finalmente il diritto deve pur trionfare un giorno, le nostre cose andrebbero male e noi potremmo aspettare un pezzo. I mistici medievali che sognavano del regno millenario che si avvicinava, avevano già la coscienza dell'ingiustizia degli antagonismi delle classi. Alle soglie della storia moderna, trecentocinquanta anni fa, Thomas Münzer lo proclamò alto nel mondo. Nella rivoluzione borghese inglese come in quella francese risuona lo stesso grido e... si spegne. E se oggi lo stesso grido che invoca l'abolizione degli antagonismi e delle differenze delle classi e che fino al 1830 lasciava fredde le classi lavoratrici e sofferenti, se oggi questo grido trova un'eco in milioni di voci, se conquista un paese dopo l'altro e precisamente nello stesso ordine e con la stessa intensità con cui nei singoli paesi si sviluppa la grande industria, se nel tempo di una generazione umana ha conquistato una potenza tale da potere affrontare tutte le potenze riunite contro di esso ed essere certo della vittoria in un prossimo futuro: da dove proviene tutto ciò? Dal fatto che la grande industria moderna ha creato da una parte un proletariato, una classe che per la prima volta nella storia può porre l'esigenza dell'abolizione non di questa o di quella particolare organizzazione di classe, o di questo o di quel privilegio particolare di classe, ma delle classi in generale, e che è messa nella condizione di dover fare trionfare tale esigenza sotto pena di sprofondare nella condizione del coolie [facchino, manovale] cinese. E dal fatto che la stessa grande industria, dall'altra parte, ha creato nella borghesia una classe che possiede il monopolio di tutti i mezzi di produzione e i mezzi di sussistenza, ma che, in ogni periodo di ascesa vertiginosa e in ogni crisi che lo segue, dimostra di essere incapace di dominare ancora in avvenire le forze produttive che, crescendo, sono sfuggite al suo potere; una classe sotto la cui guida la società corre verso la rovina, come una locomotiva il cui macchinista è troppo debole per aprire le valvole di sicurezza che si sono bloccate. In altri termini, proviene dal fatto che sia le forze produttive create dal moderno modo di produzione capitalistico, sia anche il sistema di distribuzione dei beni da esso creato, sono caduti in flagrante contraddizione con quello stesso modo di produzione e precisamente in tal modo che, a meno che tutta la società moderna debba andare in rovina, deve aver luogo un rivoluzionamento del modo di produzione e di distribuzione che elimini tutte le differenze di classe. Su questo fatto materiale, tangibile, che, in una forma più o meno chiara, ma con necessità irresistibile, si oppone alla mente dei proletari sfruttati, su questo fatto e non sulle idee che questo o quel filosofo in pantofole hanno del giusto e dell'ingiusto, si fonda la certezza di vittoria del socialismo moderno.

(da F. Engels, AntiDühring, Seconda Parte: Economia politica, Cap.I: Oggetto e metodo, 1877)

 

                                                                                                                  Il Programma comunista, n°5, 2010